Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 6 novembre 2017, n. 26289. Il credito del Comune per l’integrazione relativa ai servizi di carattere sanitario erogati ad anziani ricoverati in strutture protette

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1. Il primo motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione della Legge Regionale Sicilia n. 33 del 1996, articolo 59, che ha interpretato autenticamente della Legge Regionale n. 22 del 1986, articolo 17, nonche’ dell’art 2697 c.c. e del Testo Unico n. 639 del 1910, va accolto nei seguenti termini. 2. Rilevato, anzitutto, in relazione all’eccezione di giudicato sollevata dal controricorrente, che la ASP ha prestato acquiescenza limitatamente alla statuizione di legittimita’ del ricorso allo strumento dell’ordinanza ingiunzione (e non alla sussistenza del credito ingiunto), va osservato che la Regione Sicilia, nel procedere al riordino dei servizi e delle attivita’ socio-assistenziali del territorio di sua competenza, con la L. 9 maggio 1986, n. 22, ha attribuito, all’articolo 16, ai comuni, singoli o associati, la titolarita’ delle funzioni attinenti alla predetta materia, tra le quali, a norma del successivo articolo 17, l’assistenza, a domicilio o mediante ricovero in strutture protette, agli anziani non autosufficienti, assegnando alle unita’ sanitarie locali il compito di assicurare i servizi di carattere sanitario, integrativi dei servizi di competenza dei comuni. La Legge Regionale 18 maggio 1996, n. 33, articolo 59, avente espressamente natura interpretativa del menzionato della Legge Regionale n. 22 del 1986, articolo 17, ha disposto, al comma 1, che l’integrazione della retta giornaliera corrisposta dai comuni agli enti gestori di strutture residenziali per il ricovero di anziani non autosufficienti sia assunta a carico del Fondo sanitario regionale “entro il limite annuo di Lire 500 milioni”, ha aggiunto, al comma 2, che: “Per le finalita’ di cui al comma 1 il servizio dei comuni trasmette all’azienda unita’ sanitaria locale di competenza copia del provvedimento di autorizzazione al ricovero corredato della certificazione attestante il grado e la natura della condizione di non autosufficienza. La notifica del dispositivo al ricovero e’ effettuata entro cinque giorni dall’adozione e comporta, se non l’obbligo per opposizione, entro i successivi venti giorni l’obbligo per il comune di attivare l’azione di rimborso della quota di retta giornaliera corrisposta all’ente assistenziale a titolo di integrazione”, prevedendo, al comma 3, la facolta’ dell’azienda unita’ sanitaria locale di “verificare nel termine sopra indicato il sussistere della condizione di invalidita’ degli anziani ricoverati, avuto anche riguardo al trattamento assistenziale curativo e riabilitativo assicurato dall’ente in rapporto ai bisogni degli ospiti nonche’, il permanere, ai sensi della vigente normativa dell’idoneita’ igienico-sanitaria delle strutture ricoveranti”.
3. Questa Corte (Cass. n. 9565 del 2017), nell’interpretare siffatta normativa, ha gia’ condivisibilmente affermato che: a) il credito del Comune per l’integrazione relativa ai servizi di carattere sanitario erogati in favore di anziani ricoverati in strutture protette/costituisce un diritto che trova fonte nella legge, ma che non e’ incondizionato, come ritenuto dalla Corte territoriale, dovendo scontare il previsto iter, che impone la tempestiva notifica del ricovero dell’anziano entro cinque giorni, obbligo che si giustifica in funzione dei compiti di valutazione dei relativi presupposti, riferiti a particolari esigenze di singoli anziani, e dell’apprezzamento delle condizioni e del grado di non autosufficienza, che non necessariamente coincide col grado d’invalidita’ civile, e che e’ rimessa alle attribuzioni dell’Azienda sanitaria, competente a valutare la necessita’ di interventi sanitari di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica dell’anziano in modo da discriminare tale componente da quella propria assistenziale, anche ai fini della ripartizione dei relativi costi, che la norma non predetermina in misura percentuale; b) tale costo va contenuto entro i limiti delle disponibilita’ finanziarie che a tale modalita’ d’intervento, non connotata da urgenza o emergenza, e’ possibile destinare.
4. Da tanto consegue che l’Azienda cui e’ demandato di assicurare i servizi integrativi, e contrariamente a quanto dalla stessa postulato, e’ il soggetto obbligato a sopportarne i costi, dovendo, al riguardo, aggiungersi che la questione relativa al mancato riparto delle somme stanziate dal Fondo sanitario attiene ai rapporti interni tra aziende sanitarie e Regione”senza incidere sulla posizione creditoria – esterna – del Comune, che l’articolo 59 della Legge Regionale in esame non subordina a tale concreto adempimento, laddove l’avvenuto raggiungimento del tetto di spesa non costituisce un fatto costitutivo del diritto, ma opera come un fatto estintivo della pretesa, con la conseguenza che l’eventuale insufficienza di quei fondi deve esser provata da chi la invoca, ovvero dalla ASP (in termini, Cass. 19/10/2016 n. 21068).
5. Alla stregua degli esposti principi, l’impugnata sentenza e’ incorsa nel vizio che le e’ stato addebitato, per aver riconosciuto il diritto al rimborso, ritenendo ininfluente l’inosservanza dei termini per la notifica del dispositivo di ricovero e per l’attivazione della procedura. Il principio non e’ smentito da Cass. n. 21068 del 2016 cit., che, contrariamente alla ricostruzione operatane dal controricorrente in seno alla memoria, non si e’ occupata del tema in esame ed ha affermato irrilevante la diversa questione della “conclusione del procedimento amministrativo di ripartizione del Fondo regionale”. Tuttavia, poiche’ la tardiva trasmissione dei provvedimenti di ricovero risulta accertata limitatamente ad alcune imprecisate annualita’, la sentenza va cassata con rinvio per i dovuti accertamenti.
6. Anche il secondo motivo, con cui l’Azienda lamenta la violazione dell’articolo 2697 c.c., articoli 183 e 210 c.p.c., e’ fondato. Premesso che in ipotesi di giudizio di opposizione ad ingiunzione del Regio Decreto n. 639 del 1910, ex articolo 3 la p. A. ingiungente (nella specie il Comune) e assume la posizione sostanziale di attore, sicche’, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., e’ tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l’opponente deve dimostrare la loro inefficacia ovvero l’esistenza di cause modificative o estintive degli stessi (Cass. n. 8999 del 2016), va rilevato che l’inversione dell’onere della prova puo’, bensi’, risultare anche dal comportamento processuale della parte sulla quale non grava l’onere, ma, affinche’ cio’ si verifichi, non e’ sufficiente che tale parte deduca (come nella specie, l’odierna ricorrente) od anche offra la prova, occorrendo, invece, la inequivoca manifestazione della parte medesima di voler rinunciare ai benefici ed ai vantaggi che le derivano dal principio che regola la distribuzione dell’onere stesso (rinuncia espressamente ricusata dall’Azienda, come riporta la stessa sentenza) e di subire le conseguenze dell’eventuale fallimento della prova dedotta od offerta. (Cass n. 14306 del 2005; n. 14066 del 2010; n. 11790 del 2016).
7. Il terzo motivo e’ inammissibile. Esso, non solo, censura ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione di legge un atto formalmente amministrativo (Decreto Assessoriale n. 4527 del 2004), ma non tiene conto neppure che la domanda riconvenzionale proposta dall’Azienda e’ stata ritenuta inammissibile perche’ generica, e la ricorrente non la riporta ne’ ne trascrive i passi salienti, omissione tanto piu’ grave in quanto i giudici a quo hanno ritenuto meramente esplorativa la richiesta di CTU, cui la ricorrente affida la quantificazione del proprio credito.
8. Il giudice del rinvio, che si indica nella Corte d’Appello di Catania in diversa composizione, provvedera’, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo, inammissibile il terzo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catania, in diversa composizione.

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