L’articolo 26-bis c.p.c., comma 1, quando allude alla disciplina di leggi speciali come idonea a stabilire il foro dell’esecuzione forzata per espropriazione di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni di cui dell’articolo 413 c.p.c., comma 5, attribuisce alla regola desumibile dalla legge speciale il valore di regola esclusiva rispetto a quella fissata dallo stesso comma 1 con riferimento al luogo in cui il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

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[…]

5. Una volta identificate le amministrazioni pubbliche cui allude dell’articolo 26-bis, comma 1, nei termini indicati, puo’ procedersi all’esame della seconda questione esegetica che tale norma pone, allorche’ fa “salvo quanto disposto da leggi speciali”.
Si rileva che l’esistenza di una legge speciale che concerne il pignoramento di crediti di talune di tali amministrazioni si rinviene certamente nella norma della L. n. 720 del 1984, articolo 1-bis, introdotta, com’e’ noto, del Decreto Legge n. 359 del 1987, articolo 24-bis, convertito, con modificazioni, nella L. n. 440 del 1987, il quale dispone che: “I pignoramenti ed i sequestri, a carico degli enti ed organismi pubblici di cui dell’articolo 1, comma 1, delle somme affluite nelle contabilita’ speciali intestate ai predetti enti ed organismi pubblici si eseguono, secondo il procedimento disciplinato al capo 3 del titolo 2 del libro 3 c.p.c., con atto notificato all’azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo contro il quale si procede nonche’ al medesimo ente od organismo debitore”.
Questa disposizione, come emerge dalla annessa tabella A, che elenca le amministrazioni di cui all’articolo 1 della stessa legge, riguarda certamente le amministrazioni pubbliche che si sono identificate come quelle oggetto del rinvio di cui dell’articolo 26-bis, comma 1 e particolarmente l’ASL intimata, dato che nell’elenco di cui alla Tabella sono comprese le aziende sanitarie.
Ebbene, nel momento in cui essa e’ stata dettata e prima dell’intervento dell’articolo 26-bis, la norma non assumeva rilievo alcuno ai fini della individuazione della competenza territoriale sull’espropriazione forzata di crediti delle amministrazioni soggette al regime di c.d. tesoreria previsto all’articolo 1 della legge.
La ragione era che il riferimento “all’azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo contro il quale si procede” valeva solo ad individuava il soggetto che si doveva considerare, agli effetti del pignoramento (e dei sequestri), come terzo debitor debitoris riguardo alle somme oggetto del regime di contabilita’ cui era soggetta l’amministrazione.
Viceversa, il luogo dell’esecuzione del pignoramento non era in alcun modo individuato dalla norma, ma era individuato, invece, dall’articolo 26 c.p.c., nel vecchio testo, che lo correlava al “luogo dove risiede il terzo debitore”.
Con riferimento alle dette amministrazioni, in quanto persone giuridiche, la dovuta esegesi della norma quanto al suo evocare la “residenza”, consentiva, a fronte della sicura possibilita’ che il terzo debitore potesse essere una persona giuridica e non un persona fisica, di intendere il riferimento al “risiedere del terzo debitore” non gia’ come evocativo della residenza in senso tecnico, che e’ riferibile solo alle persone fisiche, bensi’ della localizzazione del terzo debitore alla stregua del complessivo sistema degli articoli 18 e 19 c.p.c..
Ne derivava che, come aveva argomentato esaurientemente in generale Cass. n. 11758 del 2002 (che evoco’ pregressa giurisprudenza della Corte e dissenti’ da Cass. n. 9016 del 1997, che era stata seguita da altre decisioni), la competenza per l’espropriazione di crediti presso terzi – con riferimento al pignoramento presso un debitor debitoris persona giuridica – si sarebbe potuta leggere, giusta il necessario coordinamento dell’articolo 26, comma 2 vecchio testo con l’articolo 19, come competenza alternativa, a scelta del creditore procedente, fra il luogo sede della persona giuridica ed il luogo identificabile come quello in cui la persona giuridica avesse “uno stabilimento e un rappresentate autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda” (secondo la formulazione del secondo inciso dell’articolo 19, comma 1). Con la conseguenza che, con riferimento alla detta espropriazione, in quanto diretta a realizzare l’adempimento dell’obbligazione del debitor debitoris persona giuridica verso il debitore esecutato, si doveva leggere il concetto della “autorizzazione a stare in giudizio” nel senso di abilitazione, secondo la disciplina del rapporto di credito esecutato, all’esecuzione del pagamento in un determinato luogo.
5.1. Tale lettura della nozione di “luogo in cui risiede il terzo debitore” persona giuridica (rifiutata dalla pregressa e citata Cass. n. 9016 del 1997) avrebbe dovuto trovare applicazione anche qualora esso fosse stato una “azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo” di cui alla tabella A annessa alla L. n. 720 del 1984 ed al quale era applicabile il citato articolo 1-bis.
5.1.1. Mette conto di rilevare che, senza una particolare motivazione, Cass. n. 10198 del 2011, sebbene con particolare riferimento al servizio di tesoreria svolto dalla Banca d’Italia per una provincia, ma in modo tale da adombrare l’estensione del principio almeno alle pubbliche amministrazioni debitrici soggette al sistema delle norme sulla c.d. contabilita’ di Stato, aveva affermato che: “Nell’espropriazione presso terzi di crediti, la competenza per territorio – da determinarsi in base alla residenza del debitor debitoris – nel caso in cui il terzo sia la Banca d’Italia va individuata tenuto conto che essa gestisce la Sezione di Tesoreria della provincia nella quale il creditore e’ domiciliato, senza che assumano rilievo la sede legale (posta a (OMISSIS)) ovvero il luogo ove sussiste il rapporto del terzo con il debitore esecutato (nella specie, il Ministero dell’Economia e delle Finanze); per la ricerca di tale sede agli effetti dell’articolo 543 c.p.c., trovano invero inderogabile applicazione le norme della pubblica contabilita’, che assegnano la competenza per territorio, per le domande di pagamento contro la P.A., ai sensi dell’articolo 1182 c.c., comma 3, Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, articolo 54, Regio Decreto 23 maggio 1924, n. 827, articolo 278, comma 1, lettera d), articoli 287 e 407, proprio al giudice del luogo in cui ha sede la predetta Sezione di Tesoreria; alla concreta dotazione di provvista per i pagamenti, deve, infatti, escludersi ogni rilevanza, sul piano della competenza, la quale va cosi’ individuata, sia per la cognizione di domande di pagamento che per l’accertamento dell’obbligo del terzo di effettuare, come delegato “ex lege”, il pagamento di un debito della stessa P.A., nella medesima sede, la Sezione di Tesoreria provinciale gestita dalla Banca d’Italia”.
Tale soluzione implicava una sovrapposizione fra il criterio di competenza stabilito quanto al luogo del pagamento da parte della P.A. e riguardante l’obbligazione di essa verso altro soggetto e applicabile anche riguardo al credito consacrato a favore di quest’ultimo nel titolo esecutivo in forza del quale si procedeva ad esecuzione forzata, ed il luogo dell’esecuzione su tale credito per la sua espropriazione. Si trattava di soluzione evidentemente indotta dall’esigenza di individuare un unico foro competente per l’esecuzione.
L’obiettivo esegetico era perseguito desumendo dalla regola che stabiliva dove l’Amministrazione doveva pagare, sebbene tramite il servizio di cassa e tesoreria ex articolo 1-bis citato, il foro dell’esecuzione.
La soluzione in discorso – certamente motivata dall’idea di semplificare il foro dell’esecuzione – faceva, poi, da “retropensiero” a Cass. n. 15676 del 2014, evocata dal Tribunale nella decisione impugnata a sostegno della soluzione che ha scelto. Sebbene quella decisione si riferisse ad un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo introdotto nel 2011, vigente l’articolo 26 c.p.c., comma 2.
Tirando le fila di quanto osservato e rimarcato che anche nella giurisprudenza di merito la questione trovava soluzioni non univoche, si puo’ rilevare che, prima dell’entrata in vigore dell’articolo 26-bis:
a) secondo l’opinione espressa nella sentenza del 2002, il foro dell’espropriazione presso terzi nei confronti delle pubbliche amministrazioni, cui ora allude il comma 1 di detta norma e alle quali era applicabile della L. n. 720 del 1984, citato articolo 1-bis, si doveva identificare alternativamente tanto nella sede della persona giuridica cassiere o tesoriere quanto nel luogo in cui essa dovesse in concreto espletare le funzioni di cassiere o tesoriere in base all’accordo con la P.A.;
b) secondo l’opinione espressa dalla sentenza del 2011 ed avallata almeno ipoteticamente dalla sentenza del 2014 quel luogo era, invece, soltanto il secondo.
5.2. Ritiene, invece, il Collegio che ora dell’articolo 26-bis, nuovo comma 1, consenta ed anzi imponga l’operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la P.A. secondo l’accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l’esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui alla L. n. 720 del 1984, articolo 1-bis.
Invero, l’inserimento del pur non certo chiarissimo riferimento “a quanto disposto da leggi speciali” in una norma – dell’articolo 26-bis, comma 1 – che detta come regola generale il criterio della competenza del foro della residenza, domicilio, dimora o sede del terzo debitore, per dispiegare in concreto la sua efficacia di individuazione di una disciplina speciale rispetto alla regola generale, impone – di fronte ad una norma come l’articolo 1-bis citato, che e’ individuabile come una legge speciale alla stregua del detto comma 1 – di ritenere che il legislatore abbia voluto come necessaria e vincolante un’esegesi nel senso che essa debba giustificare l’inoperativita’ del luogo della sede in concorrenza, sebbene in via alternativa con la rappresentanza ex articolo 19 c.p.c. (eventualmente identificabile con il luogo di operativita’ delle funzioni di cassiere o tesoriere), sancita dalla regola generale del primo comma: il riferimento alla sede in esso presente si presterebbe, infatti, tuttora a giustificare un’operativita’ del luogo della sede in concorrenza con quella della rappresentanza.
Il dover leggere l’eccezione alla regola del comma 1, individuata con il riferimento al disposto di leggi speciali come qualcosa che esclude necessariamente l’operare del criterio della sede previsto da quella regola, costringe allora ad individuare il foro dell’esecuzione quando debitor debitoris e’ una “azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo” di cui alla tabella A annessa alla L. n. 720 del 1984″ non piu’ indifferentemente in quello della sede della persona giuridica che si connoti come “azienda o istituto cassiere” oppure in quello in cui la concreta funzione di cassiere o tesoriere sia svolta per la pubblica amministrazione secondo gli accordi con essa presi, bensi’ esclusivamente in quest’ultimo senso, in quanto soltanto esso e’ nella sostanza individuato dalla legge speciale.
In altri termini, la lettura dell’efficacia dell’articolo 1-bis nel senso che la norma radicasse il foro dell’esecuzione nel luogo di svolgimento in concreto della funzione di cassiere o tesoriere da parte della persona giuridica incaricata (secondo l’accordo con la P.A.), lettura prima controversa, e’ ora divenuta obbligata perche’ altrimenti l’ipotesi con cui anodinamente il legislatore che ha introdotto l’articolo 26-bis ha fatto riferimento nel comma 1 all’esistenza di leggi speciali rimarrebbe priva di qualsiasi concreta possibilita’ operativa. Infatti, la regola generale, quella del foro della sede (intesa in senso comprensivo pure della rappresentanza di cui all’articolo 19), sarebbe stata idonea a giustificare non solo la radicazione dell’esecuzione presso il luogo che si identifichi come sede del cassiere o tesoriere che riveste la figura di terzo debitor debitoris rispetto alle pubbliche amministrazioni cui allude dell’articolo 26-bis, comma 1, ma anche la radicazione presso il luogo di espletamento del servizio di cassa o tesoreria, cioe’ presso la relativa dipendenza: tale luogo si sarebbe identificato come quello di esistenza di uno “stabilimento e un rappresentante abilitato a state in giudizio per l’oggetto della domanda”, intendendosi per “domanda” la pretesa esecutiva sul credito pignorato gestito dal cassiere o tesoriere. E cio’ avrebbe “lasciato le cose come stavano”.
Il legislatore, dunque, sebbene per una via non di immediata percezione, e’ pervenuto proprio all’obiettivo manifestato dai lavori preparatori della norma, cioe’ quello di evitare che l’esecuzione presso le pubbliche amministrazioni di cui trattasi, in ragione del fatto che le funzioni di cassa o tesoreria sono per loro conto espletate da istituti di credito, i quali hanno la loro sede in poche sedi giudiziarie, possano radicarsi presso di esse (con il conseguente ingolfamento derivante dal carico di un rilevante numero di processi esecutivi), per il tramite della scelta del creditore procedente di preferire la sede al luogo della rappresentanza periferica svolgente la funzione di cassa e tesoreria.
Deve, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto: “L’articolo 26-bis c.p.c., comma 1, quando allude alla disciplina di leggi speciali come idonea a stabilire il foro dell’esecuzione forzata per espropriazione di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni di cui dell’articolo 413 c.p.c., comma 5, attribuisce alla regola desumibile dalla legge speciale il valore di regola esclusiva rispetto a quella fissata dallo stesso comma 1 con riferimento al luogo in cui il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Ne discende che, dovendo fra le disposizioni di leggi speciali cui allude il suddetto comma 1 comprendersi quella della L. n. 720 del 1984, articolo 1-bis, il significato del rinvio a tale norma si deve intendere nel senso che con esso si sia voluto fare riferimento a detta previsione, sia in quanto individuatrice nel cassiere o tesoriere del soggetto (debitor debitoris) che deve pagare per conto delle amministrazioni pubbliche, cui detta norma si applica, sia in quanto individuatrice del luogo del pagamento in quello di espletamento del servizio secondo gli accordi fra la p.a. ed il cassiere o tesoriere, con la conseguenza che tale luogo si deve considerare in via esclusiva come il foro dell’espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilita’ di procedere all’esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede, ove tale luogo sia diverso da quello in cui opera l’articolazione della persona giuridica che ha in carico in concreto il rapporto avente ad oggetto le funzioni di cassa o di tesoreria ed in cui, dunque, la concreta funzione di cassiere o tesoriere sia svolta per la pubblica amministrazione secondo gli accordi con essa presi”.
6. Le argomentazioni giustificano la declaratoria dell’esistenza del foro dell’esecuzione intrapresa dal ricorrente in (OMISSIS), dove vien espletato il servizio di tesoreria a favore della debitrice esecutata intimata.
Dev’essere dunque dichiarata la competenza quale giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 26-bis c.p.c., comma 1, del Tribunale di Foggia.
7. La riassunzione del processo esecutivo avverra’ ai sensi dell’articolo 50 c.p.c..
Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di regolamento. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Foggia sull’esecuzione forzata ai sensi dell’articolo 26-bis c.p.c., introdotta dal ricorrente. Fissa per la riassunzione della procedura esecutiva davanti al detto Tribunale il termine di cui all’articolo 50 c.p.c., con decorrenza dal giorno della comunicazione della presente ordinanza. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.

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