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1. Il collegio ritiene che il principio giurisprudenziale che piu’ si attaglia alla fattispecie in esame sia quello recentemente espresso, in un caso analogo, da Sez. 2, n. 34825 del 08/04/2016, Rv. 267848, secondo cui non e’ abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiari la nullita’ del decreto di citazione a giudizio per l’indeterminatezza del contenuto descrittivo dell’imputazione e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, poiche’, quand’anche illegittimo per le ragioni ad esso sottostanti, esso costituisce comunque esplicazione di un potere riconosciuto dall’ordinamento; in altri termini, un tale provvedimento non presenta i caratteri dell’abnormita’, perche’ non determina alcuna stasi del procedimento.
1.1. Tale orientamento si pone in sostanziale consonanza con altro orientamento, anch’esso recente, secondo cui, in caso di genericita’ o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullita’ del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’articolo 429 c.p.p., comma 2, (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’articolo 552 c.p.p., comma 2), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, non essendo estensibile, alla fase dibattimentale, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare il p.m. alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell’imputazione (Sez. 6, n. 23832 del 12/05/2016, Rv. 267035).
1.2. Di conseguenza, questo collegio condivide, in particolare, i rilievi che la richiamata giurisprudenza muove all’opposto indirizzo di legittimita’, (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 27961 del 31/05/2016, Rv. 267388, Sez. 5, n. 35744 del 19/05/2015, Rv. 266415, Sez. 1, n. 39234 del 14/03/2014, Rv. 260512) secondo il quale e’ invece abnorme, perche’ in contrasto con le esigenze di ragionevole durata del processo, l’ordinanza del giudice del dibattimento che, nell’ipotesi di genericita’ o indeterminatezza dell’imputazione, restituisce gli atti del pubblico ministero senza averlo preventivamente sollecitato ad integrare o precisare la contestazione. Invero, queste ultime pronunce paiono al Collegio fondate sul principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite con la sentenza 5307 del 20.12.2007, Battistella, Rv. 238239, per l’udienza preliminare, e ne argomentano l’applicabilita’ anche al diverso caso del dibattimento, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della necessita’ di evitare indebite regressioni del procedimento che possano alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica. E, come condivisibilmente evidenziato nella sentenza della Sez. 6, n. 23832 del 12/05/2016, Rv. 267035, la richiamata pronuncia delle SS.UU. si fonda sull’assunto che l’udienza preliminare ha una funzione peculiare rispetto al dibattimento; e trae da tale diversita’ funzionale la ragione anche della diversa disciplina processuale: che impone, in entrambe le fasi, l’enunciazione (tra l’altro) del fatto in forma chiara e precisa (articolo 417 c.p.p., comma 1, lettera b; articolo 429 c.p.p., comma 1, lettera c), ma sanziona l’inosservanza con la nullita’ dell’atto solo per il decreto che dispone il giudizio (articolo 429, comma 2; nonostante vi siano previsioni espresse di nullita’ anche per la richiesta di rinvio a giudizio: articolo 416, comma 1). La richiamata peculiarita’ dell’udienza preliminare si giustifica in relazione alla sua “fluidita’”, finalizzata, da un lato, ad assicurare l’adeguamento dell’addebito a quanto emerge dagli atti, anche attraverso i meccanismi correttivi fisiologici, e, dall’altro, a condurre ad un’imputazione definitiva, “stabilizzata”, un “addebito che si cristallizza solo con il decreto che dispone il giudizio”, che fissa il thema decidendum in termini idonei a “reggere l’urto della verifica preliminare di validita’ nella fase introduttiva del dibattimento”.
1.3. Le argomentazioni svolte dalle Sezioni unite per la soluzione adottata per l’udienza preliminare non sono, dunque, ad avviso del Collegio, estensibili alla fase del dibattimento: e’ vero che anche in tale fase sono possibili modifiche o integrazioni dell’imputazione (articoli 516 e 518 cod. proc. pen.), con restituzione in termini per l’esercizio di alcune facolta’: ma si tratta non di dare determinatezza a cio’ che non l’aveva originariamente, bensi’ di situazioni di fatto ben delineate nella prospettazione originaria del proprio contenuto che risultano poi superate dagli accadimenti istruttori.
1.4. E comunque, dirimente appare il rilievo secondo il quale, quand’anche illegittimo, il provvedimento di cui si discute non puo’ determinare alcuna stasi del procedimento, sicche’ esso non presentai caratteri dell’abnormita’.
2. Il ricorso del pubblico ministero, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile, mancando il necessario presupposto di ricorribilita’.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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