Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 4 aprile 2018, n. 8209.
Licenziamento disciplinare del dipendente pubblico che abusa, illegittimamente usufruendo di assenze retribuite dal lavoro, dei permessi a lui riconosciuti in base alla legge 104.
Ordinanza 4 aprile 2018, n. 8209
Data udienza 6 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. SPENA Francesca – Consigliere
Dott. DE MARINIS Francesca – rel. Consigliere
Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1393/2017 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 438/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 08/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 06/02/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.
RILEVATO
che con sentenza dell’8 novembre 2016, la Corte d’Appello di Genova confermava la decisione resa dal Tribunale di Genova e rigettava la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS), avente ad oggetto la declaratoria di illegittimita’ del licenziamento disciplinare irrogatole per aver abusivamente fruito del permesso ex lege n. 104 del 1992 e negato insistentemente l’abuso medesimo;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, a prescindere dall’assoluzione ottenuta dalla lavoratrice in relazione all’imputazione sollevata in sede penale, sussistente l’addebitato abuso del diritto, non scalfita la gravita’ del medesimo dall’apprezzamento della pregressa condotta lavorativa e dal contingente precario stato psichico, e, pertanto, proporzionata l’irrogata massima sanzione;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la (OMISSIS), affidando l’impugnazione a due motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la ASL;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4) e la conseguente nullita’ della sentenza impugnata, imputa alla Corte territoriale di aver reso la propria pronunzia solo apparentemente in conformita’ con l’orientamento espresso da questa Corte in tema di abuso dei permessi ex lege n. 104 del 1992 e richiamato a fondamento della pronunzia medesima, sostanzialmente incorrendo in un assoluto difetto di motivazione;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale un superficiale esame della documentazione prodotta in atti;
che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, risultano infondati, dal momento che il principio espresso da questa Corte con le decisioni richiamate nella motivazione dell’impugnata sentenza ha portata generale e non presuppone la reiterazione della condotta integrante l’abuso del diritto, risultando, pertanto, idoneo a sorreggere il percorso logico-valutativo intrapreso dalla Corte territoriale e condotto, secondo quanto emerge dalla motivazione espressa, tenendo ampiamente conto della documentazione invocata a sostegno della propria prospettazione dalla ricorrente e addivenendo, in puntuale contrappunto con le risultanze della medesima a sancirne l’irrilevanza sotto il profilo della loro incidenza limitativa della gravita’ della condotta, correttamente apprezzata in conformita’ ai criteri indicati da questa Corte, senza che possa ravvisarsi alcun vizio logico e giuridico nella prevalenza accordata all’elemento soggettivo della condotta medesima e nella qualificazione al medesimo attribuita in termini di “perdurante ipotesi di dolo”, profili che, rimessi al libero apprezzamento del giudice del merito, non risultano del resto qui neppure fatti oggetto di censura;
che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
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