Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 1 marzo 2018, n. 9378. Non è penalmente perseguibile un’operazione finalizzata esclusivamente a conseguire un indebito vantaggio fiscale relativa a operazioni economiche reali.

Non è penalmente perseguibile un’operazione finalizzata esclusivamente a conseguire un indebito vantaggio fiscale relativa a operazioni economiche reali. Il giudice, prima di affermare la tesi contraria, deve verificare che le operazioni non siano state realizzate ovvero siano riferite a soggetti fittiziamente interposti.

Sentenza 1 marzo 2018, n. 9378
Data udienza 26 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 11/3/2016 del Tribunale di Trento;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;

letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 11 marzo 2016 il Tribunale di Trento, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata da (OMISSIS), volta a ottenere, ai sensi dell’articolo 673 cod. proc. pen., la revoca della sentenza del giugno 2014 di tale Tribunale, divenuta irrevocabile il 7 luglio 2014, con cui le era stata applicata su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen., la pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 (ascrittole per avere, quale socia della S.a.s. (OMISSIS) e della S.a.s. (OMISSIS), omesso di indicare nella propria dichiarazione dei redditi gli utili percepiti dalla S.a.s. (OMISSIS) e i corrispettivi della cessione delle proprie quote, pari a complessivi Euro 1.075.983,50, con una omissione di imposta di Euro 458.621,00).

A sostegno di tale richiesta di revoca la condannata aveva prospettato la natura meramente abusiva della propria condotta e la sua, conseguente, non punibilita’ ai sensi delle leggi tributarie, a seguito della introduzione della L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis il cui comma 13 stabilisce che le operazioni meramente abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, giacche’ nel caso di specie le operazioni contestate erano esistenti e avevano esclusivamente lo scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale.

Il Giudice dell’esecuzione ha, pero’, escluso la configurabilita’ di un mero abuso del diritto, evidenziando che alcune delle operazioni contestate erano inesistenti sul piano economico – giuridico e che le finalita’ perseguite non si esaurivano nel risparmio fiscale (giacche’ le operazioni contestate avevano avuto anche lo scopo di distribuire anticipatamente utili, di risolvere una controversia previdenziale del coniuge della condannata, di razionalizzare le vicende societarie, di creare la provvista per la liquidazione dei soci).

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la condannata; affidato a tre motivi.

2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2, 3 e 4, L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis, Decreto Legislativo n. 128 del 2015, articolo 1, articoli 666 e 673 cod. proc. pen..

Ha lamentato, anzitutto, l’indebita riconsiderazione del fatto (come contestato nella imputazione e accertato nella sentenza) da parte del giudice dell’esecuzione, anche alla luce della nuova disciplina introdotta dal Decreto Legislativo n. 128 del 2015, articolo 1 (che nella L. n. 212 del 2000, c.d. statuto del contribuente, ha introdotto l’articolo 10 bis, che esclude la rilevanza penale delle operazioni meramente elusive o costituenti abuso del diritto), in quanto le operazioni poste in essere dalla ricorrente, unitamente al coimputato (OMISSIS), erano prive di sostanza economica ed essenzialmente volte alla realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, mentre il giudice dell’esecuzione ne aveva compiuto una rivalutazione. ritenendole inesistenti sotto il profilo giuridico economico.

Tale operazione ermeneutica aveva, sostanzialmente, comportato una riqualificazione della condotta, ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2 o 3 fattispecie che presuppongono operazioni inesistenti o simulate (oggettivamente o soggettivamente).

2.2. Con un secondo motivo ha lamentato manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione, nella parte in cui era stato affermato che l’operazione posta in essere dalla ricorrente non configurava una ipotesi di abuso del diritto, in quanto le operazioni realizzate erano inesistenti sotto il profilo giuridico – economico.

Tale affermazione risultava, tuttavia, contraddittoria con l’altra contenuta nella medesima ordinanza, circa gli scopi extrafiscali delle medesime operazioni, giacche’ tale seconda affermazione presupponeva l’effettivita’ delle operazioni e si poneva dunque in contrasto con la ritenuta inesistenze delle stesse.

Ha aggiunto che l’inesistenza di tali operazioni era, peraltro, stata ravvisata sulla base del previgente sistema normativo.

2.3. Con un terzo motivo ha prospettato ulteriore manifesta illogicita’ della motivazione della medesima ordinanza.

Ha prospettato una errata applicazione della L. n. 212 del 2000, citato articolo 10 bis da parte del giudice dell’esecuzione, laddove aveva escluso la mera condotta abusiva a causa del perseguimento di finalita’ extratributarie, in quanto era stato omesso di considerare che affinche’ sussista abuso del diritto non e’ richiesto che il risparmio fiscale costituisca l’interesse esclusivo dell’operazione, essendo sufficiente che l’operazione realizzi vantaggi fiscali indebiti, che devono solamente avere rilievo predominante; tale interpretazione della nozione di operazioni abusive derivava dalla indicazione nell’articolo 10 bis del carattere essenziale della finalita’ di conseguire vantaggi fiscali indebiti e dalla legge delega (L. n. 23 del 2014), che aveva delegato il governo a fornire una definizione di abuso del diritto e di elusione fiscale considerando lo scopo di ottenere indebiti vantaggi fiscali come causa prevalente dell’operazione abusiva. Tale nozione era stata ribadita anche dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza n. 245 del 21 febbraio 2008.

Ha aggiunto che la presenza di ulteriori valide ragioni extrafiscali puo’ costituire, qualora non siano marginali, un’esimente, ai sensi della L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis, comma 3, con la conseguente manifesta illogicita’ della affermazione del giudice dell’esecuzione della rilevanza delle ragioni extrafiscali per attribuire rilevanza penale alla operazione compiuta dalla ricorrente.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, evidenziando la sua contrarieta’ ai principi interpretativi fissati dalla giurisprudenza di legittimita’ in tema di abuso del diritto ed elusione fiscale, in rapporto alle fattispecie penali, e in particolare con riferimento a quella di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 la cui portata sarebbe stata delimitata in negativo sia dalle modifiche introdotte con il Decreto Legislativo n. 158 del 2015, sia con l’introduzione della L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis ad opera del Decreto Legislativo n. 128 del 2015, che avrebbe sottratto all’area del penalmente rilevante le condotte costituenti mero abuso del diritto. E’ stata, in particolare, evidenziata la carente ricostruzione del fatto da parte del giudice dell’esecuzione, nella parte relativa alla ritenuta inesistenza o simulazione delle operazioni societarie che avevano portato all’evasione d’imposta da parte della (OMISSIS), e la contraddittorieta’ della affermazione della esistenza di finalita’ extratributarie delle operazioni di cessioni di immobili e di quote societarie, incompatibile con la postulata inesistenza delle operazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

2. A seguito della introduzione della L. n. 212 del 2000, articolo 10 bis (c.cl. Statuto del contribuente), ad opera del Decreto Legislativo n. 128 del 2015, che al comma 13 stabilisce che “Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”, non e’ piu’ configurabile il reato di dichiarazione infedele in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali, in quanto detta disposizione esclude che operazioni esistenti e volute, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti (cosi’ Sez. 3, n. 40272 del 01/10/2015, Mocali, Rv. 264949, relativa a fattispecie in cui l’esposizione in dichiarazione di elementi passivi nel reddito di impresa a seguito di un contratto di “stock lending” e’ stata ritenuta condotta non piu’ penalmente rilevante in quanto unicamente elusiva e quindi rientrante nella previsione del suddetto “ius superveniens”; conf. Sez. 3, n. 48293 del 20/4/2016, Anghileri, non massimata).

Nella vicenda in esame il giudice dell’esecuzione ha, invece, escluso l’applicabilita’ di tale disposizione, ritenendo inesistenti le operazioni poste in essere, a cagione della realizzazione di schermi societari attraverso l’utilizzo di prestanomi, e a causa del perseguimento di finalita’ extratributarie.

Tali rilievi non hanno, anzitutto, tenuto conto della qualificazione giuridico del reato ascritto alla condannata, ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 in quanto essi presuppongono l’utilizzo dei mezzi fraudolenti contemplati dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3 e dunque una diversa qualificazione giuridica della condotta, non consentita in sede esecutiva se la riconducibilita’ della condotta a detta fattispecie non ha, come nel caso in esame, mai formato oggetto di accertamento e di formale contestazione nel giudizio di cognizione (cfr. Sez. 1, n. 4461 del 19/01/2015, Singh, Rv. 262535).

Le affermazioni del Tribunale, inoltre, non tengono conto del fatto che le operazioni che hanno comportato l’infedelta’ della dichiarazione presentata dalla (OMISSIS) sono, secondo quanto esposto nella motivazione dell’ordinanza, effettivamente state realizzate (tanto che avrebbero avuto anche finalita’ extrafiscali), ma, sempre secondo quanto affermato dal giudice dell’esecuzione, con finalita’ elusive.

Non si tratta, dunque, secondo quanto esposto nell’ordinanza impugnata, di operazioni mai poste in essere, dunque inesistenti, bensi’ di operazioni realizzate (anche) a scopo elusivo, che, quindi, alla luce della nuova disposizione menzionata, impedirebbero di ritenere configurabile il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 ascritto alla ricorrente.

Le eventuali finalita’ extrafiscali indicate nella ordinanza impugnata, oltre a porsi in contrasto logico con l’affermazione della inesistenza delle operazioni, non ne escludono, poi, il carattere elusivo, sicche’, anche sotto questo profilo, non e’ stata correttamente applicata la nuova disposizione di cui la ricorrente ha denunciato la violazione.

3. Fermo restando, dunque, il potere di valutazione del fatto da parte dei giudice dell’esecuzione nelle sue effettive connotazioni, nella specie ne e’ necessaria una nuova e piu’ compiuta valutazione, allo scopo di verificare se siano effettivamente state poste in essere operazioni con la volonta’ di non realizzarle in tutto o in parte, o riferite a soggetti fittiziamente interposti, o se invece le operazioni che hanno determinato la dichiarazione infedele della ricorrente siano state meramente elusive, se, cioe’, sia solamente stato adottato uno schermo negoziale articolato allo scopo di conseguire un indebito vantaggio fiscale, in relazione, pero’, a operazioni economiche realmente verificatesi, che ne determinerebbe l’irrilevanza penale prospettata dalla ricorrente.

L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trento, in funzione di giudice dell’esecuzione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento.

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