Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 2 gennaio 2018, n. 5. Condannato l’infermiere che non avverte tempestivamente il medico della grave crisi ipotensiva del paziente poi deceduto

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6. Cio’ posto, deve osservarsi che questa Sezione – che ha gia’ avuto modo di individuare in capo all’infermiere delle responsabilita’ di tipo omissivo riconducibili ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico (cfr., ad es. Sez. 4, n. 9638 del 02/03/2000, Troiano ed altri, Rv. 217477; piu’ di recente Sez. 4, n. 2541 del 03/12/2015; Sez. 4, e “1573 del 13/5/2011, Monopoli ed altri)- ha ravvisato il fondamento di tale posizione di garanzia proprio nell’autonoma professionalita’ dell’infermiere quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio, proprio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, che va oggi considerato non piu’ “ausiliario del medico”, ma “professionista sanitario”.
6.1. Nel caso che occupa, occorre rilevare che la Corte territoriale ha congruamente – e percio’ ineccepibilmente in questa sede – evidenziato le differenze esistenti tra la condotta del medico (dott. (OMISSIS)) e l’infermiere (OMISSIS). Per il primo ha rilevato che il quadro clinico e generale del paziente la mattina del giorno (OMISSIS) non era tale da prescrivere la ripetizione intermedia dell’emocromo ed il quadro d’insieme non consentiva di sospettare una diagnosi di emorragia, ne’ il sangue nelle sacche di lavaggio della vescica poteva costituire un’indicazione verso la corretta diagnosi poiche’ la mattina del controllo da parte del (OMISSIS) le sacche erano chiare, salvo poi scurirsi di sangue nuovamente nel pomeriggio. Diversa, invece, e’ per il Giudice dell’appello, la posizione dei due infermieri (tra cui il ricorrente) che, al contrario, si sono resi responsabili della “gravissima omissione di non chiamare immediatamente il medico dell’interdivisione nonostante gli episodi ipotensivi del paziente. Le testimonianze rese dalle persone presenti in corsia il pomeriggio dell'(OMISSIS) sono state univoche nel raccontare che dopo la chiusura dei liquidi (che gli infermieri effettuarono in conformita’ alla consegne del medico (OMISSIS)), il (OMISSIS) ebbe la prima crisi ipotensiva che, lungi dal risolversi spontaneamente, impose la necessita’ della riapertura dei liquidi e del posizionamento di cuscini sotto i piedi al fine di far confluire il sangue in testa (…). Tale regolarizzazione pressoria avvenne, per come riferito dai consulenti del Pm, solo in conseguenza della la riapertura dei liquidi, il che avrebbe imposto la chiamata del medico di turno essendo all’evidenza un dato non normale e regolare visto che il (OMISSIS), tra le consegne rassegnate, aveva ordinato la sospensione dei liquidi che palesemente il paziente non sopportava (…). Le crisi ipotensive, la necessita’ del mantenimento della somministrazione dei liquidi e la ripresa del sangue nelle sacche di lavaggio della vescica erano dati inequivocabilmente allarmanti che imponevano l’intervento del personale medico perche’ univoci nel segnalare una problematica che fuoriusciva dalle competenze degli infermieri”. Afferma ancora la Corte del merito che “L’imprudenza degli infermieri di non chiedere immediatamente l’intervento del medico ha costituito l’errore clamoroso che e’ costato la vita al povero (OMISSIS) che, in quel momento, sottoposto a nuovo controllo dell’emocromo, avrebbe manifestato un ulteriore abbassamento del valore che, unitamente alle crisi ipotensive, gia’ avrebbero permesso di formulare l’esatta diagnosi e procedere alle trasfusioni. Va, altresi’, rilevato come i due infermieri, nonostante le crisi, abbiano colpevolmente omesso di controllare la frequenza cardiaca e quella respiratoria che, quantomeno nel corso dell’abbassamento pressorio, avrebbe consentito con certezza di registrare un aumento”.
7. Conclusivamente, una volta accertata la legittimita’ e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l’inaffidabilita’ degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell’offerta di una diversa (e per il ricorrente piu’ favorevole) valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimita’ (cfr. Sez. 6, n. 13170 del 06/03/2012).
8. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ – non ravvisandosi motivi di esclusione (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000) – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00, nonche alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili liquidate come de dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende nonche’ alle refusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili che liquida quanto alle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) in Euro 3000,00; quanto a (OMISSIS) in Euro 2500,00 oltre per entrambe accessori come per lgge.

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