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2. Dal chiaro disposto normativo si evince che l’autorizzazione ex articolo 284, comma 3, ha natura eccezionale, in quanto introduce una deroga alla prescrizione principale e che appunto connota la misura in oggetto – id est il divieto di allontanarsi dal luogo di restrizione domestica -, in presenza di un soggetto rispetto al quale, giusta valutazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 274 e 275 c.p.p., il giudice della cautela ha ritenuto adeguata e, dunque, necessaria a fronteggiare i pericula libertatis soltanto una misura custodiale, seppure temperata rispetto a quella carceraria.
Ne discende che la sussistenza delle “indispensabili esigenze di vita” deve essere ancorata dal decidente a situazioni obbiettivamente riscontrabili, nelle quali si renda necessario, dunque non solo opportuno, per la vita del soggetto ristretto agli arresti domiciliari consentire l’allontanamento, non potendo questi fare aliunde fronte all’esigenza di vita rappresentata.
3. In questo senso e’ il costante insegnamento di questa Corte regolatrice, secondo il quale, dal testo normativo, dai lavori preparatori e dalla qualificazione dei presupposti autorizzativi in termini di “indispensabilita’” e di “assolutezza”, emerge che la valutazione del giudice da compiere ai fini della concessione dell’autorizzazione ad assentarsi dal luogo di detenzione ex articolo 284 c.p.p., comma 3, deve essere improntata a criteri di particolare rigore, di cui il giudice deve dare conto nella motivazione del relativo provvedimento (Sez. 3, n. 3649 del 17/11/1999, Verde, Rv. 215522; Sez. 2, n. 9004 del 17/02/2015, Prago, Rv. 263237).
4. Di tali coordinate ermeneutiche ha fatto buon governo il giudice della impugnazione cautelare, nella parte in cui – con considerazioni adeguate, in quanto aderenti alle risultanze processuali ed conformi a logica – ha rilevato che, nella specie, non risultano comprovate “indispensabili esigenze di vita”, suscettibili di giustificare, in termini di necessita’ assoluta, l’allontanamento dell’indagato dal domicilio. Come correttamente rilevato da giudice a quo, l’istante non ha invero documentato un’impossibilita’ assoluta dell’altro genitore di riorganizzare gli orari di lavoro – in entrata ed in uscita – in modo tale da poter far fronte a tale incombente, ne’ un’impossibilita’ assoluta di avvalersi all’uopo di parenti o conoscenti o, eventualmente, di addetti ai servizi sociali, la’ dove – contrariamente a quanto dedotto nel ricorso – l’incarico di accompagnare un minore a scuola non si connota in termini di cosi tale delicatezza da non poter essere delegato a terzi estranei al nucleo familiare, in tale senso contenendosi – secondo un dato di comune esperienza – un numero assai rilevante di famiglie italiane.
5.Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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