Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 18 settembre 2017, n. 21566. I sindaci sono tenuti a rispondere anch’essi in solido con gli amministratori, per violazione dell’obbligo di vigilare, con professionalità e diligenza, sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di correttezza amministrativa nella gestione della società

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3. Con il secondo motivo, il ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali deducono la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 395 c.p.c., n. 5, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile la revocazione soltanto in caso di violazione del giudicato esterno. Premesso infatti che quest’ultimo, al pari del giudicato interno, e’ rilevabile d’ufficio, sostengono che escludere la deducibilita’ della relativa violazione con l’istanza di revocazione si tradurrebbe in una sostanziale abrogazione della predetta disposizione, e cio’ indipendentemente dalla non imputabilita’ dell’errore al giudice, la quale non costituisce presupposto indispensabile per la proposizione della revocazione ordinaria. La proponibilita’ di quest’ultima non si pone d’altronde in contrasto con la rilevabilita’ d’ufficio del giudicato anche in sede di legittimita’, essendo il ricorso per cassazione ammissibile soltanto se la sentenza impugnata abbia pronunciato sulla relativa eccezione.
3.1. Il motivo e’ infondato.
L’esclusione della proponibilita’ dell’istanza di revocazione in caso di violazione del giudicato interno si pone infatti in linea con il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui l’articolo 395 c.p.c., n. 5, nel consentire l’impugnazione della sentenza ove la stessa risulti contraria ad altra precedente avente fra le parti autorita’ di cosa giudicata, si riferisce esclusivamente al caso in cui la precedente sentenza sia stata pronunciata in un giudizio separato, e sempre che con la sentenza da revocare il giudice non abbia pronunciato sull’eccezione di giudicato esterno; quando invece, come nel caso in esame, il contrasto con un precedente giudicato si riferisce ad una sentenza pronunciata nell’ambito dello stesso giudizio, il rimedio contro la violazione del giudicato interno e’ quello del ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass., Sez. 5, 3/11/2016, n. 22177; Cass., Sez. 2, 8/01/2014, n. 155; Cass., Sez. 1, 10/02/1999, n. 1114). Non risulta pertinente, al riguardo, l’obiezione sollevata dalla difesa del ricorrente, secondo cui l’esclusione della deducibilita’ del giudicato interno in sede di revocazione comporterebbe la sostanziale abrogazione dell’articolo 395 c.p.c., n. 5, non piu’ applicabile neppure al giudicato esterno, alla stregua della piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, che ne ha affermato l’equiparazione a quello interno, sotto il profilo della rilevabilita’ d’ufficio: l’ampliamento della possibilita’ di far valere il giudicato esterno, derivante da tale orientamento, non comporta infatti alcun pregiudizio per il diritto di difesa della parte interessata alla deduzione del giudicato interno, la cui rilevabilita’ d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (a meno che sulla relativa eccezione non sia intervenuta una precedente pronuncia, non impugnata), pacificamente riconosciuta in dottrina ed in giurisprudenza, non ne risulta in alcun modo smentita.
4. Passando quindi alla trattazione delle impugnazioni proposte avverso la sentenza emessa il 17 aprile 2008, si osserva che, con il primo motivo del suo ricorso, il (OMISSIS) denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione agli articoli 163, 183, 189 e 190 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso la novita’ della domanda proposta in via subordinata dal curatore del fallimento. Premesso che nell’atto di citazione in primo grado il curatore aveva chiesto l’accertamento della dipendenza del dissesto della societa’ dalla violazione dei doveri e degli obblighi posti a carico degli amministratori e dei sindaci, con la condanna degli stessi al pagamento della somma di Lire 31.000.000.000 o di quella necessaria per l’integrale soddisfacimento dei creditori, rileva che in sede di precisazione delle conclusioni era stata avanzata, in via subordinata, la domanda di condanna dei convenuti al pagamento di determinate somme di denaro, a titolo di risarcimento del danno arrecato al patrimonio sociale da singole e specifiche violazioni degli obblighi previsti dalla legge e dallo statuto sociale; tale domanda era stata successivamente specificata nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica depositate dal curatore. Nell’escluderne la novita’, la Corte d’appello si e’ limitata a verificare se i fatti posti a fondamento della stessa fossero stati precedentemente introdotti nel dibattito processuale, senza porre a confronto il petitum e la causa petendi della domanda originaria con quelli della domanda proposta successivamente.
4.1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza, per aver pronunciato nel merito di una domanda tardivamente proposta, ribadendo che la domanda avanzata in sede di precisazione delle conclusioni doveva considerarsi nuova rispetto a quella proposta con atto di citazione, essendo caratterizzata da un petitum e una causa petendi diversi, in quanto fondata su fatti costitutivi nuovi ed avente ad oggetto voci di danno non indicate precedentemente.
4.2. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, rilevando che, nell’escludere la novita’ della domanda proposta in sede di precisazione delle conclusioni, la sentenza impugnata non ne ha spiegato le ragioni, avendo omesso di porre a confronto il petitum e la causa petendi della stessa con quelli della domanda originaria. La Corte d’appello e’ incorsa inoltre in contraddizione, avendo da un lato ravvisato nella predetta domanda una specificazione di quella originaria, ed avendo dall’altro rigettato quest’ultima domanda, per accogliere quella subordinata.
4.3. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli articoli 163, 183 e 190 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile la specificazione della domanda in sede di precisazione delle conclusioni, nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica, senza considerare che la precisazione delle domande deve aver luogo entro i termini previsti dall’articolo 183 c.p.c. e senza tener conto della funzione illustrativa della comparsa conclusionale e della memoria di replica.
4.4. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 99, 112 e 163 c.p.c. e dell’articolo 24 Cost., osservando che, nel porre a fondamento della decisione fatti non allegati prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, ma emersi soltanto nel corso della c.t.u., la sentenza impugnata ha impropriamente attribuito a quest’ultima una funzione esplorativa, oltre ad aver violato il diritto di difesa, avendo impedito ad esso ricorrente di predisporre un’adeguata difesa.
4.5. Con il sesto motivo, il ricorrente insiste sulla violazione degli articoli 99, 112 e 163 c.p.c. e dell’articolo 24 Cost., rilevando che la perdita dei contributi statali per l’editoria non era stata tempestivamente allegata nel giudizio di primo grado, non risultando da alcun documento menzionato nell’atto di citazione, ma, come riconosciuto dalla stessa Corte di merito, solo dalla relazione del curatore prodotta in giudizio e dal provvedimento di rigetto del reclamo proposto avverso il sequestro conservativo concesso in corso di causa.
4.6. Con il settimo motivo, il ricorrente denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, osservando che la sentenza impugnata ha omesso d’indicare il tempo e le modalita’ dell’allegazione dei nuovi fatti costitutivi, essendosi limitata a richiamare le circostanze menzionate nel provvedimento di rigetto del reclamo, inconferenti ai fini del rigetto dell’eccezione di novita’.
4.7. Con l’ottavo motivo, il ricorrente deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, affermando che l’esclusione della novita’ dei fatti allegati in sede di precisazione delle conclusioni si pone in contrasto con l’affermazione della legittimita’ dell’omesso esame di altri addebiti mossi ai convenuti, in quanto fondati su osservazioni del c.t.u. che non avevano costituito oggetto di approfondimento argomentativo.
5. I predetti motivi vanno trattati congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, ed unitamente ad essi vanno esaminati i primi due motivi del ricorso incidentale proposto dal (OMISSIS), il primo motivo del ricorso proposto dallo (OMISSIS), il secondo motivo dei ricorsi proposti dal (OMISSIS), i primi tre motivi del ricorso proposto dal (OMISSIS) ed il primo motivo del ricorso incidentale proposto dai (OMISSIS).
Con il primo motivo, il (OMISSIS) denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 112, 163, 167, 183, 189 e 190 c.p.c., nonche’ l’insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver escluso la novita’ della domanda avanzata in via subordinata. Premesso che la novita’ di una domanda non puo’ essere esclusa attraverso il riferimento ad atti diversi da quelli previsti per la sua specificazione o riferibili a soggetti diversi dalle parti, osserva che i fatti costitutivi posti a sostegno della stessa erano stati dedotti dal curatore del fallimento soltanto in sede di precisazione delle conclusioni e specificati solo nella memoria di replica. La Corte d’appello ha inoltre omesso di analizzare approfonditamente gli elementi costitutivi della nuova domanda e di porli a confronto con quelli della domanda originaria.
5.1. Con il secondo motivo, il controricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 24 e 111 Cost., nonche’ l’omessa, insufficiente e illogica motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, affermando che l’esclusione della novita’ della domanda subordinata ha comportato la violazione del suo diritto di difesa.
6. Con il primo motivo del suo ricorso, lo (OMISSIS) denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 101, 112, 163, 183, 189 e 190 c.p.c., sostenendo che, nel pronunciare la condanna al risarcimento, la sentenza impugnata ha accolto una domanda non proposta con l’atto di citazione, ma formulata soltanto all’udienza di precisazione delle conclusioni e successivamente specificata nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica. Premesso che ai fini della proposizione di un’azione di responsabilita’ ai sensi dell’articolo 2392 c.c., non e’ sufficiente la deduzione del generico compimento di atti di mala gestio non meglio individuati, occorrendo invece la contestazione di specifici comportamenti illegittimi, anche al fine di consentire al convenuto di esercitare il proprio diritto di difesa, osserva che la domanda originariamente proposta dal curatore era fondata su due specifici addebiti, consistenti nell’aver consentito la prosecuzione dell’attivita’ di impresa nonostante le allarmanti condizioni del passivo e la perdita dell’intero capitale sociale e nell’aver violato i principi che disciplinano la redazione del bilancio, mentre in sede di precisazione delle conclusioni erano stati formulati tre nuovi addebiti, consistenti nella perdita del contributo statale, nella restituzione dei finanziamenti ai soci e nella mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti della (OMISSIS). In tal modo erano stati dedotti fatti costitutivi nuovi, che comportavano l’introduzione di una nuova causa petendi, cui corrispondeva un petitum diverso da quello originario, consistente nel risarcimento del danno in misura pari alla differenza tra l’entita’ dei crediti ammessi al passivo e l’ammontare presunto dell’attivo fallimentare. In ogni caso, anche a voler ritenere che si trattasse di una mera specificazione della domanda originaria, la stessa, comportando l’emersione di profili di fatto e richieste risarcitorie precedentemente non delineati e del tutto disancorati da quelli prospettati nell’atto di citazione, non avrebbe potuto aver luogo nella comparsa conclusionale, avendo quest’ultima una funzione meramente illustrativa. Ininfluente e’ altresi’ la circostanza che i predetti fatti fossero emersi dalla relazione del c.t.u. nominato nell’ambito del procedimento cautelare promosso in corso di causa, dal momento che le risultanze probatorie sono preordinate a fornire la dimostrazione dei fatti dedotti, ma non possono comportare un ampliamento del thema decidendum.
7. Con il secondo motivo del suo ricorso, il (OMISSIS) deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 112, 163, 183, 189 e 190 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso la novita’ della domanda subordinata, proposta soltanto in sede di precisazione delle conclusioni e specificata nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica. Premesso che all’udienza di precisazione delle conclusioni il curatore del fallimento non ha piu’ chiesto la condanna dei convenuti al risarcimento del danno derivante dal dissesto della societa’ fallita, in misura pari alla differenza tra passivo ed attivo fallimentare, ma il pagamento di somme puntualmente determinate in virtu’ dell’addebito di specifici fatti commissivi o omissivi, mai dedotti in precedenza, sostiene che in tal modo e’ stato introdotto nel processo un nuovo thema decidendum, con la conseguente proposizione di una domanda nuova. Nell’escludere tale novita’, la sentenza impugnata ha omesso di porre a confronto il petitum e la causa petendi della predetta domanda con quelli della domanda originariamente proposta, essendosi limitata ad affermare che i fatti allegati erano gia’ entrati nel dibattito processuale.
8. Con il primo motivo d’impugnazione, il (OMISSIS) denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 101, 112, 163, 183 e 184 c.p.c., sostenendo che, nell’escludere la novita’ della domanda proposta in via subordinata dal curatore del fallimento, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della genericita’ della domanda formulata nell’atto di citazione e dell’avvenuta introduzione di specifici addebiti soltanto nel ricorso cautelare e nel reclamo proposto avverso il provvedimento di rigetto. Afferma al riguardo che la precisazione delle domande non avrebbe potuto aver luogo dopo la scadenza dei termini all’uopo fissati, ne’ nell’ambito di un procedimento incidentale volto al conseguimento di un bene del tutto diverso da quello che costituiva oggetto della domanda originariamente proposta.
8.1. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli articoli 101, 112, 163, 183 e 184 c.p.c., nonche’ l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel ravvisare nelle nuove allegazioni di fatto una mera specificazione della domanda originaria, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della diversita’ della causa petendi e del petitum di quest’ultima, consistenti rispettivamente nell’aver cagionato il dissesto della societa’ fallita e nel pagamento della differenza tra il passivo ammesso e l’attivo realizzato in sede fallimentare, da quelli della nuova domanda, costituiti da specifici comportamenti ed omissioni degli amministratori e dalla condanna degli stessi al risarcimento dei danni cagionati da tali condotte. Nell’escludere che la nuova allegazione, non avvenuta nella memoria di cui all’articolo 183 c.p.c., avesse determinato un ampliamento del tema d’indagine, la Corte d’appello e’ incorsa in contraddizione, avendovi ravvisato da un lato una mera specificazione della domanda originaria, e dall’altro una domanda subordinata, accolta a seguito del rigetto di quella originaria.
8.2. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 163, 183 e 190 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile la specificazione della domanda nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica, in contrasto con la funzione assegnata a tali atti, consistente esclusivamente nell’illustrazione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento delle domande e delle eccezioni gia’ proposte.
9. Con il primo motivo del loro ricorso incidentale, i (OMISSIS) denunciano la violazione degli articoli 101, 112, 163, 183, 189 e 190 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso la novita’ della domanda subordinata, proposta dal curatore del fallimento in sede di precisazione delle conclusioni e specificata nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica. Premesso che il vizio in esame e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, trattandosi di questione sottratta alla disponibilita’ delle parti, osservano che, in quanto fondata su atti e comportamenti degli amministratori del tutto diversi da quelli esposti nell’atto di citazione ed avente ad oggetto il pagamento di somme specificamente indicate, la nuova domanda era contraddistinta da una causa petendi e un petitum diversi da quelli della domanda originaria, la cui deduzione non si risolveva in una mera specificazione della stessa, ma comportava un ampliamento del thema decidendum, in violazione del principio del contraddittorio. Nel pronunciare in ordine a tale domanda, la sentenza impugnata e’ incorsa in ultrapetizione, avendo posto a fondamento della decisione fatti estranei alla materia del contendere, in quanto dedotti tardivamente.
10. I predetti motivi sono in parte inammissibili, in parte infondati.

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