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In tal senso, infatti, si e’ da sempre pronunciata questa Corte precisando che “in tema di diffamazione a mezzo stampa, per l’operativita’ della causa di giustificazione di cui all’articolo 51 c.p. e’ necessario che la verita’ oggettiva dei fatti, intesa come rigorosa corrispondenza alla realta’, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l’essenza e la sostanza dell’intero contenuto informativo della notizia riportata. I dati superflui, insignificanti ovvero irrilevanti, ancorche’ imprecisi, in quanto non decisivi ne’ determinanti, cioe’ capaci da soli di immutare, alterare, modificare la verita’ oggettiva della notizia, non possono essere presi in considerazione, per ritenere valicati i limiti dell’esercizio del diritto di informazione ed escludere l’operativita’ della causa di giustificazione (Sez. 5, n. 37463 del 21 settembre 2005, Amici, Rv. 232324; conf. Sez. 5, n. 28258 del 8 aprile 2009, P.C. in proc. Frignani e altro, Rv. 244200; Sez. 5, n. 41099 del 20 luglio 2016, Carrassi e altro, Rv. 268149).
In conclusione, se e’ vero che in tema di diffamazione a mezzo stampa eventuali modeste e marginali inesattezze nella descrizione del fatto relative a sue semplici modalita’ senza modificarne la struttura essenziale non sono idonee a determinare quel superamento della verita’ che esclude l’operativita’ dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, e’ altrettanto vero che lo stesso non puo’ dirsi laddove la veridicita’ del narrato – da cui discende il tenore diffamatorio – sia da escludersi in relazione agli elementi essenziali del fatto.
4.2. Va detto tuttavia che il tenore della lettera pubblicata sulla rivista diretta dallo (OMISSIS) consente di affermare che i giudizi sulle condizioni dell’animale, pacificamente tenuto dal (OMISSIS) in un piccolo spazio durante le sue ore lavorative, sono stati espressi dall’autrice della stessa lettera esercitando il diritto di critica.
Invero e’ l’autrice a ritenere che le modalita’ di custodia del cane fossero tali da tradursi in maltrattamenti.
Si riporta una parte del testo della lettera: “…nicchia di circa un metro per un metro al cui interno vive un cane. Ebbene considerato come puo’ vivere questa povera bestiola, tra i suoi escrementi, senza nemmeno potersi girare, senza poter vedere mai niente…”.
Si tratta indubbiamente di giudizi ovvero di critiche sulle modalita’ di custodia del cane, espresse da parte di una persona particolarmente sensibile alla cura e alla salute degli animali.
Insomma, il fatto certamente vero che il (OMISSIS) lasciasse per ore il suo cane in uno spazio angusto ha sollecitato l’autrice della lettera a criticare pubblicamente le modalita’ di custodia dell’animale, richiamando l’attenzione sulla vicenda ritenuta lesiva della vita e della salute dello stesso animale.
E il direttore (OMISSIS) ha correttamente dato spazio all’esercizio di quel diritto di critica, pubblicando la lettera, evidentemente ritenendola di interesse per i suoi lettori e comunque rispettosa del requisito della continenza, che postula una forma espositiva corretta della critica rivolta – e cioe’ strettamente funzionale alla finalita’ di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione. Tale requisito, d’altronde, non puo’ ritenersi superato per il solo fatto dell’utilizzo di termini che, pur avendo accezioni indubitabilmente offensive, hanno pero’ anche significati di mero giudizio critico negativo di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato (si vedano in tal senso Sez. 5, n. 37397 del 24/06/2016, C, Rv. 26786601; Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015, Marcialis, Rv. 26444201; si veda in materia di “continenza” anche Sez. 5, n. 4853 del 18/11/2016, Fava, Rv. 26909301).
Peraltro, va ricordato che, in riferimento all’esercizio del diritto di critica, la verita’ del fatto assume un rilievo piu’ limitato e necessariamente affievolito rispetto al diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non puo’, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (si vedano in materia, tra le tante, Sez. 5, n. 25518 del 26/09/2016, P.C. in proc. Volpe, Rv. 27028401; Sez. 5, n. 49570 del 23/09/2014, Natuzzi, Rv. 26134001).
5. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., si impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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