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Come si e’ detto, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 162 del 2014 ha dichiarato l’incostituzionalita’ del divieto di fecondazione eterologa, in caso di sterilita’ infertilita’ assolute ed irreversibili. La Corte stessa esclude nella propria sentenza, che ili proprio intervento provochi una situazione di vuoto normativo, precisando che la disciplina del consenso (venuto meno, nei limiti sopra precisati il divieto di inseminazione eterologa) riguarda evidentemente anche la tecnica in esame, costituendo una particolare metodica di procreazione medicalmente assistita.
Questa Corte condivide in toto tale assunto: la dichiarazione di incostituzionalita’ della norma ha eliminato il divieto, in sostanza unificando la disciplina della fecondazione assistita. Ed e’ appena il caso di precisare che la Corte Costituzionale, riferendosi esplicitamente alla disciplina del consenso, ne ha in sostanza affermato la conformita’ alla Costituzione.
Va altresi’ osservato che consentire la revoca del consenso, anche in un momento successivo alla fecondazione dell’ovulo, non apparirebbe compatibile con la tutela costituzionale degli embrioni, piu’ volte affermata dalla Consulta (tra le altre Corte Cost. 151/2009 e 229/2015).
Va ancora ricordato l’insegnamento della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 347 del 1198) e di questa Corte (Cass. N. 2315 del 1999), secondo cui l’attribuzione dell’azione di disconoscimento al marito, anche quando abbia prestato assenso alla fecondazione eterologa, priverebbe il nato di una delle due figure genitoriali e del connesso rapporto affettivo ed assistenziale, stante l’impossibilita’ di accertare la reale paternita’ a fronte dell’impiego di seme di provenienza ignota; e, ancora, questa Corte (Cass. N. 5653 del 2012)ha precisato che non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta la preminenza della verita’ biologica rispetto a quella legale. Tale impostazione, del resto, trova ulteriore preciso riscontro nella riforma della filiazione del 2013 che ha abrogato l’articolo 235 c.c., e introdotto il nuovo articolo 244 c.c., per cui il genitore non puo’ proporre l’azione di disconoscimento oltre cinque anni dal giorno della nascita del figlio.
Una questione di legittimita’ costituzionale, come proposta dal ricorrente, appare, per quanto si e’ detto, manifestamente infondata.
Quanto alla fattispecie dedotta, dopo il consenso espresso da entrambi i coniugi in un contratto con l’Istituto Marques in Spagna, il (OMISSIS) revoco’ il consenso, con comunicazione del 18/12/2009. Precisa il giudice a quo che a quella data il trattamento embrionale era gia’ iniziato e il giorno successivo ebbe luogo l’impianto dell’ovulo fecondato nell’utero della (OMISSIS). Aggiunge la sentenza impugnata che non puo’ rilevare la comunicazione di revoca del consenso, ricevuto dall’Istituto Marques in data 18/12/2009, non essendovi stata dimostrazione che tale revoca era intervenuta prima dell’attivazione della tecnica di preparazione dell’embrione, ovvero della fecondazione dell’ovulo destinato all’impianto. Si tratta ovviamente di questione di fatto, insuscettibile di controllo in questa sede.
Se poi, come pare, il ricorrente intendesse censurare la motivazione del provvedimento, opererebbe necessariamente il disposto dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, novellato, che si riferisce all’omissione di un fatto, gia’ oggetto di discussione tra le parti; nella specie, peraltro, non di omissione si tratterebbe, ma di diversa valutazione di un fatto. In tal senso, dunque, il ricorso, sul punto specifico, presenterebbe profili di inammissibilita’.
Va conclusivamente rigettato il ricorso.
La relativa novita’ della questione richiede la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese tra le parti.
A norma della Decreto Legge n. 196 del 2003, articolo 52, in caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri atti identificativi delle parti, in quanto imposto dalla Legge.

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