Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 dicembre 2017, n. 29329. E’ giuridicamente inesistente la decisione del giudice che si è dichiarato incompetente sul merito della controversia

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Il caso presenta analogie con quello deciso da Cass., Sez. 2, Sentenza n. 19754 del 27/9/2011, Rv. 619326-01, la quale chiamata a valutare l’ammissibilita’ di un appello proposto avverso una sentenza che, dopo aver declinato la competenza (in parte motiva), aveva poi rigettato la domanda proposta – ha cosi’ statuito: “Se, pertanto, il giudice di primo grado, dopo avere riconosciuto, nella motivazione della sentenza, di essere privo del potere di pronunciarsi sulla domanda per incompetenza territoriale, abbia poi erroneamente, anziche’ spogliarsi della causa, deciso il merito della stessa, respingendo, in dispositivo, la domanda, questa sentenza e’, nondimeno, impugnabile esclusivamente con il regolamento necessario di competenza, ai sensi dell’articolo 42 cod. proc. civ., posto che – essendo la motivazione sul fondo della controversia resa ad abundantiam da un giudice che ha esaurito la propria potestas iudicandi con l’emissione di una pronuncia in rito completamente definitiva della causa dinanzi a se’ – anche la statuizione di rigetto, contenuta nel dispositivo, e’ meramente apparente, e, come tale, non solo insuscettibile di passare in cosa giudicata, ma anche in concreto inidonea a incidere sulla individuazione del rimedio impugnatorio esperibile”.
La menzionata sentenza si inserisce in un consolidato orientamento interpretativo:
– “Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilita’ (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si e’ spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne’ l’interesse ad impugnare; conseguentemente e’ ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed e’ viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 3840 del 20/2/2007, Rv. 595555-01; conformi, Cass., Sez. L., Sentenza n. 13997 del 15/6/2007, Rv. 597672-01, e Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9647 del 2/5/2011, Rv. 616900-01);
– “Qualora nel giudizio d’appello una domanda o un’eccezione della quale sia stata dichiarata l’inammissibilita’ venga anche esaminata nel merito, per affermarne l’infondatezza, tale esame costituisce attivita’ giurisdizionale svolta in carenza di potere. Pertanto la valutazione di infondatezza irritualmente compiuta integra una motivazione ad abundantiam di per se’ insuscettibile di arrecare nocumento alla parte, la quale, una volta dichiarata soccombente per effetto della pronunziata inammissibilita’ della domanda o dell’eccezione proposta, e’ priva di interesse a censurare in sede di legittimita’ la sentenza anche con riferimento al capo nella parte in cui ha irritualmente esaminato nel merito la sua pretesa” (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18170 del 16/8/2006, Rv. 592484-01; analogamente, Cass., Sez. L., Sentenza n. 9973 dell’8/10/1998, Rv. 519534-01, e Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/8/2015, Rv. 636624-01);
– “Con la pronuncia della sentenza che conclude il giudizio innanzi a se’ il giudice esaurisce la sua potestas iudicandi nello specifico procedimento ed e’ privo di ogni potere di revoca o di modifica o, in ogni caso, di successivo ulteriore intervento decisorio su quanto e’ stato oggetto della sentenza (o doveva essere oggetto, in caso di omessa pronuncia). Ogni decisione che lo stesso giudice emetta successiva alla pronuncia, essendo emessa in radicale carenza di potere decisionale, da una parte deve ritenersi giuridicamente inesistente e, dall’altra, abnorme per la sua totale estraneita’ all’ordinamento che trasferisce, dopo la pronuncia della sentenza, la potestas iudicandi al giudice dell’impugnazione regolarmente adito” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 6805 del 20/03/2010, non massimata).
Applicando alla fattispecie in esame tali consolidati insegnamenti giurisprudenziali, la statuizione sugli effetti e sulla natura (sanante) della confisca e sulla (ritenuta) inapplicabilita’ dell’articolo 2644 cod. civ. cosi’ come quella relativa alle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla erronea trascrizione del sequestro devono considerarsi “rese ad abundantiam da un giudice che ha esaurito la propria potestas iudicandi con l’emissione di una pronuncia in rito” (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 19754 del 27/09/2011, Rv. 619326-01); tali decisioni, emesse dalla Corte territoriale in carenza di potere, sono improduttive di effetti e inidonee al giudicato.
Ne’ col ricorso principale, ne’ con quello incidentale e’ stata denunciata l’esorbitanza delle argomentazioni e delle decisioni emanate in carenza di potere. Infatti, entrambe le parti hanno incentrato le proprie difese sul merito di dette statuizioni, senza contestare la pronunciata incompetenza e senza muovere alla seconda parte della sentenza l’unica censura a cui avevano effettivo interesse (che “la parte possa dedurre tempestivamente l’inesistenza giuridica con i normali mezzi di impugnazione, stante l’interesse all’espressa rimozione di tale atto processuale” e’ affermato da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12104 del 19/8/2003, non massimata sul punto).
Al contrario, nessun interesse ex articolo 100 cod. proc. civ. puo’ ravvisarsi in un’impugnazione che “pretenda un sindacato… in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 3840 del 20/2/2007, Rv. 595555-01): ne consegue l’inammissibilita’ dei ricorsi, principale e incidentale.
L’inammissibilita’ delle impugnazioni, pero’, non impedisce alle parti di ottenere comunque l’eliminazione del “provvedimento apparente”.
Con riguardo ad una fattispecie similare (la decisione era stata “emessa in assoluta carenza di potestas iudicandi, poiche’ lo stesso giudice, con la pronuncia della sentenza di incompetenza e condanna alle spese processuali, aveva definitivamente esaurito il suo potere di decidere”), la giurisprudenza di legittimita’ ha stabilito che “la cd. inesistenza giuridica o la nullita’ radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o che emana un provvedimento abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, puo’ essere fatta valere in ogni tempo, mediante un’azione di accertamento negativo (actio nullitatis)” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12104 del 19/8/2003, non massimata sul punto).
Dalla configurata esperibilita’ (per giunta, sine die) di un’azione volta a far constare che un atto giurisdizionale e’ tamquam non esset si desume che vi e’ un generale “interesse del sistema ad espellere dall’ordinamento un provvedimento abnorme” (cosi’ Cass., Sez. 1, Sentenza n. 488 del 14/01/2015, Rv. 634226-01). Conseguentemente, si deve ritenere che, con l’iniziativa delle parti, concorra il potere del giudice dell’impugnazione di rilevare ex officio indipendentemente, dunque, dalla formulazione di un apposito motivo di gravame – che il provvedimento giudiziale emesso in carenza di potere e’ abnorme ed estraneo all’ordinamento: come gia’ statuito dalla menzionata pronuncia di cui a Cass. n. 12104 del 2003, l'”inesistenza giuridica della sentenza va rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, costituendo essa una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento processuale”.
In conclusione, si deve affermare il seguente principio diritto:
“Deve ritenersi abnorme e giuridicamente inesistente (e, come tale, meramente apparente e insuscettibile di passare in giudicato) per la sua totale estraneita’ all’ordinamento ogni decisione che il giudice emetta dopo una statuizione con la quale si e’ spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia; la giuridica inesistenza puo’ essere dedotta tempestivamente con i mezzi di impugnazione dalla parte che ha interesse all’espressa rimozione dell’atto processuale ovvero mediante un’azione di accertamento negativo (actio nullitatiS) esperibile in ogni tempo e puo’ essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, costituendo essa una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento processuale”.
In applicazione di tale principio, ferma restando l’inammissibilita’ dei ricorsi, si deve dichiarare ex officio l’inesistenza giuridica della sentenza impugnata nella parte che segue alla declaratoria di incompetenza funzionale (cioe’, le statuizioni sugli effetti e sulla natura della confisca, sulla ritenuta inapplicabilita’ dell’articolo 2644 cod. civ. e sulle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla erronea trascrizione del sequestro).
5. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.
6. Sussistono i presupposti ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Per quanto concerne la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso incidentale, si osserva che “nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non puo’ trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo” (Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550-01).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi principale e incidentale;
dichiara l’inesistenza giuridica della sentenza impugnata nella parte che segue alla declaratoria di incompetenza funzionale; compensa interamente le spese del giudizio;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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