Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 18 settembre 2017, n. 21566. I sindaci sono tenuti a rispondere anch’essi in solido con gli amministratori, per violazione dell’obbligo di vigilare, con professionalità e diligenza, sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di correttezza amministrativa nella gestione della società

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30.3. Con il quinto motivo, i controricorrenti deducono l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, aderendo alle censure proposte dal (OMISSIS) relativamente agli addebiti mossi agli amministratori ed ai sindaci.
30.4. Con il sesto motivo, i controricorrenti lamentano l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, rilevando che la sentenza impugnata ha accomunato i sindaci agli amministratori nella responsabilita’ per gli atti di mala gestio posti in essere da questi ultimi, senza individuare le violazioni di doveri ed obblighi specificamente ascrivibili ai primi.
31. I predetti motivi sono infondati.
Ai fini dell’affermazione della responsabilita’ dei sindaci, la sentenza impugnata, pur senza richiamarli espressamente, ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimita’, avendo rilevato che il collegio sindacale, rimasto in carica per tutto il periodo di attivita’ della societa’, aveva potuto rendersi perfettamente conto sia della strutturale debolezza imprenditoriale della stessa che del progressivo aumento del passivo e delle evidenti illegittimita’ delle scritturazioni di bilancio, e cio’ nonostante aveva omesso di segnalare l’impossibilita’ di porre rimedio alla situazione debitoria, ormai irreversibile, avendo invece sollecitato l’approvazione dei bilanci, sulla base delle mere assicurazioni fornite dagli amministratori in ordine al futuro ripianamento delle perdite.
Nel contestare tale apprezzamento, i ricorrenti non sono in grado d’individuarne i vizi logico-giuridici, ma si limitano a ribadire il proprio personale convincimento, contrario a quello emergente dalla sentenza impugnata, in tal modo dimostrando di voler sollecitare anch’essi un riesame del merito della controversia, non consentito in questa sede. Essi lamentano, in particolare, l’omessa valutazione dei rilievi da loro formulati in ordine al mancato recupero dei crediti vantati nei confronti della (OMISSIS), evidenziandone l’efficacia, a loro dire riconosciuta dalla stessa sentenza impugnata, senza tuttavia considerare che la Corte di merito, nel dare atto della predetta iniziativa, ne ha sostanzialmente riconosciuto la tardivita’, avendo richiamato la Delib. conseguentemente adottata dall’assemblea dei soci, con cui era stata riconosciuta l’impossibilita’ di riscuotere i predetti crediti, a causa dell’insolvenza della debitrice. Nel denunciare il mancato accertamento del titolo in base al quale erano stati effettuati i versamenti dei soci, i ricorrenti sollevano infine una questione che non risulta trattata nella sentenza impugnata e non puo’ quindi essere proposta in questa sede, implicando un’indagine di fatto, volta alla ricostruzione del comune intento perseguito dalle parti attraverso i predetti versamenti, e non essendo stati indicati la fase e l’atto del giudizio di merito in cui la medesima questione sarebbe stata sollevata.
32. Va infine esaminato il ricorso incidentale proposto dal (OMISSIS), il quale, con un unico complesso motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 2359, 2392, 2393, 2394, 2487 e 2697 c.c., Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 146, comma 2 e degli articoli 115 e 116 c.p.c., nonche’ l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nell’accertamento della responsabilita’ degli amministratori, la sentenza impugnata si e’ posta in contrasto con il principio che esclude la possibilita’ di sindacare l’opportunita’ e la convenienza del loro operato, omettendo altresi’ di tener conto dell’incidenza del collegamento societario sulle decisioni gestionali ed organizzative e della conseguente attribuzione agli amministratori delle scelte strategiche riguardanti i rapporti tra le societa’ collegate. Premesso che, nell’addebitare agli amministratori la mancata riscossione dei crediti vantati dalla societa’ nei confronti della (OMISSIS), la Corte d’appello non ha tenuto conto della solidita’ della situazione finanziaria della debitrice e della sua posizione di principale cliente della societa’ fallita, il controricorrente lamenta l’omessa valutazione dei tentativi da lui compiuti per l’esazione del credito. Aggiunge che, nella valutazione delle restituzioni dei finanziamenti ai soci, la sentenza impugnata ha omesso di accertare l’effettiva natura delle erogazioni da questi ultimi effettuate ed il conseguente diritto dei soci alla restituzione, trascurando inoltre gli ulteriori versamenti da loro compiuti, per effetto dei quali il saldo complessivo delle operazioni era risultato positivo per la societa’ fallita, e limitandosi a dare atto, al riguardo, della mancata dimostrazione del collegamento con i precedenti rimborsi. Nell’affermare la responsabilita’ di esso controricorrente, la Corte d’appello non ha considerato che, dopo essersi dimesso dalla carica di amministratore il 19 settembre 1990, egli aveva operato come semplice consulente esterno della societa’ fallita, e che a seguito della nuova nomina, avvenuta il 27 febbraio 1992 a sua insaputa e da lui accettata dietro pressanti richieste, egli aveva continuato a svolgere attivita’ meramente promozionale e pubblicitaria. La sentenza impugnata ha ricollegato a tale attivita’ la conoscenza delle vicende societarie senza tenere conto delle prove liberatorie acquisite, imputando ad esso controricorrente anche gli atti compiuti dagli altri amministratori nel periodo intermedio, in contrasto con il principio secondo cui l’amministratore risponde esclusivamente dei danni che costituiscano conseguenza immediata e diretta del proprio operato.
33. Il motivo e’ infondato.
In proposito, e’ appena il caso di richiamare le considerazioni precedentemente svolte in ordine alla regolarita’ dei bilanci della societa’ fallita, alla rilevanza del collegamento tra quest’ultima e le altre societa’ appartenenti al medesimo gruppo d’imprese, nonche’ al recupero dei crediti nei confronti della (OMISSIS), al titolo delle restituzioni effettuate in favore dei soci ed al rapporto tra gli stessi ed i versamenti effettuati da questi ultimi, la cui valutazione, confermando la contrarieta’ della gestione sociale ai principi di correttezza amministrativa e contabile, consente di escludere che, nell’affermare la responsabilita’ degli amministratori, la sentenza impugnata si sia posta in contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il giudizio sulla diligenza degli stessi nell’adempimento del loro mandato non puo’ mai investire le scelte di gestione o le modalita’ e le circostanze di tali scelte, la cui inopportunita’ dal punto di vista economico puo’ eventualmente rilevare soltanto come giusta causa di revoca, e non anche come fonte di responsabilita’ contrattuale, trattandosi di valutazioni rimesse alla discrezionalita’ dell’imprenditore (cfr. Cass., Sez. 1, 2/02/2015, n. 1783; 12/02/2013, n. 3409; 28/04/1997, n. 3652).
Nel riproporre le predette questioni, il ricorrente non e’ in grado di fornire argomenti ulteriori a sostegno della propria tesi, ma si limita a ribadire le difese gia’ svolte, insistendo in particolare sui tentativi da lui compiuti per il recupero dei predetti crediti, e richiamando a tal fine una lettera da lui spedita alla debitrice e prodotta in giudizio: tale documento non puo’ tuttavia considerarsi decisivo, risalendo ad epoca successiva a quella della Delib., richiamata dalla sentenza impugnata, con cui l’assemblea dei soci prese atto dell’impossibilita’ di riscuotere i predetti crediti, e risultando pertanto inidoneo a dimostrare che l’amministratore si sia tempestivamente attivato per il recupero. Nel contestare la propria responsabilita’ per gli atti di gestione posti in essere nel periodo successivo alla cessazione della carica di amministratore, egli conferma di aver continuato ad operare per la societa’ in qualita’ di consulente esterno, limitandosi a negare di essere stato a conoscenza delle vicende interne della societa’, ed estendendo tale ignoranza anche al periodo successivo al nuovo conferimento della predetta carica, senza considerare che il dovere di diligenza connesso alle funzioni esercitate gli avrebbe imposto di attivarsi per il ripristino della correttezza della gestione.
34. I ricorsi principali ed incidentali vanno pertanto rigettati, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore del curatore del fallimento, che si liquidano come dal dispositivo. La mancata proposizione di censure riguardanti le Compagnie assicuratrici giustifica invece l’integrale compensazione delle spese processuali nei rapporti con le stesse.
P.Q.M.
riuniti i ricorsi, rigetta i ricorsi principali e i ricorsi incidentali. Condanna i ricorrenti principali e di ricorrenti incidentali al pagamento, in favore del Fallimento della (OMISSIS) S.r.l., delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 36.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Compensa interamente le spese processuali tra i ricorrenti principali ed incidentali e l’ (OMISSIS), l’ (OMISSIS) S.p.a. e la (OMISSIS).

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