L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari

Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 19 aprile 2018, n. 9637.

L’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee. Conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust, spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi.

Per un maggior approfondimento sul trust cliccare sul seguente collegamento “I Contratti fiduciari ed il TRUST

 

Ordinanza 19 aprile 2018, n. 9637
Data udienza 11 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7317/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se medesimo;

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 58/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 08/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/01/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

lette le conclusioni del sostituto Procuratore Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso chiedendo l’accoglimento del motivo del ricorso n. 3).

FATTI DI CAUSA

1. L’avv. (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bassano del Grappa, (OMISSIS), sua moglie (OMISSIS) ed i loro figli (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., l’atto pubblico notarile col quale (OMISSIS) aveva costituito il trust “(OMISSIS)” a beneficio dei figli, nominando la moglie come trustee.

A sostegno della domanda espose di essere creditrice di (OMISSIS) in base ad una sentenza irrevocabile per la somma di Euro 11.806,89 e che l’atto di costituzione del trust pregiudicava le sue ragioni di credito.

Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.

Intervennero nella lite il geom. (OMISSIS) ed i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), tutti in qualita’ di creditori di (OMISSIS), proponendo anch’essi domanda di revocatoria del medesimo atto.

Il Tribunale accolse la domanda, dichiaro’ l’inefficacia dell’atto di costituzione del trust e condanno’ i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia e’ stata impugnata, con due diversi atti, da (OMISSIS), da (OMISSIS) e dai figli suindicati e la Corte d’appello di Venezia, con sentenza dell’8 gennaio 2015, riuniti gli appelli, li ha tutti rigettati, ha confermato la decisione del Tribunale ed ha condannato gli appellanti, in solido, alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, innanzitutto, che le posizioni dei singoli convenuti dovevano essere tra loro distinte, perche’ la (OMISSIS) era portatrice di un preciso interesse giuridico nella sua qualita’ di trustee e, pertanto, litisconsorte necessario; mentre i figli, pur non potendo essere ritenuti anch’essi litisconsorti necessari, erano titolari di un interesse di fatto alla partecipazione alla causa, poiche’ essa andava ad incidere “su un beneficio costituito formalmente a loro favore”.

Passando al merito della domanda di revocatoria, la Corte d’appello ha rilevato che tutti i crediti vantati dall’originaria attrice e dagli intervenuti si fondavano su provvedimenti giudiziali anteriori rispetto alla costituzione del trust; atto, quest’ultimo, da ritenere a titolo gratuito ai fini dell’azione revocatoria, in quanto idoneo a costituire un patrimonio separato finalizzato ad uno scopo, analogamente a quanto avviene per il fondo patrimoniale di cui all’articolo 167 c.c.. Era evidente, del resto, che la finalita’ perseguita da (OMISSIS) era quella di trasferire i suoi beni al trustee senza alcun corrispettivo, per cui ne era confermata la natura di atto gratuito. Quanto alla finalita’ di sottrarre i beni conferiti nel trust alla garanzia per i creditori, essa risultava dimostrata dal fatto che il preponente si era riservato il potere di sostituire a suo piacimento sia il trustee che i beneficiari; per cui poteva sostenersi che, nella realta’, i beni rimanevano nella disponibilita’ di (OMISSIS), risultando cosi’ confermata la validita’ del ragionamento svolto dal Tribunale, secondo cui l’unico scopo dell’atto in contestazione era quello di “vincolare il proprio patrimonio alle proprie esclusive esigenze e contemporaneamente sottrarlo ai creditori, rendendolo apparentemente altro da se'”. Doveva pertanto escludersi, alla luce della disposizione dell’articolo 1322 c.c., che l’atto di costituzione in trust fosse meritevole di riconoscimento da parte dell’ordinamento nazionale.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia propongono ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con un unico atto affidato a tre motivi.

Resistono con separati controricorsi l’avv. (OMISSIS) ed il geom. (OMISSIS).

(OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.

Le parti hanno depositato memorie.

Il P.M. presso questa Corte ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del terzo motivo di ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2901 c.c., dell’articolo 183 c.p.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Osservano i ricorrenti che nell’azione revocatoria e’ onere di chi agisce dimostrare la sussistenza delle condizioni fissate dalla legge per la sua effettiva esperibilita’. Nella specie la Corte d’appello, facendo un uso scorretto della prova presuntiva, non avrebbe tenuto in considerazione che, a fronte di un credito degli attori assai modesto, il patrimonio residuo di (OMISSIS) era tale da soddisfare ampiamente le ragioni dei creditori, per cui la domanda avrebbe dovuto essere rigettata.

1.1. Il motivo, che presenta evidenti profili di inammissibilita’, e’ comunque privo di fondamento.

I ricorrenti, infatti, si limitano genericamente a sostenere che la Corte di merito non avrebbe adeguatamente considerato la circostanza per cui il residuo patrimonio di (OMISSIS) era tale da costituire una sicura garanzia per il creditore. Nel compiere simile affermazione, pero’, il ricorso fa riferimento alla “mole cospicua del residuo patrimonio del disponente, certamente rimasto a disposizione dei creditori”, senza tuttavia indicare quale sia tale patrimonio e, soprattutto, senza specificare se e in quali termini la questione sia stata posta al giudice di merito. Non a caso, infatti, la controricorrente (OMISSIS) ha contestato che tale documentazione sia stata prodotta nei gradi precedenti del giudizio.

Ad ogni modo, anche volendo mettere da parte questo evidente profilo di inammissibilita’, il motivo in esame censura genericamente l’uso della prova presuntiva – che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, e’ ammissibile ai fini della valutazione di fondatezza della domanda di revocatoria – tentando di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito.

Quanto, poi, all’onere della prova circa l’effettiva consistenza del residuo patrimonio del debitore, essa grava a carico di quest’ultimo, com’e’ stato piu’ volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze 29 marzo 2007, n. 7767, e 3 febbraio 2015, n. 1902), per cui nessuna violazione di legge e’ configurabile sotto tale profilo.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione dell’articolo 1322 c.c., della L. 16 ottobre 1989, n. 364, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello avrebbe errato nel sostenere che il conferimento di beni in trust sia un contratto atipico e, come tale, bisognoso di tutela in termini di meritevolezza dell’interesse. Il trust e’, invece, un contratto regolato dalla legge che ha recepito la Convenzione dell’Aja del 10 luglio 1985. Richiamando le previsioni dell’atto di conferimento, i ricorrenti osservano che (OMISSIS) aveva riservato a se’ soltanto il potere di nominare e revocare il trustee in qualsiasi momento; la garanzia per i creditori non veniva, pero’, ad essere intaccata dal conferimento in se’, bensi’ dal successivo trasferimento dei beni al trustee. Da tanto consegue che la domanda di revocatoria avrebbe dovuto essere rigettata.

2.1. Il motivo non e’ fondato, anche se la sentenza impugnata deve essere corretta in parte nella sua motivazione.

La Corte di merito – dopo aver correttamente rilevato che il conferimento in trust ha natura di atto a titolo gratuito la cui funzione e’ quella di costituire un patrimonio separato, analogamente a quanto avviene con il fondo patrimoniale tra coniugi (articolo 167 c.c.) – ha poi aggiunto che il trust, non essendo un contratto tipico, deve essere valutato, ai sensi dell’articolo 1322 c.c., al fine di stabilire se corrisponda o meno ad una finalita’ meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico interno.

Tale ulteriore rilievo e’ errato, perche’, come ha giustamente rilevato il motivo in esame, la valutazione (astratta) della meritevolezza di tutela e’ stata compiuta, una volta per tutte, dal legislatore. La L. 16 ottobre 1989, n. 364 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1 luglio 1985), infatti, riconoscendo piena validita’ alla citata convenzione dell’Aja, ha dato cittadinanza nel nostro ordinamento, se cosi’ si puo’ dire, all’istituto in oggetto, per cui non e’ necessario che il giudice provveda di volta in volta a valutare se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dal citato articolo 1322 c.c. (nella premessa alla Convenzione si afferma espressamente che si tratta di un istituto tipico dei Paesi di common law, adottato pero’ anche da altri Paesi con alcune modifiche).

L’esattezza di tale rilievo giuridico non giova pero’ ai ricorrenti, perche’ la sentenza impugnata resiste alle censure di cui al motivo in esame.

La Corte veneziana, infatti, ha chiarito le ragioni per cui ha accolto la domanda di revocatoria, tra l’altro specificando che l’atto in questione era da ritenere a titolo gratuito, che i crediti erano anteriori all’atto di costituzione del trust e che era evidente l’uso strumentale del conferimento, posto che (OMISSIS) si era riservato la facolta’ di sostituire a suo piacimento sia il trustee che i beneficiari, rimanendo nella sostanza pienamente padrone di quei beni che venivano in tal modo sottratti alla garanzia dei creditori.

Questa ricostruzione della vicenda e’ in armonia con il principio affermato da questa Corte nella recente sentenza 3 agosto 2017, n. 19376, circa la natura di atto gratuito del conferimento in trust ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria, principio cui l’odierna pronuncia intende dare continuita’. Ed e’ chiaro che la conservazione di simili penetranti poteri in capo al conferente (settlor) rappresenta qualcosa di ben piu’ significativo rispetto alla semplice consapevolezza di arrecare un pregiudizio ai creditori; ne’ puo’ addebitarsi alla Corte d’appello di aver desunto la prova dell’elemento psicologico dall’interpretazione delle clausole valide dell’atto di conferimento in trust.

Il motivo in esame, del tutto silente in ordine all’insieme delle argomentazioni poste dalla Corte d’appello a sostegno del rigetto dell’appello, risulta percio’ infondato.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 100 e 112 c.p.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il motivo e’ incentrato sul problema del presunto difetto di legittimazione passiva dei figli di (OMISSIS), pure ricorrenti. Si sostiene, al riguardo, che il loro difetto di legittimazione passiva era stato eccepito fin dal primo grado, ma che ne’ il Tribunale ne’ la Corte d’appello avevano riconosciuto tale circostanza. Il motivo censura l’affermazione della sentenza secondo cui sussisterebbe in capo ai figli un interesse di fatto alla lite. In realta’, invece, nessun atto di disposizione e’ stato compiuto nei confronti degli stessi e l’atto di conferimento in trust aveva stabilito la possibilita’ anche di modificarne i beneficiari, per cui essi non avevano alcun interesse alla partecipazione al giudizio.

3.1. Il motivo e’ fondato.

La gia’ menzionata sentenza di questa Corte n. 19376 del 2017 ha affermato che l’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari ai quali siano attribuite dall’atto istitutivo soltanto facolta’, non connotate da realita’, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee; conseguentemente, deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni conferiti nel trust, spettando invece la legittimazione, oltre che al debitore, al trustee, in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi.

Con la successiva ordinanza 25 maggio 2017, n. 13175, pronunciata su di un ricorso promosso dai medesimi odierni ricorrenti in relazione allo stesso conferimento in trust, questa Corte ha rigettato, fra gli altri, anche un motivo (il terzo) col quale i ricorrenti avevano contestato la pronuncia ivi impugnata per avere essa riconosciuto uno specifico interesse dei beneficiari del trust a resistere al giudizio.

Osserva il Collegio che il principio enunciato nella sentenza n. 19376 deve trovare ulteriore conferma in sede odierna, posto che, di regola, il trustee e’ legittimato passivamente nell’azione revocatoria in funzione della sua titolarita’ di poteri di gestione sui beni, mentre i beneficiari non sono titolari di un diritto soggettivo attuale alla corretta amministrazione dei beni, a meno che l’atto di conferimento non stabilisca diversamente. Nel caso odierno la Corte veneziana, riprendendo e facendo proprio il giudizio del Tribunale, ha espressamente riconosciuto che i beneficiari avevano un interesse di mero fatto in relazione alla domanda di revocatoria, il che impone di giungere ad una conclusione diversa da quella raggiunta nell’ordinanza n. 13175 suindicata, perche’ in quel caso c’era stato un diverso accertamento, con il riconoscimento, in capo ai beneficiari, “di una propria posizione soggettiva di natura creditoria”; “non adeguatamente contestata in termini fattuali”.

Da tanto consegue che, esclusa la sussistenza di posizioni di diritto soggettivo in capo ai beneficiari, il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata in relazione e decisione della causa nel merito, poiche’ non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, con declaratoria di inammissibilita’ della domanda avanzata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

4. In conclusione, sono rigettati il primo ed il secondo motivo di ricorso, mentre e’ accolto il terzo.

La sentenza impugnata e’ cassata in relazione e la causa e’ decisa nel merito nei termini suindicati.

A tale esito segue la condanna di (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.

Quanto a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), le spese dell’intero giudizio devono essere compensate in considerazione dell’esito complessivo.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito, dichiara l’inammissibilita’ della domanda avanzata nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); condanna i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno dei controricorsi in complessivi Euro 3.000, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge; compensa le spese dell’intero giudizio nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *