Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 2 novembre 2017, n. 26061. Sono inefficaci le rimesse alla banca effettuate dalla società poi fallita l’anno prima dell’ammissione all’amministrazione controllata

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E’ quanto accaduto nel caso in esame, in cui, peraltro, la Corte di merito non ha soltanto omesso di procedere ad un apprezzamento complessivo degli elementi acquisiti agli atti, limitandosi a criticare punto per punto la valutazione compiuta dalla sentenza di primo grado, ma, nel prendere in esame i singoli indizi, ha attribuito agli stessi un significato irrazionale e palesemente contrario al senso comune. Pur muovendo dalla considerazione, corrispondente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ in tema di revocatoria fallimentare, che la conoscenza dello stato d’insolvenza dev’essere effettiva, e non meramente potenziale, ed affermando pertanto la necessita’ della prova di concreti elementi di collegamento tra la convenuta ed i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 19/02/2015, n. 3336; 30/07/2014, n. 17286; Cass., Sez. VI, 3/05/2012, n. 6686), essa non ha fatto buon governo di tale principio, avendo omesso di porre i predetti elementi in relazione con la natura di agente economico qualificato da riconoscersi alla convenuta, tale da consentirle l’acquisizione d’informazioni ordinariamente non accessibili ai comuni operatori, ed avendone pertanto trascurato la peculiare capacita’ di percepire, nella situazione in cui si era trovata concretamente ad operare, i segnali della situazione di dissesto in cui versava la societa’ debitrice.
Pur ammettendo che la Banca era in grado di accedere ai bilanci dell'(OMISSIS), la sentenza impugnata ha infatti escluso che essa potesse rendersi conto dello stato di decozione attraverso una valutazione oggettiva delle relative risultanze, attestanti una grave crisi finanziaria in atto, ponendo in risalto la soggettiva convinzione degli organi sociali di poter superare il momento di difficolta’, emergente dalle ottimistiche previsioni contenute nella relazione di accompagnamento, senza tener conto della disponibilita’ da parte della convenuta di mezzi ed informazioni tali da permetterle di verificare in modo autonomo e tecnicamente qualificato il carattere realistico di tali aspettative. Tale profilo e’ stato trascurato anche nella valutazione della vicenda concernente la richiesta di dilazione per il rimborso di un prestito, rivolta dalla societa’ fallita e da un’altra societa’ del medesimo gruppo nel periodo immediatamente anteriore all’effettuazione delle rimesse impugnate, nonche’ il piano di risanamento sottoposto alle banche in epoca immediatamente successiva, e seguito dall’instaurazione di trattative svoltesi anche attraverso la convocazione di riunioni interbancarie: ancora una volta, infatti, la Corte di merito ha conferito illogicamente rilievo all’atteggiamento fiducioso degli organi sociali, emergente da una lettera inviata alle banche, evidenziando inoltre la mancata dimostrazione delle date in cui si erano tenute le predette riunioni e del relativo esito, senza tener conto della gravita’ del contesto aziendale in cui s’inscrivevano tali iniziative e del significato che le stesse potevano assumere agli occhi di un soggetto esperto e bene informato qual era la Banca convenuta.
Le predette incongruenze, oltre ad inficiare la coerenza logica del ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, si ripercuotono negativamente sulla stessa correttezza giuridica della decisione, in quanto, costituendo espressione di un orientamento tendente a privilegiare, nella valutazione degl’indizi dello stato d’insolvenza, l’atteggiamento soggettivo del debitore a scapito di quello del creditore, si pongono in contrasto con lo stesso oggetto dell’accertamento richiesto dalla L. Fall., articolo 67, comma 2, consistente nella consapevolezza da parte del terzo dello stato di dissesto in cui versava il fallito all’epoca del compimento dell’atto impugnato: significative appaiono in proposito le conclusioni cui e’ pervenuta la Corte di merito, la quale, nell’affermare che gli elementi acquisiti agli atti potevano essere valutati anche come sintomo di una momentanea e non gia’ strutturale difficolta’ dell’impresa, ha posto in rilievo che tale situazione era “accompagnata dalla volonta’ e dall’impegno della medesima di far fronte ai propri obblighi nei confronti dei creditori e, quindi, (dal)la sussistenza della relativa capacita’”, come se ai fini della configurabilita’ della scientia decoctionis assumesse rilievo l’affidamento riposto dal terzo in ordine ai buoni propositi ed alle assicurazioni fornite dal debitore, piuttosto che la possibilita’ di rendersi oggettivamente conto della capacita’ del debitore di far fronte regolarmente alle sue obbligazioni.
4. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Palermo, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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