Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 1 marzo 2018, n. 9375. In tema di impugnazioni, il mancato esame, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di appello non comporta l’annullamento della sentenza quando la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento

In tema di impugnazioni, il mancato esame, da parte del giudice di secondo grado, di un motivo di appello non comporta l’annullamento della sentenza quando la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto suscettibile di accoglimento, in quanto l’omessa motivazione sul punto non arreca alcun pregiudizio alla parte e, se trattasi di questione di diritto, all’omissione puo’ porre rimedio, ai sensi dell’articolo 619 cod. proc. pen., la Corte di cassazione quale giudice di legittimita.
Quando sia dedotto il vizio di motivazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), il controllo di legittimita’ non concerne ne’ la ricostruzione dei fatti, ne’ l’apprezzamento del giudice di merito, ma e’ circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato contenga l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo sorreggono, che il discorso giustificativo sia effettivo e non meramente apparente (cioe’ idoneo a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata), che nella motivazione non siano riscontrabili contraddizioni, ne’ illogicita’ evidenti.
Quanto alla illogicita’ della motivazione come vizio denunciabile, la menzionata disposizione vuole che essa sia manifesta, cioe’ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, restando ininfluenti le minime incongruenze e dovendosi considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, appaiano logicamente incompatibili con la decisione adottata.
L’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione, inoltre, ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volonta’ del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilita’ di “verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e senza che sia possibile dedurre nel giudizio di legittimita’ il travisamento del fatto.
Alla Corte di cassazione, invero, sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Nel giudizio di cassazione, il vizio di motivazione non e’ denunciabile con riferimento a questioni di diritto, posto che il giudice di merito non ha l’onere di motivare l’interpretazione prescelta, essendo sufficiente che il risultato finale sia corretto. Le disposizioni di cui all’articolo 606 cod. proc. pen., lettera b) e c) si riferiscono all’inosservanza ed all’erronea applicazione della legge e non fanno alcun riferimento al percorso logico-argomentativo del giudice, a differenza della successiva lettera e), che si riferisce, invece, ai profili in fatto della motivazione.

Sentenza 1 marzo 2018, n. 9375
Data udienza 30 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 22/02/2016 della Corte di appello di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’annullamento delle statuizioni civili della sentenza impugnata, in subordine con rinvio al giudice civile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 febbraio 2016, la Corte d’appello di Venezia, giudicando sull’appello proposto dall’odierno ricorrente, ha parzialmente riformato – dichiarando estinto il reato per prescrizione e confermando le statuizioni civili – la sentenza emessa dal Tribunale di Padova il 2 luglio 2010. In primo grado (OMISSIS) era stato ritenuto responsabile del reato di tentata violenza sessuale, cosi’ riqualificato il reato consumato oggetto d’imputazione, commesso in data 17 luglio 2007 ai danni della collega di lavoro (OMISSIS), con condanna del medesimo alle pene di legge ed al risarcimento del danno in favore della persona offesa costituita parte civile.

2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato il suo difensore, costituito procuratore speciale, deducendo quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1.

3. Con un primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), inosservanza dell’articolo 125 c.p.p., comma 3, e, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), mancanza di motivazione per avere la corte territoriale condiviso in poche righe l’affermazione di penale responsabilita’ fatta dal giudice di primo grado prescindendo dalle doglianze mosse con l’atto d’appello. Il giudice di secondo grado, lamenta il ricorrente, si sarebbe limitato a richiamare per relationem la motivazione della sentenza di primo grado affermando semplicemente che la stessa non sarebbe’ smentita dalle “pretestuose argomentazioni” dell’appellante, cosi’ confezionando una motivazione fittizia ed apparente, e, comunque, carente per non aver affrontato gli specifici motivi dedotti con l’impugnazione.

4. Con un secondo motivo si deduce vizio di contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione e violazione dell’articolo 609 bis cod. pen. Sotto il primo aspetto, si lamenta che i giudici di merito abbiano ritenuto attendibile la ricostruzione del fatto operata dalla persona offesa – che sarebbe imprecisa piuttosto che quella fatta dall’imputato con particolare riguardo alla dinamica di un tentativo di bacio sulla bocca ed al fatto di avere il (OMISSIS) intenzionalmente chiuso a chiave la porta nel cui locale i due si trovavano ben sapendo che la stessa, per un guasto, non si sarebbe piu’ riaperta. Sotto il secondo aspetto, ci si duole del fatto che quella dinamica, non correttamente ricostruita, sia stata ritenuta idonea ad integrare il reato di tentata violenza sessuale, benche’ l’approccio del (OMISSIS) non avrebbe avuto, ne’ sul piano soggettivo ne’ su quello oggettivo, la connotazione di un atto sessuale, trattandosi invece di un gesto affettuoso e amicale, al piu’ sentimentale, privo di connotazioni violente, abusive o minacciose.

4. Con un terzo motivo si deduce ancora vizio di mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione e violazione degli articoli 56 e 609 bis cod. pen. per essere stati ritenuti integrati gli estremi del reato di tentata violenza sessuale pur in assenza di prova dell’univoca intenzione dell’imputato di soddisfare la propria concupiscenza e della oggettiva idoneita’ della condotta a’ violare la liberta’ di autodeterminazione sessuale della vittima. Per contro, in via ritenuta apodittica, i giudici di merito avrebbero sostanzialmente affermato che tentare di baciare una persona contro la sua volonta’ senza riuscirci sarebbe sempre e comunque tentativo di violenza sessuale.

5. Con un quarto ed ultimo motivo si deduce ulteriore vizio di mancanza contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione e violazione degli articoli 56 e 609 bis cod. pen. in relazione alla configurazione nel caso di specie del requisito della violenza e/o della minaccia. Il ricorrente lamenta che, mentre in imputazione la condotta violenta era stata contestata con riferimento al fatto che l’imputato avrebbe cinto le braccia della persona offesa impedendole di muoversi, nel giudizio – esclusa quella dinamica per esservi stato soltanto un leggero abbraccio al quale la donna si sarebbe immediatamente sottratta – i giudici di merito avrebbero invece ravvisato tale elemento costitutivo di fattispecie in un fatto diverso da quello contestato, vale a dire la gia’ menzionata chiusura del porta del locale. Chiusura che – osserva il ricorrente – sarebbe stata imposta dal regolamento aziendale, non sarebbe stata preordinata dal (OMISSIS) e probabilmente neppure da lui materialmente effettuata, e avrebbe impedito la riapertura della porta soltanto per un contingente e casuale guasto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato.

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