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Ancora, considerazioni analoghe a quelle finora richiamate sono alla base pure del parallelo orientamento che ha sempre affermato che la sentenza (o il decreto ingiuntivo) recante condanna del condominio, per un credito vantato da chi abbia contratto con l’amministratore, equivalga a sentenza di condanna, e quindi funga da titolo esecutivo, nei confronti di tutti i condomini (a prescindere dal diverso profilo dell’attuazione solidale o parziaria), anche se essi non abbiano assunto le vesti di parti “in senso formale” del giudizio promosso dal terzo creditore nei confronti dell’amministratore, per non esser stati personalmente evocati in giudizio, e quindi non siano neppure individuati nominativamente nel provvedimento condannatorio (Cass., Sez. 3, 29/09/2017, n. 22856; Cass., Sez. U, 08/04/2008, n. 9148; Cass. Sez. 2, 14/10/2004, n. 20304; Cass. Sez. 2, 14/12/1982, n. 6866; Cass. Sez. 2, 11/11/1971, n. 3235). Questo specifico aspetto della piu’ complessa questione andrebbe, peraltro, ora verificato anche alla luce del vigente articolo 63 disp. att. c.c., comma 2 (introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), il quale fa divieto ai creditori di agire nei confronti degli obbligati in regola coi pagamenti se non dopo aver preventivamente escusso i condomini morosi. Se, infatti, tale beneficio d’escussione non si ritenesse efficace unicamente come limite alla fase esecutiva, quanto impeditivo gia’ dell’azione di condanna in sede di cognizione, potrebbe favorirne un’agevole elusione riaffermare genericamente che “conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore puo’ procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli”.
Peraltro, e’ stato contemporaneamente affermato il principio secondo cui, in caso di decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del condominio in persona dell’amministratore, ove il creditore voglia poi procedere in danno di un singolo condomino, quale obbligato pro quota, e’ necessaria la notifica del titolo a quest’ultimo, non operando la deroga di cui all’articolo 654 c.p.c., comma 2, in quanto “il Condominio e’ soggetto distinto da ognuno dei singoli condomini, ancorche’ si tratti di soggetto non dotato di autonomia patrimoniale perfetta, e l’articolo 654, comma 2, e’ da ritenere applicabile solo al soggetto nei confronti del quale il decreto ingiuntivo sia stato emesso ed al quale sia stato ritualmente notificato” (Cass., Sez. 6 – 3, 29/03/2017, n. 8150).
Quel che piu’, pero’, rileva, ai fini della questione di diritto posta dal ricorso incidentale di (OMISSIS), e’ l’ulteriore conseguenza applicativa della tradizionale impostazione dei rapporti processuali tra condominio, condomini e terzi, inerente, appunto, la legittimazione reciproca e sostituiva all’impugnazione spettante al singolo condomino. E’ stata infatti costantemente reputata ammissibile altresi’ l’impugnazione, da parte del singolo partecipante, della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, sull’assunto che il diritto di ogni partecipante al condominio ha per oggetto le cose comuni nella loro interezza, non rilevando, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione da parte dell’amministratore, senza alcuna necessita’ di integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellanti (o non ricorrenti), ne’ intervenienti, e senza che cio’ determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo (o di secondo) grado nei confronti di questi ultimi (cfr., ad esempio, Cass., Sez. 2, 16/12/2015, n. 25288; Cass. Sez. 2, 03/09/2012, n. 14765; Cass., Sez. 3, 16/05/2011, n. 10717; Cass., Sez. 2, 19/05/2003, n. 7827; Cass., Sez. 2, 28/08/2002, n. 12588; Cass., Sez. 2, 25/05/2001, n. 7130; Cass., Sez. 2, 30/03/2000, n. 3900; Cass., Sez. 2, 12/03/1994, n. 2392; Cass., Sez. 2, 21/06/1993, n. 6856). Sempre in coerenza con questo approccio interpretativo, proprio di recente, si e’ negato che la sentenza pronunciata nei confronti del condominio, in persona del suo amministratore, possa essere impugnata con l’opposizione ordinaria ex articolo 404 c.p.c., comma 1, dai singoli condomini, appunto perche’ questi non potrebbero dirsi terzi titolari di un diritto autonomo rispetto alla situazione giuridica affermata con tale decisione, la quale, piuttosto, fa stato anche nei loro confronti, benche’ non intervenuti in giudizio (Cass. Sez. 2, 21/02/2017, n. 4436).
Un limitato distinguo veniva posto dal cospicuo indirizzo ad avviso del quale dovrebbe soltanto escludersi la legittimazione processuale del singolo condomino, sia pure in caso di inerzia dell’amministratore, allorche’ si controverta su deliberazioni dell’assemblea che perseguano esclusivamente finalita’ di gestione di un servizio comune, in quanto non idonee ad incidere, se non in via mediata, sull’interesse esclusivo di uno o piu’ partecipanti (in tal senso, Cass., Sez. 2, 21/09/2011, n. 19223; Cass., Sez. 2, 04/05/2005, n. 9213; Cass., Sez. 2, 03/07/1998, n. 6480; Cass., Sez. 2, 29/08/1997, n. 8257; Cass., Sez. 2, 12/03/1994, n. 2393). Altrimenti si e’ professata una generale ed indistinta legittimazione di ciascun condomino ad impugnare una sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore, al fine di evitare gli effetti sfavorevoli della stessa, affermandosi che sia priva di qualsiasi fondamento normativo quella distinzione tra incidenza immediata, oppure mediata, sulla sfera patrimoniale del singolo, derivante dalla caducazione di una decisione sulla gestione della cosa comune, operata allo scopo di identificare, appunto, i soggetti legittimati al relativo gravame (Cass. Sez. 2, 06/08/2015, n. 16562).
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