Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 13 dicembre 2017, n. 55739. In ordine ai requisiti caratterizzanti la scriminante dell’esercizio dei diritti di cronaca giornalistica e di critica

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2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’articolo 51 c.p. e articolo 21 Cost.
Sostiene il ricorrente che la penale responsabilita’ dell’imputato deriverebbe dall’omesso accertamento da parte del direttore del settimanale della veridicita’ della notizia riferita da uno sconosciuto lettore. La Corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente sussistente l’esimente del diritto di cronaca in quanto non solo la notizia riportata, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, non corrisponde al vero, ma anche perche’, se e’ vero che essa proveniva da soggetto identificabile, e dunque non anonimo, e’ altrettanto vero che trattandosi di soggetto del tutto sconosciuto gravava pur sempre sul direttore del settimanale l’onere di accertare l’attendibilita’ della fonte e la veridicita’ di quanto narrato.
2.2. Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta veridicita’ della notizia pubblicata.
Secondo le argomentazioni della Corte territoriale la mera circostanza della effettiva, seppur momentanea, presenza dell’animale nel sito indicato nella missiva sarebbe di per se’ idonea a fondare la veridicita’ della notizia.
Al contrario, il contenuto essenziale della stessa notizia non riguarderebbe il luogo in cui l’animale e’ collocato, bensi’ le condizioni di maltrattamento denunciate. Sarebbe tale circostanza, infatti, ad assumere portata propriamente diffamatoria ed e’ rispetto ad essa, quindi, che il direttore del settimanale avrebbe dovuto accertare, prima della pubblicazione, la veridicita’ necessaria per l’applicazione dell’esimente del diritto di cronaca.
La Corte di Appello, invece, nulla avrebbe detto in proposito.
La sentenza impugnata, infine, risulterebbe meritevole di censura per l’evidente contraddittorieta’ della motivazione laddove, in due passaggi diversi, si legge che la notizia pubblicata “non si presenta come gratuitamente denigratoria dell’onore e della reputazione del (OMISSIS)” e che “nonostante la indubbia valenza offensiva della missiva alla reputazione della parte civile, l’operato del direttore (OMISSIS) risulta immune da censure”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato, sebbene debbano essere fatte alcune precisazioni che emendano alcuni profili della motivazione della Corte territoriale.
2. Preliminarmente va evidenziato che, in materia di diffamazione questa Corte puo’ conoscere e valutare l’offensivita’ delle frasi che si assumono lesive dell’altrui reputazione. Cio’ in quanto e’ compito del giudice di legittimita’ procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialita’ della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie (Sez. 5, n. 48698 del 19 settembre 2014, P.G., P.C. in proc. Demofonti, Rv. 261284; Sez. 5, n. 41869 del 14 febbraio 2013, Fabrizio e altro, Rv. 256706; Sez. 5, n. 832 del 21 giugno 2005, Travaglio, Rv. 233749).
Nel caso in esame e’ pacifica la portata potenzialmente offensiva della lettera pubblicata sul settimanale diretto dallo (OMISSIS), con il titolo “(OMISSIS)”, nella quale il proprietario dell’animale (il (OMISSIS)) e’ accusato di maltrattarlo, tenendolo per ore custodito in uno spazio angusto.
Nel capo di imputazione la lettera viene indicata come anonima, ma la Corte territoriale ha precisato che la sua provenienza fosse agevolmente accertabile, essendo stata sottoscritta da ” (OMISSIS) A.” ed inviata a mezzo di un indirizzo di posta elettronica, intestato ad un soggetto di nome (OMISSIS).

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