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Secondo il ricorrente, il caso in esame non e’ equiparabile a quello di un soggetto che interrompe l’esecuzione della pena sostitutiva per l’arresto subito per la commissione di un reato: (OMISSIS) era semplicemente incorso in un incidente stradale e le lesioni personali subite non costituivano una conseguenza prevedibile o prevista della guida dell’autovettura.
In un secondo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento al calcolo operato dal giudice.
Se il lavoro non eseguito era pari a 134 ore, su 572 complessive, la pena sostituita da ripristinare era pari a mesi uno e giorni 21 di arresto ed Euro 4.000 di ammenda; in effetti, il criterio di ragguaglio era quello speciale disposto dall’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, in base al quale il lavoro di pubblica utilita’ ha una durata corrispondente a quella della pena detentiva irrogata e che un giorno di lavoro di pubblica utilita’ consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.
Il ricorrente conclude per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato e, per buona parte, inammissibile.
In effetti, il ricorrente espone considerazioni in fatto relative alla asserita permanente possibilita’ per (OMISSIS) di prestare il lavoro di pubblica utilita’, sia pure con mansioni piu’ leggere, alla luce dei problemi di salute sorti a seguito dell’incidente stradale in cui e’ rimasto coinvolto: argomentazione che non puo’ avere ingresso in questa sede, cosi’ come quella concernente la possibilita’ di raggiungere il luogo di lavoro con i mezzi pubblici.
Appare generica anche la censura della valutazione espressa dal Tribunale sulla responsabilita’ di (OMISSIS) nella causazione dell’incidente stradale.
In effetti, il Giudice individua la prova della colpa del ricorrente nel provvedimento di ritiro della patente adottato nei suoi confronti: il ricorso elude questa motivazione, ribadendo che l’incidente stradale avrebbe dovuto essere ritenuto una causa di forza maggiore, non dipendente da un fatto volontario dell’interessato; ma, come gia’ insegnato da questa Corte, la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’ di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, puo’ essere disposta, non solo in caso di violazione degli obblighi connessi in senso stretto allo svolgimento del lavoro, ma anche per quei comportamenti colpevoli dell’agente, che, pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilita’, si ripercuotono su di essa determinando la pratica impossibilita’ di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico (Sez. 1, n. 34234 del 29/05/2015 – dep. 05/08/2015, Ferrari, Rv. 264155): quindi anche per comportamenti colposi.
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