Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 15 novembre 2017, n. 52121. Il giudice può e deve fare riferimento sia ai criteri enunciati nell’art. 133 del codice penale diversi da quelli legislativamente indicati nell’art. 133 cod. pen. – aventi valore significante, ai fini dell’adeguamento della pena alla natura ed all’entità del fatto di reato commesso, ed alla personalità del reo.

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In proposito la Corte di appello ha valorizzato l’incensuratezza e la giovane età del B. , nonché la confessione del medesimo, nonostante abbia riconosciuto la particolare gravità e lesività della condotta colposa posta in essere dal prevenuto, “date le modalità del fatto che hanno portato alla morte dell’agente I. ed al ferimento del D. , il quale non è stato anch’egli travolto dall’autovettura condotta dal B. solo grazie alla prontezza di riflessi ed alla casuale posizione logistica che gli hanno consentito di fare un balzo all’indietro, verso l’auto di servizio” (pag. 10). La valutazione di assoluta gravità della condotta criminosa del prevenuto è stata ribadita nella pagina successiva, laddove si evidenzia: “l’essersi l’imputato posto alla guida in stato di ubriachezza; l’aver tenuto una velocità molto elevata non adeguata alle condizioni di tempo (di notte, senza illuminazione Pubblica), di luogo (strada statale con limite di velocità di 90 Km/h) ed al proprio stato di alterazione dovuto all’uso consapevole di sostanze alcoliche (riflessi e capacità di attenzione scemati); l’essersi allontanato dal luogo del sinistro dopo avere realizzato di aver travolto e, probabilmente, ucciso una persona”, elementi che sono stati considerati sintomatici “di una personalità spregiudicata e superficiale” (pag. 11).
Rispetto alla natura ed entità del fatto, con particolare riguardo alla incosciente ed azzardata condotta di guida attribuita al prevenuto, la giovane età del medesimo, lungi dal costituire elemento attenuante, costituisce elemento aggravante rispetto al fatto specifico, trattandosi di soggetto neopatentato dal quale l’ordinamento pretende estrema prudenza e rigoroso rispetto delle norme stradali, nonché assoluto divieto di guidare sotto la (sia pur minima) influenza di bevande alcoliche (cfr. art. 186-bis cod. strada), proprio in considerazione della limitata esperienza di guida.
Per quanto attiene alla confessione, è la stessa Corte di appello a riconoscere che la stessa non ha avuto particolare rilevanza processuale, in quanto intervenuta “dopo l’omissione di soccorso e le evidenze a suo carico”.
Il dato costituito dall’incensuratezza, come noto di per sé non giustifica la concessione delle circostanze attenuanti generiche (ex art. 62-bis, comma 3, cod. pen.).
3. Il giudice di merito, in buona sostanza, non ha fatto buon governo del potere discrezionale che la legge gli attribuisce nella determinazione del trattamento sanzionatorio, dovendosi considerare che l’art. 62-bis del codice penale non individua, né specifica, le situazioni presenza delle quali esse debbono trovare applicazione, attribuendo al giudice un ampio potere discrezionale, nella determinazione e valutazione degli elementi e dei dati, che possano influire sulla decisione. È, tuttavia, evidente che il giudice può e deve fare riferimento sia ai criteri enunciati nell’art. 133 del codice penale – norma omnicomprensiva delle possibili situazioni influenti nel trattamento sanzionatorio, – sia ad elementi e situazioni di fatto particolari – diversi da quelli legislativamente indicati nell’art. 133 cod. pen. – ave ti valore significante, ai fini dell’adeguamento della pena alla natura ed all’entità del fatto di reato commesso, ed alla personalità del reo. Il potere discrezionale del giudice nonostante la sua ampiezza ed estensione – non è tuttavia illimitato e sottratto al controllo: egli ha l’obbligo di motivare la sua decisione – che non deve mai tradursi in arbitrio – indicando i parametri e i criteri utilizzati ed enunciando le ragioni che pone a fondamento del diniego o della concessione delle attenuanti generiche (Sez. 1, n. 9548 del 01/10/1986 – dep. 1987, Esposito, Rv. 17662201).
Nel caso l’adeguamento della pena al fatto si è tradotto in un beneficio accordato sulla base di elementi non aventi valore significante rispetto alla natura dei reati commessi, ed in palese contrasto con quanto processualmente emerso in relazione alla entità del fatto ed alla riconosciuta negativa personalità del reo, concretizzandosi in una valutazione sostanzialmente non rispettosa dei criteri enunciati nell’art. 133 cod. pen., e di fatto immotivata anche in relazione alla ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.
4. Ne consegue che l’impugnata sentenza va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, che provvederà al regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto alla Corte di appello di Catanzaro, altra sezione, cui demanda altresì il regolamento delle spese tra le parti.

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