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1. Il ricorso e’ infondato e va rigettato.
1.1. Le doglianze concernenti l’asserita innocuita’ del falso e la mancanza di dolo sono infondate.
E’ pacifico che le modifiche o le aggiunte in un atto pubblico, dopo che e’ stato regolarmente e definitivamente formato, integrano un falso punibile anche quando il soggetto abbia agito per stabilire la verita’ effettuale del documento; tuttavia ai fini della punibilita’ occorre che le aggiunte successive non si identifichino in mere correzioni o integrazioni che, lungi dal modificare l’elemento contenutistico dell’atto, gia’ formalmente perfetto, siano invece dirette a completamento essenziale del relativo procedimento di formazione (ex multis, Sez. 5, n. 23327 del 02/04/2004, Ferraro, Rv. 228869).
Nel caso in esame, tuttavia, la sentenza impugnata ha evidenziato che le “integrazioni” con le quali l’imputato ha modificato il testo dei verbali di campionamento erano di carattere contenutistico, non gia’ formale, essendo consistite nella cancellazione di alcune aliquote del campione, in modo da far risultare la c.d. analisi unica garantita, anziche’ un campionamento con quattro aliquote; modifiche, dunque, che hanno determinato una alterazione del significato rappresentativo dell’atto.
Esclusa l’innocuita’ del falso, peraltro, la Corte territoriale ha affermato la sussistenza del dolo di fattispecie, rilevando che la grossolanita’ e/o frettolosita’ delle alterazioni non escludevano l’elemento soggettivo, che era anzi desumibile dalla modifica della procedura di verifica microbiologica e dal ritorno, dopo alcune ore, presso l’azienda oggetto di verifica con la scusa di dover correggere un mero errore sulla data.
Al riguardo, va rammentato che il delitto di falso materiale in atto pubblico (articolo 476 c.p.) e’ punito a titolo di dolo generico. Per la configurabilita’ dell’elemento soggettivo e’ sufficiente la sola coscienza e volonta’ dell’alterazione del vero, indipendentemente dallo scopo che l’agente si sia proposto, e anche se sia incorso nella falsita’ per ignoranza e per errore, cagionato da una prassi o per rimediare a un precedente errore, con la convinzione di non produrre alcun danno (Sez. 5, n. 2487 del 17/11/1998, dep. 1999, Marino, Rv. 212723; Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264: “ai fini dell’integrazione del delitto di falsita’ materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (articolo 476 c.p.), l’elemento soggettivo richiesto e’ il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della “immutatio veri”, non essendo richiesto l'”animus nocendi vel decipiendi”; non si tratta, tuttavia, di un dolo “in re ipsa”, in quanto deve essere provato, dovendosi escludere il reato quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente”).
Tanto premesso, nel caso in esame e’ stato escluso qualsiasi connotato colposo nella condotta dell’agente, che volontariamente i verbali di campionamento.
1.2. Manifestamente infondata e’, invece, mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in caso di riforma della precedente sentenza assolutoria.
Invero, il principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice di appello che riformi la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilita’ di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, e’ obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489), si riferisce alla diversa valutazione probatoria di una fonte dichiarativa decisiva; nel caso in esame, al contrario, la riforma della pronuncia assolutoria non e’ stata basata sul diverso apprezzamento di una fonte dichiarativa – nell’assunto difensivo, il teste (OMISSIS) -, bensi’ su una diversa interpretazione della fattispecie concreta, fondata sulla medesima piattaforma probatoria, e su una valutazione logica e complessiva dell’intero compendio probatorio.
In altri termini, l’obbligo di rinnovazione diviene attuale solo allorquando venga in rilievo un diverso apprezzamento dell’attendibilita’ di una prova dichiarativa, non, altresi’, quando la valutazione di attendibilita’ rimanga inalterata, mutando, come nel caso in esame, la valutazione del compendio probatorio o l’interpretazione della fattispecie incriminatrice.
In tal senso, del resto, e’ la stessa giurisprudenza della Corte EDU che ha delimitato l’obbligo di rinnovazione, affermando che “la valutazione dell’attendibilita’ di un testimone e’ un compito complesso che di solito non puo’ essere soddisfatto da una semplice lettura delle sue dichiarazioni” (Corte EDU, Sez. 3, 14 giugno 2011, Dan c/ Repubblica di Moldavia).
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