La struttura alberghiera versa una Tarsu maggiore rispetto alle abitazioni civili. E la legittimità della maggior pretesa trova fondamento proprio nell’attitudine dell’immobile a produrre un quantitativo di rifiuti notevolmente maggiore rispetto a una normale abitazione.

Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 3 aprile 2018, n. 8077.

La struttura alberghiera versa una Tarsu maggiore rispetto alle abitazioni civili. E la legittimità della maggior pretesa trova fondamento proprio nell’attitudine dell’immobile a produrre un quantitativo di rifiuti notevolmente maggiore rispetto a una normale abitazione.

Ordinanza 3 aprile 2018, n. 8077
Data udienza 23 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente

Dott. MANZON Enrico – Consigliere

Dott. NAPOLETANO Lucio – Consigliere

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3064-2017 proposto da:

COMUNE DI SAN GIOVANNI ROTONDO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SNC, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1539/25/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA, depositata il 15/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la societa’ contribuente ha resistito con controricorso e ricorso incidentale illustrato da memoria, l’Ente impositore impugnava la sentenza della CTR della Puglia, sezione di Foggia, per mancato pagamento delle somme risultanti da un avviso di pagamento a titolo di Tarsu 2011.

Con un primo motivo, il comune ricorrente deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello non avevano dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo poiche’ l’ingiunzione non era stata impugnata per vizi propri ma eccependo vizi riferibili all’atto presupposto (cioe’, l’avviso di pagamento) peraltro di merito, pur essendo tale atto divenuto definitivo per mancata impugnazione nei termini.

Con un secondo motivo, il comune ricorrente ha dedotto la violazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articoli 61, 65, 68 e 69 e violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 7, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo i giudici d’appello erroneamente disapplicato il regolamento comunale di determinazione delle tariffe, con i quale la categoria degli esercizi alberghieri veniva distinta da quella delle civili abitazioni, pur avendo astrattamente riconosciuto la legittimita’ di tale distinzione.

Infine con ricorso incidentale, la societa’ contribuente deduceva la violazione del Decreto Legge n. 208 del 2008, articolo 5, comma 1 convertito con modificazioni nella L. n. 13 del 2009, nonche’ dell’articolo 23 Cost. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, l’articolo 23 Cost. prevedendo che nessuna prestazione personale o patrimoniale puo’ essere imposta se non in base alla legge, impedisce che una norma di legge, quale il Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 14, comma 7 possa essere interpretata nel senso di demandare alla fonte regolamentare comunale la possibilita’ di sottoporre a tributo Tarsu i soggettivi passivi della stessa, anche per l’anno 2010, laddove non vi era piu’ proroga espressa legislativa della disciplina impositiva della Tarsu.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata.

In via preliminare, va disattesa l’eccezione della controricorrente, relativa al difetto del potere di rappresentanza processuale del Sindaco per mancata autorizzazione da parte della giunta ovvero per mancata determina del competente dirigente, in quanto, ai sensi del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 50, comma 2 al sindaco spetta la rappresentanza legale del comune (quindi, anche quella processuale), e non risultano diverse previsioni statutarie per le quali la rappresentanza processuale dell’ente a promuovere o resistere a una lite sia radicata in capo a un diverso organo.

Il primo motivo e’ infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “La mancata indicazione nell’avviso di pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del termine di impugnazione e dell’organo dinanzi al quale puo’ essere proposto ricorso, prevista dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 3, comma 4, non inficia la validita’ dell’atto, anche dopo l’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 7 ma comporta, sul piano processuale, il riconoscimento della scusabilita’ dell’errore in cui sia eventualmente incorso il ricorrente, con conseguente riammissione in termini per l’impugnativa, ove questa sia stata tardivamente proposta” (Cass. ord. n. 19675/11).

Nella specie, risulta, pertanto, corretta l’impugnazione dell’atto consequenziale (ingiunzione), rispetto all’atto impositivo (avviso di pagamento), da parte della societa’ contribuente, in quanto la CTR ha evidenziato con accertamento di fatto che l’avviso di pagamento era mancante dei requisiti per la sua immediata impugnazione e, quindi, non era definitivo; di talche’, l’impugnazione dell’ingiunzione (atto successivo) anche nel merito, equivale all’impugnazione dell’avviso di pagamento (atto prodromico), infatti, come detto, in riferimento a quest’ultimo, secondo l’accertamento della CTR, mancavano gli elementi o requisiti della sua immediata impugnabilita’.

Il secondo motivo e’ fondato.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), e’ legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacita’ produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Decreto Legislativo n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attivita’, il quale puo’ eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalita’ dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimita’ della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n. 16175/16, 11966/16, secondo la quale “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non e’ configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 65 poiche’ la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralita’ indistinta, anche se determinabile “ex post”, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”. (Sul punto si e’ pronunciata anche Cass. n. 22804 del 2006, ord. n. 26132 del 2011 e, soprattutto, recentemente, Cass. nn. 22521-22529/17, 15041-15050/17).

Il motivo di ricorso incidentale e’, invece, infondato.

Infatti, va rilevato come l’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa fu piu’ volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dal Decreto Legge n. 194 del 2009, articolo 8, comma 3 convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2010. Cio’ non significa che dal 1 gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della Tarsu ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattivita’ generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/09 (§1.6.4) la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da Tarsu/Tia alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal Decreto Legislativo n. 156 del 2006, articolo 238, comma 6 ma altresi’ al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimita’ dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei comuni si sono espressi anche il Mef con la circolare 3/D dell’11 novembre 2010 (cfr. punto 2.1. della circolare) e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella Delib. 28 gennaio 2011, n. 21. Pertanto, sia per l’anno 2010 che per l’anno 2011 la tassa richiesta era dovuta dalla societa’ contribuente.

Del pari infondata e’ la questione di legittimita’ costituzionale sollevata dalla societa’ controricorrente, in quanto, l’articolo 23 Cost. fissa in materia tributaria una riserva di legge relativa e non assoluta, sulla base della quale alla norma primaria e’ richiesto di delineare i requisiti essenziali del tributo, potendo la stessa demandare alla fonte subprimaria, le modalita’ e l’ammontare del prelievo, in relazione ai soggetti passivi. In particolare, sulla riserva di legge relativa, con rinvio di dettaglio anche ad atti amministrativi generale, vedi: C. cost. 64/1995, 148/1979, 180/1996, 269/1997, 435/2001; Cass. 16498/2003, 17602/2003, 18262/2004.

In accoglimento del secondo motivo del ricorso principale rigettato il primo e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza va cassata e la causa va rinviata, in riferimento a quanto accolto, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Foggia, affinche’, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il secondo motivo del ricorso principale rigettato il primo motivo e rigettato l’incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione di Foggia, in diversa composizione.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

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