Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 19 dicembre 2017, n. 30388. Ai fini dell’accertamento della responsabilità del conducente che, in un cortile privato, investa una bambina su di un triciclo

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3.2 Riguardo agli ulteriori motivi, si deve dare atto che la conformazione del secondo, del terzo e del quinto, non priva di mende, li porta comunque ad una necessaria riqualificazione, poiche’ in realta’ quel che viene censurato nella sentenza impugnata attraverso le suddette doglianze non e’ tanto violazione della normativa sulle presunzioni e sulla prova indiziaria, ne’ l’omesso esame di singoli fatti decisivi e discussi dalla corte territoriale, bensi’, a ben guardare, la globale struttura motivazionale di cui si e’ avvalsa la suddetta corte, criticata nel senso della assoluta illogicita’ propria dell’apparato motivativo dal giudice d’appello laddove ricostruisce la dinamica del sinistro. Il che, almeno in parte, si correla, d’altronde – come si vedra’ infra – pure al quarto motivo che denuncia la mancata applicazione da parte del giudice d’appello della presunzione di cui all’articolo 2054 c.c., comma 1, nel ricostruire, appunto, tale dinamica.
3.2.1 Non si puo’, allora, non prendere le mosse proprio dal quarto motivo, che risulta fondato anzitutto laddove, in sintesi, evidenzia intendere che la corte territoriale ha tentato di “schivare” l’applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1.
Si adduce, infatti (pagine 24 ss. del ricorso), che nell’atto di citazione la descrizione del fatto portava inevitabilmente a sussumerlo nell’articolo 2054 c.c., comma 1 e che i convenuti, costituitisi entrambi, non avevano contestato l’applicabilita’ della norma; dal canto suo il Tribunale inquadrava inequivocamente la vicenda nell’articolo 2054 c.c., comma 1. L’appellata compagnia assicuratrice, costituendosi nel secondo grado, non contestava questa qualificazione giuridica del fatto. La corte territoriale ha manifestato peraltro di “nutrire qualche dubbio”. Effettivamente, non era rientrata nel devolutum l’applicabilita’ dell’articolo 2054 c.c., comma 1, per ricostruire l’evento, e non giustificato, dunque, risulta il rilievo del giudice d’appello al riguardo (motivazione della sentenza impugnata, pagina 12: “a prescindere da ogni considerazione circa l’applicabilita’ della presunzione di colpa ex articolo 2054 c.c., comma 1, nella fattispecie, riguardante la circolazione dei veicoli in un’area privata”), essendosi sul punto creato il giudicato interno.
3.2.2 La corte territoriale, peraltro, dopo il suo riferimento all’applicabilita’ dell’articolo 2054 c.c., comma 1, nel caso in esame, afferma di fornire una ulteriore ratio decidendi, ovvero l’assenza di colpa del (OMISSIS) (motivazione, ibidem: “a prescindere…si ritiene che comunque sia stata provata l’assenza di colpa da parte dell’automobilista investitore”).
Il significato della presunzione imposta dal legislatore dell’articolo 2054 c.c., comma 1, il conducente e’ responsabile “se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” – include effettivamente, come il quarto motivo del ricorso sottolinea, sia un elemento negativo, ovvero il non avere violato il conducente le specifiche regole normative e quelle della diligenza, prudenza e perizia, sia un elemento positivo, ovvero l’essersi il conducente attivato per “fare il possibile”, cioe’ anche manovre di emergenza, in rapporto alla concreta situazione. Nel caso in cui, quindi, l’elemento positivo non possa sussistere, in quanto il conducente dimostra l’assenza assoluta di una reale possibilita’ di evitare il sinistro, la presunzione viene superata, salvo appunto che ricorra l’altra componente della condotta responsabile (cfr. da ultimo Cass. sez. 3, ord. 11 aprile 2017 n. 9278, in riferimento, sotto quest’ultimo profilo, alla violazione di norme specifiche incidenti quindi sul nesso di causalita’ del sinistro). Logicamente, dalla coesistenza, accanto all’elemento negativo in termini di violazioni di regole, di un obbligo positivo di porre in essere una condotta diretta a infrangere il nesso causale, deriva che, anche nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia condotto un comportamento colposo, quest’ultimo non e’ sufficiente ad espungere l’esclusiva responsabilita’ del conducente gravato dalla presunzione ex articolo 2054 c.c., comma 1, al quale rimane ancora l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele esigibili nella situazione concreta in cui veniva a trovarsi, e cio’ pure in rapporto alla prevedibilita’ della condotta del soggetto danneggiato. Sotto questo profilo e’ particolarmente significativa e del tutto condivisibile, sempre tra i piu’ recenti arresti di questa Suprema Corte, Cass. sez. 3, 4 aprile 2017 n. 8663, che, in un caso di investimento di pedone, quanto all’onere della prova dell’adozione di tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, nega il superamento della presunzione mediante la bassa velocita’ mantenuta dal conducente del veicolo investitore, esigendo non solo la dimostrazione che la condotta del danneggiato non fosse ragionevolmente prevedibile, ma altresi’ l’ulteriore prova che dette specifiche circostanze concrete non “imponessero di tenere una velocita’ ancora inferiore, o addirittura di fermarsi”.
3.2.3 Per applicare, dunque, in modo corretto la regola dettata dall’articolo 2054 c.c., comma 1, la corte territoriale doveva non solo ricostruire l’evento dal punto di vista del comportamento della bambina investita mentre era sul triciclo, ma altresi’ affrontare in modo specifico e determinato il profilo delle manovre di emergenza e comunque dell’adeguamento, da parte del conducente, della sua condotta cosi’ da porre in essere tutte le cautele esigibili nella situazione in cui era venuto a trovarsi. Solo affrontando, oltre all’elemento negativo, anche il componente positivo della condotta del conducente la corte territoriale poteva, infatti, giungere al superamento della presunzione di responsabilita’ esclusiva del (OMISSIS).
Eppure, dalla motivazione della sentenza non emerge che tale elemento sia stato considerato, avendo il giudice d’appello strutturato giuridicamente la sua cognizione soltanto sulla base di alcuni elementi a suo avviso attribuibili al comportamento della bambina: il fatto, soprattutto che occupa gran parte della motivazione – che la bambina sarebbe venuta sul triciclo da sinistra rispetto alla Mercedes, e il fatto che sarebbe sbucata dalla “occultante” Fiat del padre. E’ pur vero, poi, che nella parte conclusiva della motivazione la corte territoriale afferma che il (OMISSIS) “non era tenuto a sapere” che l’area era utilizzata anche come cortile per il gioco dei bambini: ma cio’ non e’ sufficiente per escludere che, nella dinamica dell’evento, il (OMISSIS) abbia potuto porre in essere manovre di emergenza. Ne’ dimostra cio’, logicamente, il mero asserto che il (OMISSIS) “necessariamente teneva una velocita’ adeguata ai luoghi”. Questi elementi, anche se fossero da ritenere fondati, rientrerebbero comunque nel componente negativo della responsabilita’ – assenza di violazioni di norme specifiche e assenza di imprudenza -, ma non costituiscono la cognizione sul componente positivo, il cui contenuto e’ stato piu’ sopra illustrato. Non si e’ dinanzi, quindi, a una fattuale questione di prova concretamente raggiunta o meno, bensi’ proprio a un errore di diritto, nel senso di individuazione soltanto parziale dell’ambito di applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1, come determinante l’ambito dell’onere probatorio: risulta percio’ completamente fondato il quarto motivo del ricorso.
3.3 Deve ritenersi fondata anche la censura motivazionale racchiusa nei tre residui motivi come sopra riqualificati, poiche’, come ora si verra’ ad illustrare, quel che e’ stato accertato – a parte la sua giuridica insufficienza, appena constatata – viene esternato dalla corte territoriale mediante una motivazione affetta da un grado di illogicita’/contraddittorieta’ tale da non consentire il pervenimento al minimum costituzionale dell’apparato motivativo.

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