Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 settembre 2017, n.40890. In ordine all’autoriciclaggio

Il delitto di cui all’art. 648 ter c.p., comma 1, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e progressiv

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II PENALE – SENTENZA 7 settembre 2017, n.40890 – Pres. Fumu – est. Prestipino

Svolgimento del processo

1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale della Libertà di Messina ha confermato l’ordinanza del gip del Tribunale di Pozzo di Gotto applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti nei confronti di S.P. per il reato di cui all’art. 648 ter c.p., comma 1.

Il reato di auto riciclaggio era stato contestato al S. nella qualità di amministratore unico e socio al 95% della (OMISSIS) s.r.l. (già (OMISSIS) S.A.), di amministratore unico e socio al 5% della soc. Borgo Musolino s.r.l., e di amministratore unico e socio all’1% della soc. (OMISSIS) s.r.l.. Attraverso complesse operazioni societarie e articolati movimenti bancari, l’imputato avrebbe gestito somme di provenienza delittuosa, ostacolando l’accertamento della loro origine.

Secondo l’accusa, il delitto presupposto sarebbe quello di bancarotta fraudolenta per distrazione di cui al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 1 e art. 223, comma 1, commesso dal S. nella qualità di amministratore unico della Alcon s.p.a., partecipata come socio di maggioranza dalla (OMISSIS) s.r.l., e dichiarata fallita il 17 gennaio 2013. Nell’aprile del 2007, ricordano i giudici territoriali, il S. aveva infatti trasferito sul c/c acceso presso UBS SA di Lugano intestato all’allora (OMISSIS) S.A. (oggi (OMISSIS) S.r.l.) circa 124 milioni di Euro derivanti dalla quotazione in borsa di (OMISSIS) S.p.a.; il giudizio di gravità indiziaria sui reato presupposto, risulterebbe coperto, secondo il Tribunale, da giudicato cautelare, essendosi lo stesso tribunale già pronunciato sulla richiesta di riesame del S. avente ad oggetto la misura restrittiva adottata nei suoi confronti anche in ordine alla bancarotta (OMISSIS).

3.1. In sostanza, l’indagato avrebbe successivamente trasferito il ricavato della quotazione in borsa della fallita alle società (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., e Borgo Musolino s.r.l., tutte in un modo o nell’altro da lui ‘controllate’.

3.1.1. Tanto sarebbe emerso, ricordano i giudici territoriali, anzitutto dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori del S. nell’ambito del procedimento relativo al fallimento (OMISSIS) S.p.a., in particolare dal consulente fiscale del S. al tempo della quotazione in borsa di (OMISSIS) S.p.a., che aveva rivelato i primi intrecci societari dichiarando che le somme di danaro provento della collocazione delle azioni (OMISSIS) sul mercato erano rientrate in Italia attraverso il rimpatrio della holding (l'(OMISSIS) S.A., italianizzata con la veste di società a responsabilità limitata). In questa operazione avrebbe avuto un ruolo di rilievo la Goldinox, società già facente capo alla (OMISSIS) S.A..

3.1.2. Il tribunale riteneva poi che anche successivamente il S. avesse movimento somme provenienti dalla bancarotta (OMISSIS), effettuando operazioni bancarie a volte senza causale apparente, ed effettuando investimenti immobiliari attraverso una società appositamente costituita, la Borgo Musolino s.r.l..

3.1.3. In particolare, Le indagini avevano consentito di accertare:

  • che il S., attraverso la (OMISSIS) S.r.L e la Goldinox (Consultoria, altra società del gruppo (OMISSIS), partecipata da (OMISSIS) S.r.l.), aveva acquistato, a partire dai 2009, quote (per un valore di 5 milioni di Euro) nel fondo chiuso DGPA Capital. I versamenti nel fondo erano stati eseguiti dopo la quotazione di (OMISSIS) S.p.a. e prima del fallimento della medesima società (21.1.2013).
  • che il trasferimento del danaro derivante dalla quotazione in borsa di (OMISSIS) S.p.a. era avvenuto in due tranche, il 19.3.2007 e il 10.4.2007;

  • che la Goldinox aveva effettuato il primo versamento nel fondo il 6.12.2007, continuando i versamenti fino al 4.8.2008; il 3.11.2008 (OMISSIS) S.A veniva italianizzata, divenendo (OMISSIS) S.r.l.;

-che il 20.7.2009 (OMISSIS) S.r.l. aveva effettuato un primo versamento nel fondo, continuando i versamenti fino al 15.10.2012;

  • che il 25.6.2016 il S. aveva effettuato personalmente un versamento di circa 326 mila Euro;
  • che 1.8.2014 e il 4.8.2015 sui conti correnti di (OMISSIS) S.r.l. erano stati accreditati, a titolo di rimborso di investimenti effettuati nel fondo chiuso DGPA, rispettivamente Euro 228.104,45 ed Euro 270.347,38. -che quest’ultimo importo era stato accreditato, lo stesso giorno 4 agosto 2015, sul c/c intestato ad (OMISSIS) S.r.l. acceso presso la banca Cariparma e contestualmente era stata prelevata la somma di Euro 265.000,00 accreditata a titolo di ‘apporto capitale nuovi investimenti’ sul c/c Cariparma di Milano di (OMISSIS) S.r.l.;

  • che il 23.10.2015 veniva costituita la società Borgo Musolino S.r.l. ove il S. rivestiva il ruolo di amministratore unico e legale rappresentante. Il 12.11.2015 Borgo Musolino S.r.l. concludeva un contratto preliminare di acquisto – ad effetti anticipati – di un compendio immobiliare per il prezzo di Euro 750.000,00. -che La Borgo Musolino, infine, era stata dotata delle risorse finanziarie necessarie per l’avvio dell’investimento immobiliare attraverso articolate movimentazioni bancarie provenienti dalle altre società controllate dal S..

  • 4.In punto di esigenze cautelari, il Tribunale esclude il pericolo di fuga, ma rileva, sotto il profilo social preventivo, che la vicenda processuale appare espressione di particolare pervicacia criminale, a partire da quanto emerso sul conto del S. nel separato procedimento per bancarotta. I giudici territoriali richiamano al riguardo, le proprie precedenti ordinanze, ove si era già messo in evidenza come l’indagato avesse creato ‘una vera e propria galassia di imprese, dimostrando un’elevatissima capacità di gestione delle stesse nel suo personale interesse ed una altrettanto elevata capacità di manovrare gli amministratori formali e i collaboratori per i propri fini illeciti. La sistematicità, la spregiudicatezza e la capacità mostrate dal S. nel depauperare le società (OMISSIS) S.p.A. e Aicon Yachts S.p.A. rivelavano ‘la negativa personalità dell’indagato, e convincono circa la sussistenza di un attuale e concreto pericolo di reiterazione criminosa specifica, sotto il profilo della capacità a delinquere. In questo senso sono certamente pregnanti le vicende concernenti la quotazione in borsa di (OMISSIS) S.p.A. e il successivo trasferimento dei proventi all’estero’, cui ha fatto seguito, come è stato accertato nel presente procedimento, una attività di auto riciclaggio’: ‘L’escalation criminale sopra rappresentata dunque – scrivono i giudici territoriali-, rende concreto e attuale il pericolo di reiterazione criminosa, essendo altamente probabile che il S., ove non sottoposto ad intervento cautelare, possa proseguire nella sua attività di ripulitura attraverso l’investimento di ulteriori somme di provenienza delittuosa’ (e qui compare il riferimento ad una oscura vicenda di rimborsi I.V.A. a favore della soc. DIC s.r.l. compresa nella galassia societaria gestita dal S. e oggetto di separate indagini).

    4.1.Peraltro, in relazione ai paventati ulteriori interventi di ripulitura, sarebbe ravvisabile anche il pericolo di inquinamento probatorio, esteso al prevedibile sviluppo delle indagini. Osserva a quest’ultimo proposito, il Tribunale, che il S. in occasione del colloquio carcerario con i familiari del giorno 28.2.201, aveva portato dei fogli manoscritti da consegnare ai suoi interlocutori, contenenti, tra l’altro, degli ‘appunti’ concretanti delle vere e proprie istruzioni operative relative alla gestione delle sue attività: ‘amministratore DIC S.r.l., credito DIC ; pag. carta credito personale; pagamenti (OMISSIS) s.r.l. ed altro; il materiale era stato sottoposto a sequestro dalla Guardia di Finanza con verbale del 28.2.2017. Le precedenti considerazioni guidano i giudici del riesame anche nella conferma dell’esclusiva idoneità della più severa misura custodiale a garantire le esigenze social preventive e probatorie tutelate dall’art. 274, lett. a) e c). ‘E’ di tutta evidenza- si legge nell’ordinanza impugnata- come il comportamento tenuto dal S. in costanza di misura inframuraria denoti l’allarmante e concreto pericolo che lo stesso, ove sottoposto a misura domiciliare, sicuramente potrebbe continuare a gestire i propri interessi, anche tramite i familiari, così concretizzandosi i pericoli che intervento cautelare intende scongiurare.

    Ritiene il Collegio che misura adeguata a contenere siffatti pericoli sia quella in atto, l’unica in grado di impedire al S. di reiterare condotte volte ad approfondire l’offesa al bene giuridico che sì intende tutelare e ad evitare una interferenza, anche tramite terzi, nell’attività di acquisizione delle prove. L’applicazione della misura degli arresti domiciliari, anche con il c.d. braccialetto elettronico -il quale vale a segnalare unicamente la violazione del divieto di allontanamento dal domicilio – non impedirebbe al S., anche tramite i familiari ove fosse disposto il divieto di comunicazione, con qualsiasi mezzo, con soggetti diversi da quelli che con lui coabitano – di proseguire nella propria attività illecita.

    Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’indagato, avv.ti Nino Parisi e Gaetano Barresi, deducendo, nel complesso, i seguenti motivi, la cui formulazione è preceduta da una dettagliata rassegna dei momenti salienti delle indagini preliminari e da un altrettanto ampio riepilogo delle varie vicende societarie considerate dall’accusa:

    Violazione e falsa applicazione dell’art. 648 ter 1 c.p.. Il Tribunale del riesame avrebbe sviluppato un percorso argomentativo illogico e lacunoso nell’indagine sulla ritenuta sussistenza dei presupposti della norma incriminatrice, e cioè:

    -la provenienza delle ricchezze impiegate, sostituite o trasferite nelle varie operazioni societarie, fosse realmente riconducibile ad una precedente condotta antigiuridica (specifica);- l’identità tra il soggetto agente nel reato presupposto e, corrispettivamente, in quello di auto riciclaggio;

    • la destinazione dei presunti proventi illeciti in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative anzichè alla mera utilizzazione o godimento personali; -la concreta idoneità della condotta di auto riciclaggio ad ostacolare l’accertamento della provenienza illecita delle risorse impiegate. L’analisi dei singoli elementi costitutivi ‘positivi’ e ‘negativi’, della norma incriminatrice, è approfondita nelle pagine 17 e seguenti del ricorso. La conclusione, esplicitata all’inizio di pag. 23, è che il Tribunale del riesame non avrebbe effettivamente chiarito ‘quale condotta realizzata da S., nella qualità di legale rappresentante della Borgo Musolino s.r.l., possa essere annoverata tra quelle volte alla sostituzione e/o trasformazione di denaro di provenienza illecita.

    1.1. Da pag. 23 in poi del ricorso a firma dell’avv. Barresi, l’estensore si impegna quindi nell’indagine sul presunto reato presupposto, cioè la bancarotta per distrazione oggetto di procedimento separato a carico del S. in margine al fallimento della soc. (OMISSIS) S.p.a. E’ vero, riconosce la difesa, che il S. è stato tratto a giudizio per lo stesso reato, con riferimento alla presunta distrazione delle somme ricavate dalla vendita delle azioni (OMISSIS) S.p.a., ma, in realtà nessuna condotta distrattiva sarebbe ravvisabile a carico del ricorrente, essendo giuridicamente non contestabile che il ricavato dovesse confluire nelle casse della società venditrice, identificabile nell’allora (OMISSIS) SA, che peraltro all’epoca dei fatti sarebbe stata amministrata da un altro soggetto, il dr. V.P.. Queste valutazioni sarebbero state sottoposte all’attenzione del Tribunale della Libertà che aveva deciso sull’incidente cautelare relativo al procedimento per bancarotta, e sarebbero rimaste, ‘sostanzialmente’, non disattese dai giudici del riesame, talchè sarebbe improprio invocare, sul punto, il giudicato cautelare.

    1.2. Anche riguardo alla vicenda del fondo di investimento DGPA il provvedimento impugnato non avrebbe individuato chiaramente le condotte concretamente ostative all’accertamento della provenienza delittuosa dell’importo speso per le operazioni che avevano interessato il fondo. La difesa sottolinea che il primo versamento risale al 2006, epoca incompatibile con l’ipotesi delle provenienza delle somme dalla distrazione di risorse della fallita (OMISSIS) S.p.a.; che l’investimento era stato curato dal sunnominato dr. V., amministratore dell'(OMISSIS) SA dal 2006 al 2008; che il S. non avrebbe potuto operare sul fondo, non possedendo la necessaria qualifica di investitore qualificato, tanto che tutti i pagamenti erano stati eseguiti dalla (OMISSIS) s.r.l.; L’operazione integrante, secondo l’accusa, un atto di riciclaggio, sarebbe stata posta in essere anteriormente all’introduzione della fattispecie di cui all’art. 648 ter cod. pen.; il disinvestimento del fondo DGPA, infine, non sarebbe stato richiesto dal S., essendo provato dalla produzione documentale difensiva che l’operazione di distribuzione degli utili ai soci era stata curata dalla Style Capital. Sarebbe incongruo, poi, già alla stregua della logica comune, come sembra affermare la difesa (pag. 27 in fine ricorso Barresi)), identificare un fatto di auto riciclaggio nel trasferimento finale della modesta somma di Euro 6000 dal conto corrente di Banca Antonello da Messina intestato alla (OMISSIS) s.r.l., al conto corrente intestato alla Borgo Musolino s.r.l.. Ancora una volta, non sarebbe possibile rilevare l’effetto ‘ostruzionistico’ dell’operazione rispetto all’identificazione della provenienza delle somme; e il tribunale non avrebbe inoltre considerato che la Borgo Musolino s.r.l., non aveva nemmeno acquisito la proprietà del complesso immobiliare trattato con la soc. Sicilgraden, e non avrebbe considerato la rilevanza dell’intervento economico della DIC s.r.l., socio di maggioranza della Borgo Musolino s.r.l..

    violazione e falsa applicazione dell’art. 273 cod. proc. Pen.. Le deduzioni difensive procedono dalla citazione di cass. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000 Cc. (dep. 02/05/2000) Rv. 215828, Audino, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate.

    2.1. Ne deriverebbe l’estensione del controllo di legittimità anche agli elementi fattuali, quando debba ritenersi che la ricostruzione dei fatti operata dal giudice del riesame sia inficiata da documentati travisamenti. Tanto premesso, la difesa rileva che il Tribunale avrebbe ignorato la documentazione prodotta dalla difesa a sostegno delle ragioni del ricorrente, dalla quale si evincerebbe, tra l’altro, l’erroneità dell’attribuzione alla (OMISSIS) s.r.l. del ruolo di testa di ponte tra l'(OMISSIS) s.r.l. e la Borgo Musolino s.r.l. (vedi amplius, pagg. 29 e 30 del ricorso); così come avrebbe ignorato la produzione documentale della difesa relativa all’impiego delle somme versate. -in occasione del rimborso del fondo DGPA- da (OMISSIS) s.r.l. ad (OMISSIS) s.r.l. per il pagamento dei creditori ‘diretti’ di quest’ultima società. In sostanza, deduce la difesa, dalle evidenziate movimentazioni bancarie si ricaverebbe una situazione di assoluta incertezza in ordine al fatto che le somme giro contate nel Gennaio 2016 da (OMISSIS) S.r.l. dal conto Cariparma al Conto Banca Antonello da Messina, fossero effettivamente quelle provenienti dal disinvestimento del fondo DGPA. Peraltro, il Tribunale avrebbe errato nel quantificare in Euro 5.000.000,00 l’imporro complessivo degli originari investimenti nel fondo, ammontante, piuttosto ad Euro 2.000.000,00 come chiarito dal S. nel corso del suo interrogatorio di garanzia.

    2.2.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. a) e c), in relazione alla valutazione della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari. In sostanza, le valutazioni del tribunale di discosterebbero dalle indicazioni normative legate alla recente riforma operata dal legislatore in materia di misure cautelari personali con la L. n. 47 del 2015. La difesa cita Cass. Sez. 2, Sentenza n. 50343 del 03/12/2015 Cc. (dep. 22/12/2015) Rv. 265395 secondo cui In tema di esigenze cautelari, l’art. 274 c.p.p., lett. C), nel testo introdotto dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti debba essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie di quello per il quale si procede.; e Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016) Rv. 265618 P della quale è trascritto il seguente passaggio motivazionale: la ratio dell’intervento legislativo….è da ricercare nella necessità di chiedere al giudice un maggiore e più compiuto sforzo motivazionale quanto all’individuazione delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen., in ordine alle quali, pertanto, non risulta più sufficiente uno specifico vaglio circa il requisito della concretezza, ma se ne impone anche un altro, di pari spessore argomentativo, in merito al connesso profilo dell’attualità. Di talchè, in relazione alla valutazione del pericolo di reiterazione, si rende imprescindibile un giudizio prognostico basato su dati concreti necessariamente considerati nell’attualità, dal momento che i parametri individuati dalla norma hanno la specifica funzione di evitare che la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari possa essere correlata, astrattamente, al solo titolo del reato contestato.

    2.1.21. D’altra parte, osserva la difesa, la valutazione delle esigenze cautelari non può derivare dalla sovrapposizione della gravità indiziaria al periculum libertatis. In concreto, l’attualità delle esigenze cautelari sarebbe stata tratta dal Tribunale del riesame da alcune annotazioni scritte del ricorrente contenenti indicazioni ai familiari per la gestione della società, ma, osserva la difesa, tali annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal S. altro non sarebbe che ‘la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto’.

    violazione dell’art. 275 c.p.p., commi 1 e 2, in relazione al principio di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari. Non si comprenderebbe, secondo la difesa, come, nel caso di specie, il tribunale di Messina ‘abbia potuto ravvisare la concreta proporzionalità tra i fatti di reato contestati al S. e la misura custodiale in carcere stante la totale assenza di gravi indizi di colpevolezza e di elementi in grado di comprovare la proclività a commettere reati e la sistematicità della condotta delittuosa. Il Tribunale avrebbe inoltre trascurato le gravi conseguenze che potrebbero derivare al figlio minore del ricorrente per il prolungarsi dello stato di detenzione carceraria del padre. Il bambino soffrirebbe, infatti, di un disturbo dello spettro autistico ad elevato funzionamento cognitivo e disprassia evolutiva, che si sarebbe notevolmente aggravato dall’inizio dell’esperienza carceraria del ricorrente, per l’impossibilità di avvalersi del necessario supporto di entrambe le figure genitoriali di riferimento.

    Violazione e falsa applicazione dell’art. 274, comma 1, lett. a) e c), in relazione alla valutazione della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari. In sostanza, le valutazioni del tribunale si discosterebbero dalle indicazioni normative legate alla recente riforma operata dal legislatore in materia di misure cautelari personali con la L. n. 47 del 2015. La difesa cita Cass. Sez. 2, Sentenza n. 50343 del 03/12/2015 Cc. (dep. 22/12/2015) Rv. 265395 l’art. 274 c.p.p., lett.), nel testo introdotto dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui è onere del giudice motivare sull’esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati della stessa specie di quello per il quale si procede; e Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016) Rv. 265618. della quale è trascritto il seguente passaggio motivazionale: la ratio dell’intervento legislativo…. è da ricercare nella necessità di chiedere al giudice un maggiore e più compiuto sforzo motivazionale quanto all’individuazione delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., in ordine alle quali, pertanto, non risulta più sufficiente uno specifico vaglio circa il requisito della concretezza, ma se ne impone anche un altro, di pari spessore argomentativo, in merito al connesso profilo dell’attualità. Di talchè, in relazione alla valutazione del pericolo di reiterazione, si rende imprescindibile un giudizio prognostico basato su dati concreti necessariamente considerati nell’attualità, dal momento che i parametri individuati dalla norma hanno la specifica funzione di evitare che la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari possa essere correlata, astrattamente, al solo titolo del reato contestato.

    3.1. D’altra parte, osserva la difesa, la valutazione delle esigenze cautelari non può derivare dalla sovrapposizione della gravità indiziaria al periculum libertatis. In concreto, l’attualità delle esigenze cautelari sarebbe stata tratta dal Tribunale del riesame da alcune annotazioni scritte del ricorrente contenenti indicazioni ai familiari per la gestione della società, ma, osserva la difesa, tali annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal S. altro non sarebbe che ‘la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto’.

    violazione dell’art. 275 c.p.p., commi 1 e 2, in relazione al principio di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari. Non si comprenderebbe, secondo la difesa, come, nel caso di specie, il tribunale di Messina ‘abbia potuto ravvisare la concreta proporzionalità tra i fatti di reato contestati al S. e la misura custodiale in carcere stante la totale assenza di gravi indizi di colpevolezza e di elementi in grado di comprovare la proclività a commettere reati e la sistematicità della condotta delittuosa. Il Tribunale avrebbe inoltre trascurato le gravi conseguenze che potrebbero derivare al figlio minore del ricorrente per il prolungarsi dello stato di detenzione carceraria del padre. Il bambino soffrirebbe, infatti, di un disturbo dello spettro autistico ad elevato funzionamento cognitivo e disprassia evolutiva, che si sarebbe notevolmente aggravato dall’inizio dell’esperienza carceraria del ricorrente.

    Ai ricorsi principali ha fatto seguito il deposito di motivi aggiunti, corredati di copiosa documentazione sulle vicende societarie di interesse.

    Motivi della decisione

    1.Vanno preliminarmente disattese le deduzioni difensive dirette ad insidiare la tenuta logico-giuridica del provvedimento impugnato sotto il profilo dell’apprezzamento della sussistenza del reato presupposto, la bancarotta fraudolenta contestata al S. in relazione al fallimento della soc. (OMISSIS) S.p.A.. E’ pacifico, infatti, che in ordine alla gravità indiziaria si sia formato, relativamente allo stesso reato, il giudicato cautelare; non è comprensibile, invece, come al giudicato possa essere sfuggita la considerazione difensiva secondo cui il provento della vendita delle azioni (OMISSIS) sarebbe in definitiva legittimamente confluito nelle casse della società venditrice, dal momento che proprio questa era la condotta distrattiva oggetto di contestazione. Il giudicato, cautelare o meno, inoltre, si forma non sui singoli argomenti proposti dalle parti, ma sul nucleo centrale dell’accusa, assorbite tutte le questioni difensive incompatibili con il contenuto della decisione, e nella specie esso ha sancito una fraudolenta distrazione patrimoniale ai danni dei creditori della fallita.

    1.1. Senza dire che le valutazioni difensive, inutilmente supportate dalla produzione documentale allegata ai motivi aggiunti, dovrebbero fare i conti con il principio secondo cui nell’ipotesi di pluralità di società collegate ovvero controllate da un’unica società ‘holding’, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed autonoma qualità di imprenditore, rispondendo con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti (Sez. 1, Sentenza n. 23344 del 18/11/2010 (Rv. 614736 – 01) con la conseguenza che operazioni infragruppo che incidano sull’equilibrio economico della singola società compromettendo la garanzia patrimoniale dei suoi creditori non possono essere considerate lecite in una malintesa logica ‘di gruppo’, a meno che non siano ravvisabili vantaggi compensativi per la società interessata.(cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16206 del 02/03/2017 Ud. (dep. 31/03/2017) Rv. 269702, proprio in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, secondo cui la natura distrattiva di un’operazione infra- gruppo può essere esclusa solo in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali; Sez. 5, Sentenza n. 46689 del 30/06/2016 Ud. (dep. 08/11/2016) Rv. 268675, dove la precisazione che per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata).

    1.1.1. Ed è persino superfluo aggiungere che la collocazione sul mercato di azioni di una società quotata ‘controllata’, e la destinazione del ricavato alla società controllante, non sembrano affatto rispondere ad accettabili criteri di gestione infragruppo, derivandone una de-patrimonializzazione immediata ed originaria della controllata; ma tanto può bastare, considerando l’incidentalità dell’incursione sul tema della gravità indiziaria per il reato presupposto a fronte della specifica preclusione processuale.

    Tanto premesso sul reato presupposto, va rilevato che le censure difensive che fanno leva sui tratti distintivi del delitto di auto riciclaggio, sono in parte generiche ed astratte, in parte non pertinenti. A quest’ultimo riguardo non si comprende, invero, il richiamo difensivo alla necessaria identità del soggetto responsabile del reato presupposto e dell’autore delle condotte di autoriciclaggio, dal momento che, nella specie, l’accusa attribuisce tutte le condotte al ricorrente; non si comprende nemmeno la sottolineatura della condizione ‘negativa’ dell’incriminazione ex art. 648 ter c.p., comma 1, cioè che i beni, il denaro o le utilità oggetto della condotta punibile non siano destinati alla mera utilizzazione o godimento personale dell’agente, considerando che, secondo l’ipotesi accusatoria, il provento della distrazione del ricavato della vendita delle azioni (OMISSIS) è stato impiegato in operazioni societarie inequivocabilmente speculative, imprenditoriali o finanziarie (le più rilevanti, la smobilizzazione del fondo DGPA e l’investimento immobiliare attraverso la Borgo Musolino s.r.l.), non per la soddisfazione delle esigenze personali del S..

    2.1. Anche in ordine al requisito della ‘concretezza’ delle condotte di auto riciclaggio in contestazione, cioè della loro effettiva idoneità ad occultare la provenienza delle somme impiegate dal S. nelle varie operazioni finanziarie o imprenditoriali sottolineate dall’accusa, le deduzioni difensive si rivelano infondate. Va premesso al riguardo, che le valutazioni del caso debbono essere orientate da un criterio ex ante; è persino ovvio, infatti, che nel momento in cui in qualunque contesto di indagine sia identificata un’operazione finanziaria o imprenditoriale sospetta, si abbia remersione’ dell’attività di occultamento, senza tuttavia che ciò possa escludere, a posteriori, il requisito della concretezza, a meno di non voler ritenere che l’art. 648 ter c.p., comma 1 prefiguri un’incriminazione impossibile.

    2.1.1. Nella specie, va sottolineato che gli scopi delle spregiudicate manovre finanziarie del S. sono state rivelate anche da fonti dichiarative; che gli intrecci societari posti in essere dall’indagato hanno disperso in parecchi rivoli il contestato reimpiego delle somme provenienti dalla vendita delle azioni (OMISSIS); e, infine, che la stessa diversificazione e frammentazione dei reimpieghi era idonea ad ostacolare le indagini. Tanto hanno in sostanza correttamente ritenuto i giudici territoriali con la dettagliata sottolineatura delle varie operazioni finanziarie e dell’apparente assenza di causale di alcuni giroconti bancari.

    Quanto al profilo ‘intertemporale’, va rilevato che il delitto di cui all’art. 648 ter c.p., comma 1, pur essendo a consumazione istantanea, è reato a forma libera e può anche atteggiarsi a reato eventualmente permanente quando il suo autore lo progetti ed esegua con modalità frammentarie e progressive. Tali principi sono stati affermati dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento all’analoga fattispecie di cui al reato di cui all’art. 648 bis cod. pen. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29611 del 27/04/2016 Cc.; vedi anche Cass. Sez. 6, Sentenza n. 13085 del 03/10/2013 Ud. (dep. 20/03/2014) Rv. 259487 dove la precisazione che qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, e dunque anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato e acceso presso un diverso istituto di credito, assume autonoma rilevanza penale, non potendo essere considerato come ‘post factum’ non punibile); ma sono sicuramente applicabili anche al reato di auto riciclaggio. Basta per il resto aggiungere che numerose operazioni finanziarie e bancarie sono state poste in essere dal S. dopo l’entrata in vigore della nuova norma incriminatrice.

    Alla luce della solida base teorico-fattuale dell’ordinanza impugnata vanno valutate tutte le altre deduzioni difensive; contrariamente a quanto sostiene la difesa, i giudici territoriali hanno espressamente considerato la posizione del dr. V.P., relegandola in una dimensione di assoluta marginalità rispetto all’indubbio protagonismo ‘effettivo’ del S. (vedi pag. 6 dell’ordinanza impugnata); come hanno espressamente considerato l’intervento della DIC s.r.l. nel finanziamento dell’operazione immobiliare Borgo Musolino, rilevando che si trattò di un intervento ‘concorrente’ e non esclusivo; la questione del difetto, in capo al S. della qualificazione professionale per operare sul conto DGPA è posta dalla difesa in modo alquanto confuso (oltre che assertivo), dal momento che detta qualificazione è riconosciuta alla (OMISSIS) s.r.l., di cui il S. era amministratore, essendo peraltro ovvio che altro sarebbe la ‘legittimazione’ ad operare, altro l’effettivo operare, magari incorrendo nella violazione di divieti di legge; non è comprensibile la rilevanza del presunto errore in cui sarebbero incorsi i giudici territoriali nel quantificare l’importo complessivo degli originari investimenti nel fondo DGPA; La somma di Euro 6000, su cui la difesa appunta il rilievo della sua sproporzione per difetto a fronte -sembrerebbe di capire- dell’intrinseca dimensione economica del reato di auto riciclaggio, è solo una voce del ben maggiore importo complessivo delle operazioni in contestazione, e la relativa operazione si inserisce peraltro coerentemente nell’ipotesi accusatoria della multipla frammentazione dei reimpieghi; la questione del saldo attivo (OMISSIS) è, infine, altrettanto sfuggente e, inoltre, risulta formulata in modo non del tutto corrispondente alle valutazioni del Tribunale (pag. 9 in fine) che se ne occupa più che altro per escludere che la somma di provenienza illecita fosse stata interamente consumata per saldare i debiti di (OMISSIS) S.p.A..

    4.1. Ma è vero anche, più in generale, a quest’ultimo riguardo, che la questione della destinazione delle somme gestite dal S., una volta esclusi l’utilizzazione o il godimento personale, assume ben poco rilievo rispetto al tema centrale della loro provenienza. E’ del tutto ovvio, infatti, che gli impieghi previsti dall’art. 648 ter c.p., comma 1 siano in sè leciti, trattandosi nulla più che di attività di investimento finanziario, speculativo o imprenditoriale; ed è altrettanto ovvio, che l’intrinseca neutralità degli impieghi sia, anzi, funzionale all’occultamento. Sotto questo profilo, vanno valutati il rimborso dei conferimenti al fondo DGPA, o l’operazione immobiliare fondo Musolino, e sotto questo profilo si trae conferma della gravità indiziaria per il delitto di auto riciclaggio, una volta che debba ritenersi, ovviamente in ottica cautelare, che in entrambi i casi furono impiegate risorse illecitamente sottratte al fallimento (OMISSIS).

    Non migliore considerazione meritano le censure difensive relative alla valutazione delle esigenze cautelari. La difesa si impegna, più che altro, nella ricostruzione dogmatica del sistema delineato dalla novella del 2015, con citazioni giurisprudenziali non sempre realmente confacenti allo scopo e a volte oggetto di una lettura alquanto parziale e comunque quasi mai rapportata in concreto al costrutto argomentativo dell’ordinanza impugnata.

    5.1. Sotto il primo aspetto, va rilevato che si sta ormai consolidando un indirizzo di legittimità (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11511 del 14/12/2016 Cc.), secondo cui in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisitoò dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274 c.p.p., lett. c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare; si tratta di un arresto che corregge l’indirizzo eccessivamente rigoroso, al quale sembra riferirsi la difesa, che vorrebbe individuare il requisito dell’attualità in un’occasione immediata e prossima di ricaduta nel crimine.

    5.1.1. Non diversamente può desumersi, però, da Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3043 del 27/11/2015 Cc. (dep. 22/01/2016) Rv. 265618, fortemente sottolineata dalla difesa, che nella parte ‘trascurata’ dai ricorsi ribadisce che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art. 274 c.p.p., lett. c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta invece ad indicare la continuità del ‘periculum libertatis’ nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare.

    5.2. Sotto il secondo aspetto, dell”attacco’ ai concreti elementi del periculum libertatis sottolineati dal Tribunale, si registrano rilievi difensivi in generale alquanto deboli e volte di lettura decisamente problematica, com’è a dire di quello secondo cui le istruzioni scritte sulla gestione delle varie società che il S. aveva cercato di veicolare ai congiunti in occasione di un colloquio carcerario, sarebbero irrilevanti perchè ‘le annotazioni risultano vergate sul retro delle pagine dell’ordinanza cautelare e lo schema realizzato dal S. altro non sarebbe che ‘la ricostruzione di quanto rappresentato dal Gip nel predetto atto’.

    5.3.Non solo, ma dopo aver infondatamente rimproverato al Tribunale di avere sovrapposto il profilo della gravità indiziaria a quello delle esigenze cautelari, la difesa rileva, contraddittoriamente, nella parte dedicata all’adeguatezza e alla proporzionalità della misura carcerarla, che non si comprenderebbe come nel caso di specie il Tribunale di Messina abbia potuto ravvisare la sussistenza di tali requisiti- ‘stante la totale assenza di gravi indizi di colpevolezza’ (che implicherebbe non una questione di scelta, ma di inesistenza in radice dei presupposti applicativi di qualunque misura restrittiva, non potendo la questione della sovrapposizione essere oggetto di valutazioni opposte a seconda di questo o quell’angolo visuale).

    La verità è che le valutazioni del Tribunale sul tema del periculum libertatis, quali si sono diffusamente ricordate ai punti 4 e 4.1. del ritenuto in fatto, sono particolarmente incisive e approfondite, e perfettamente adeguate al più stringente obbligo di motivazione imposto in materia dalla recente novella, non lasciando molto spazio alla difesa.

    6.1. E’ vero poi che il Tribunale non indugia sulle negative ripercussioni, per il figlio del ricorrente, dello stato di detenzione carceraria del padre, ma a parte che la decisa sottolineatura, da parte dei giudici territoriali, di pressanti esigenze cautelari, assorbirebbe comunque ogni altro profilo di valutazione (specie se non incidente, per sè, sul quadro cautelare, non essendovi ovviamente alcun rapporto tra i problemi del minore e la pericolosità dell’indagato), non sembrano nemmeno individuabili, alla stregua delle deduzioni difensive, le specifiche situazioni familiari normativamente incidenti sul regime cautelare.

    Alla stregua delle precedenti considerazioni va pronunciato il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

    P.Q.M.

    rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter

    Leave a Reply

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *