Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 14 novembre 2017, n. 51905. Abnorme il provvedimento del giudice di pace che disponga l’archiviazione per particolare tenuità del procedimento per minacce a fronte dell’interesse apertamente manifestato dalla vittima a che si tenga il giudizio

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2. L’esame del ricorso pone la questione dell’individuazione dei rimedi riconosciuti, nel procedimento davanti al giudice di pace, alla persona offesa che, pur risultando il suo interesse alla prosecuzione del procedimento (Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 34, comma 2), abbia visto il procedimento stesso archiviato per la particolare tenuita’ del fatto: la questione, in particolare, verte sul riconoscimento o meno dell’impugnabilita’ del decreto con ricorso per cassazione.
2.1. Con riferimento alla disciplina codicistica anteriore all’introduzione, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, comma 33, dell’articolo 410 bis c.p.p., l’assetto dei rimedi processuali riconosciuti nel sistema codicistico alla persona offesa rispetto al decreto di archiviazione adottato in assenza del preventivo avviso alla stessa ex articolo 408 c.p.p., comma 2, della richiesta del pubblico ministero si e’ consolidato intorno alla ricostruzione delineata dalla sentenza n. 353 del 1991 della Corte costituzionale. Rimarcato che “la legge riconosce espressamente alla persona offesa la legittimazione a ricorrere per cassazione contro l’ordinanza di archiviazione pronunciata dal giudice per le indagini preliminari in esito all’udienza in camera di consiglio celebrata senza che di tale udienza le sia stato dato avviso”, la Corte si e’ posta l’interrogativo se “un simile rimedio possa ricavarsi dal sistema anche a favore della persona offesa che venga privata dell’avviso della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, nonostante la sua espressa domanda di essere preavvertita”: all’interrogativo il giudice delle leggi ha dato una risposta positiva, ritenuta in linea con la ratio dell’articolo 409 c.p.p., comma 6, e con l’esigenza, avvertita dal legislatore, di “disciplinare l’archiviazione come istituto unitario, a prescindere dalla diversita’ sia delle cadenze procedimentali sia della tipologia del provvedimento conclusivo”: una ratio, ha osservato la Corte costituzionale, da ritenere a fortiori adattabile all’ipotesi di un procedimento da definire de piano solo perche’ la parte offesa, non informata della richiesta di archiviazione, e’ stata privata della facolta’ di proporre opposizione: “tale vizio con l’impedire all’offeso dal reato ogni possibilita’ di contestare la detta richiesta viene, infatti, a colpire all’origine la stessa potenziale instaurazione del contraddittorio proprio dell’udienza in camera di consiglio ed e’ vizio da ritenere ancor piu’ grave di quello derivante dall’omesso avviso alla persona offesa che abbia proposto opposizione, della data fissata per la stessa udienza, in ordine al quale, pure, l’articolo 409, comma 6, la legittima espressamente a ricorrere per cassazione”, risultando cosi’ “non intaccato, per l’assenza di ogni necessita’ di ricorrere all’analogia, il limite segnato dal principio di tassativita’ dei mezzi di impugnazione, ribadito nel nuovo sistema dall’articolo 568 c.p.p.”.
La ricostruzione sistematica offerta dalla sentenza n. 353 del 1991 ha incontrato l’adesione delle Sezioni unite di questa Corte: muovendo dal richiamo alla pronuncia del giudice delle leggi e dal rilievo che, “mediante l’opposizione, la parte offesa intervenendo nel procedimento stesso determina la sostituzione automatica della forma del procedimento di verificazione della infondatezza della notizia del reato (articolo 125 norme att. c.p.p.) in quella prevista dall’articolo 127 c.p.p.” (Sez. U, n. 2 del 14/02/1996, p.o in proc. Testa), le Sezioni unite hanno ratificato l’orientamento sviluppatosi nella giurisprudenza di legittimita’ secondo cui la mancanza dell’avviso ex articolo 408 c.p.p., comma 2, integra la nullita’ del decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari, che, cosi’ come quelle comminate dall’articolo 409, comma 6, e articolo 127, comma 5, del codice di rito, e’ deducibile con ricorso per Cassazione (Sez. U, n. 29477 del 30/06/2004, Apruzzese). Orientamento, del tutto consolidato (ex piurimis, Sez. 2, n. 20186 del 08/02/2013, Azzara’, Rv. 255968; Sez. 6, n. 24273 del 19/03/2013, p.o. in proc. Tonietto, Rv 255108; Sez. 5, n. 38758, del 25/05/2015, Rv. 265670), che ha trovato applicazione anche nel procedimento davanti al giudice di pace, secondo il consolidato principio di diritto in forza del quale l’omessa valutazione dell’atto di opposizione – proposto dalla persona offesa avverso la richiesta di archiviazione nel procedimento davanti al giudice di pace – integra una violazione del principio del contraddittorio, che determina la nullita’ del decreto di archiviazione deducibile con ricorso per cassazione (ex plurimis, Sez. 5, n. 35504 del 20/06/2013, P.O. in proc. Oliva, Rv. 256526; Sez. 4, n. 1558 del 28/11/2013 – dep. 2014, p.o. in proc. Dorfmann, Rv. 259083).
2.2. L’orientamento in sintesi richiamato non puo’ trovare applicazione con riguardo alla fattispecie in esame, ossia al decreto di archiviazione adottato dal giudice di pace per la particolare tenuita’ del fatto pur risultando l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento: la ratio della disciplina dettata dal Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34, comma 2, come subito si vedra’, e’ del tutto estranea alla finalita’ di assicurare la potenziale instaurazione del contraddittorio, sicche’, nella prospettiva fin qui esaminata, il principio di tassativita’ delle impugnazione rappresenta un ostacolo insuperabile al riconoscimento dell’impugnabilita’ del provvedimento di archiviazione pur adottato contra legem.
3. L’approfondimento della ratio della disciplina stabilita dall’articolo 34 cit., nel quadro dei principi ispiratori del procedimento penale davanti al giudice di pace, rivela, tuttavia, l’abnormita’ del provvedimento in esame, rilevabile d’ufficio incidendo il vizio sul thema decidendum devoluto alla Corte e costituendo un passaggio logico essenziale ai fini della decisione del ricorso (cfr. Sez. 6, n. 2702 del 19/10/1990, Sica, Rv. 185762).

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