Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 22 novembre 2017, n. 27863. Il danno permanente, indennizzabile nel caso della c.d. “espropriazione larvata”

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3. Invero questa Corte ha gia’ enunciato il principio giusta il quale, non essendo piu’ generalmente consentito che chi versi in una condizione di illiceita’ tragga vantaggio da essa, il danno permanente, indennizzabile nel caso della c.d. “espropriazione larvata” – che ricorre ai sensi della L. 25 giugno 1865, n. 2359, articolo 46 ed ora del Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, articolo 44 quando il danno derivante dalla perdita o diminuzione di un diritto in conseguenza dell’esecuzione dell’opera pubblica riguarda quei soggetti che, pur in presenza di un procedimento espropriativo, ne siano rimasti completamente estranei (in quanto proprietari di suoli contigui a quelli sui quali e’ stata eseguita l’opera) o abbiano subito un danno non per effetto della mera separazione (per esproprio) di una parte di suolo, ma in conseguenza dell’opera eseguita sulla parte non espropriata ed indipendentemente dall’espropriazione stessa ovvero in conseguenza della sua utilizzazione in conformita’ della funzione cui e’ destinata (Cass., Sez. 1, 16/09/2009, n. 19972) – puo’ essere invocato, vigendo la stessa regola che vale per le espropriazioni (Cass., Sez. 1, 14/12/2007, n. 26260), solo dal proprietario di una costruzione che – anche a posteriori, per effetto della sanatoria intervenuta – sia considerata legittima, “sicche’ l’indennizzo non compete per le costruzioni abusive o non ancora sanate – salvo si lamenti un danno generico alla proprieta’ del fondo inedificato – o per quelle realizzate dopo l’approvazione del progetto di opera pubblica dalla cui realizzazione il proprietario abbia ragione di temere la compressione delle proprie facolta’ dominicali” (Cass., Sez. 1, 12/09/2014, n. 19305).
Poiche’, come si e’ precisato in premessa, consta dalle risultanze peritali debitamente trascritte ai fini dell’autosufficienza del ricorso, che l’immobile era stato realizzato con dimensionamento diverso da quello oggetto di concessione e diversa ne era stata pure la destinazione e poiche’ nessuno dei suddetti abusi era stato sanato, nessun titolo giustificava il riconoscimento dell’indennita’ richiesta e la pronuncia impugnata va percio’ conseguentemente cassata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Salerno che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

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