Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 16 marzo 2018, n.12409. Qualora il beneficiario dell’assegno sociale non comunichi all’ente erogatore il proprio allontanamento dal territorio nazionale per più di un mese la percezione della provvidenza diviene “indebita”

segue pagina antecedente
[…]

1. Il ricorso è infondato e pertanto non meritevole di accoglimento.

2. Il Tribunale ha affermato l’esistenza del fumus commissi delicti del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. L’indagata, da quanto emergeva dal suo passaporto, era stata assente dal territorio italiano per tre lunghi periodi: dal 7 settembre al 22 dicembre del 2014; dal 15 gennaio al 16 maggio del 2015; dal 22 novembre del 2015 al 14 gennaio 2016. Tali periodi non vengono contestati dalla ricorrente.

2.1 Il presupposto per la corresponsione dell’assegno sociale da parte dell’Inps è dato, tra gli altri, dalla permanenza del beneficiario nel territorio nazionale; la ricorrente si era allontanata nei periodi indicati, omettendo di riferire all’ente erogatore la sua assenza dallo Stato, così concretando l’elemento materiale dell’evento addebitato di cui all’art. 316 ter cod. pen., in uno all’ammontare delle somme percepite, superiori alla soglia prevista dal capoverso del reato (Euro 3.999,96).

2.2 L’ammontare della percezione indebita è stata accertata in Euro 6.035,73 e quindi superiore alla somma massima prevista dalla norma, al di sotto della quale il fatto degrada ad illecito amministrativo; risulta inoltre che la beneficiaria dell’assegno sociale non ha comunicato all’INPS l’assenza dal territorio; la prova del suo allontanamento è stata individuata dalla Guardia di Finanza (come da notizia di reato del 19/07/2016) attraverso l’attività di verifica dei timbri apposti sul passaporto.

3. Le prestazioni da parte dell’ente erogatore vengono corrisposte in via continuativa e proprio la mancanza di una domanda della prestazione da rinnovare annualmente, impone di ritenere la stessa unitaria e relegata ad un adempimento di natura contabile la frazionabilità delle prestazioni per anno, al fine di fissare le scansioni del controllo amministrativo, elemento di fatto da cui discende, nella chiara inattività dell’interessata, il superamento della soglia di punibilità fissata nella norma incriminatrice.

4. Per il mantenimento del diritto all’erogazione dell’assegno sociale, occorre conservare il requisito della residenza, stabile e continuativa, in Italia essendo la residenza condizione per la erogazione, in quanto l’assegno sociale non è una prestazione esportabile nei paesi esteri. L’INPS può dunque sospendere o anche revocare l’erogazione dell’assegno sociale in caso di accertata permanenza all’estero del beneficiario.

4.1 Per la configurabilità del reato si chiede il dolo, e cioè la rappresentazione e volontà di percepire una somma superiore ad Euro 3.999,96, altrimenti il fatto non costituisce reato e non potrà che integrare un illecito amministrativo. Su tali premesse, si prescinde dal fatto che l’erogazione avvenga in un’unica soluzione o in ratei periodici, ma si richiede di accertare se l’autore del reato si sia rappresentato e abbia voluto conseguire indebitamente erogazioni del tipo indicato dalla norma e nell’entità superiore a quella prevista.

4.2 Nel caso di specie, è stata la polizia tributaria ad accertare gli spostamenti della ricorrente attraverso il controllo del passaporto da cui risultano i visti in entrata e in uscita verso altri Paesi. Alla stregua delle risultanze processuali, in seno alle dichiarazioni rese agli organi accertatori dalla figlia e dalla stessa ricorrente, non vengono fornite giustificazioni in ordine alla mancata comunicazione all’Ufficio erogatore, non rilevando la scusabilità dell’errore di cui all’art. 5 cod. pen., per ignoranza inevitabile, venendo in considerazione la conoscibilità dell’obbligo (previsto dalla legge n. 335 del 1995 e dalla circolare INPS n. 105 del 2008).

4.3 Correttamente dunque il Tribunale di Rimini ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen..

5. Ne consegue che il ricorso va rigettato con conseguente condanna alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *