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Con il primo motivo di ricorso si denunzia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 la violazione e falsa applicazione degli articoli 456, 459, 1852, 1854, 1375, 1766, 1771, 1772, 1175, 1218, 1223 e 1224, nonche’ l’omessa disamina circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Si sostiene che la decisione di appello avrebbe erroneamente applicato i principi desumibili dalla interpretazione delle norme denunziate come offerta dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 24657/2007.
In tale occasione, la Corte, chiamata a risolvere il contrasto in ordine alla corretta individuazione della disciplina applicabile ai crediti ereditari, nel ribadire la diversa sorte riservata ai debiti ereditari, destinati invece a ripartirsi ex lege tra i coeredi, ha ritenuto che gli stessi cadano in comunione e che debbano quindi essere divisi alla stregua delle altre componenti attive dell’asse.
Tuttavia, difformemente da quanto opinato dalla Corte veneziana, si e’ anche sostenuto che ogni coerede ha il diritto di chiedere la riscossione dell’intero credito ovvero della quota di sua spettanza, e senza che cio’ implichi la necessaria partecipazione al giudizio degli altri coeredi, essendosi esclusa la ricorrenza di una fattispecie di litisconsorzio necessario.
Il motivo e’ fondato.
La lettura delle motivazioni della sentenza della Sezioni Unite n. 24657/2007, alla quale pur dichiara di volersi conformare la sentenza impugnata, consente di avvedersi che la Corte riconosce a ciascun coerede di poter agire nei confronti del debitore del de cuius per la riscossione dell’intero credito ovvero della quota proporzionale a quella ereditaria vantata, senza la necessita’ del coinvolgimento degli altri coeredi, e soprattutto senza che venga in alcun modo precisato che l’iniziativa del coerede sia ammessa solo allorquando avvenga nell’interesse della comunione.
Appare evidente che nel ragionamento delle Sezioni Unite, ferma restando la necessita’ di ricomprendere nell’eventuale divisione dell’asse ereditario i crediti, l’avvenuta riscossione da parte di un coerede di tutto o parte del credito stesso, potra’ incidere nell’ambito delle operazioni divisionali dando vita a delle pretese di rendiconto, tramite anche eventuali compensazioni tra diverse poste creditorie, ma senza che cio’ precluda al singolo di poter immediatamente attivarsi per la riscossione anche solo del credito in proporzione della sua quota.
La connotazione dell’azione del singolo coerede in chiave finalistica, distinguendo quindi tra iniziativa nell’interesse della comunione ovvero nel proprio personale interesse, non trova affatto riscontro nella decisione delle Sezioni Unite, e nei fatti verrebbe a riproporre, laddove come nel caso in cui non vi sia l’adesione di un coerede alla richiesta di riscossione, una sorta di surrettizio litisconsorzio necessario, posto che tale mancata adesione imporrebbe la necessaria partecipazione al giudizio avente ad oggetto la domanda di pagamento, di tutti i coeredi, ancorche’ al fine di stabilire se la richiesta di pagamento sia strumentale o meno al soddisfacimento della comunione.
Deve pertanto ribadirsi, in adesione a quanto statuito dalle Sezioni Unite, che ogni coerede puo’ agire anche per l’adempimento del credito ereditario pro quota, e senza che la parte debitrice possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi, dovendo trovare risoluzione gli eventuali contrasti insorti tra gli stessi nell’ambito delle questioni da affrontare nell’eventuale giudizio di divisione.
Il motivo deve pertanto essere accolto con la cassazione del provvedimento gravato.
L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento del secondo motivo, con il quale si deduce la violazione degli articoli 112 e 113 c.p.c. e degli articoli 1852, 1854, 1766, 1771, 1772, 1175, 1375, 1218, 1223 e 1224 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione al fatto che il conto era in realta’ cointestato alla (OMISSIS), la quale quindi avrebbe potuto immediatamente ottenere la restituzione dell’intero saldo del rapporto bancario, nonche’ del terzo motivo che lamenta la violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c. e degli articoli 456, 459, 1854, 1856 e 1710, articolo 1722, n. 4 e articoli 1223 e 1224, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nella parte in cui la sentenza d’appello ha escluso la responsabilita’ della banca per avere provveduto autonomamente a reinvestire le somme appartenenti al de cuius, sebbene fosse stata informata della morte del titolare e della contraria volonta’ di alcune delle coeredi e della cointestataria.
Il giudice del rinvio che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo ed assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.
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