Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 gennaio 2018, n. 99. Il giudice di pace non può avere dal ministero della Giustizia i danni per la malattia contratta nell’ambiente di lavoro

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7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 2087 c.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2087 c.c.. Assume che, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, l’articolo 2087 c.c., troverebbe applicazione anche nei confronti dei giudici di pace, perche’ essi non potrebbero ritenersi soggetti estranei all’ambiente di lavoro. Sostiene, inoltre, che l’adozione dei provvedimenti a tutela del lavoratore hanno contenuto immediatamente precettivo in quanto trovano fondamento nell’articolo 32 Cost..
8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., per erronea qualificazione dell’azione risarcitoria. Deduce che il tenore del ricorso di primo grado (pg. 10) e dell’atto di appello (pg. 22), al pari delle conclusioni formulate nel giudizio di primo grado, evidenziavano che la responsabilita’ del Ministero era stata fondata “alla stregua dell’oramai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ (cfr. ex plurimis Cass. Sent. N. 8422/97 e n. 4468/95) sia in base al rilievo costituzionale del diritto alla salute, articolo 32 Cost., sia per il principio di correttezza e buona fede, nell’attuazione del rapporto obbligatorio, articoli 1175 e 1375 c.c., cui deve essere improntato e deve ispirarsi anche lo svolgimento del rapporto di lavoro, sia, infine, pur se nell’ambito della generica responsabilita’ extracontrattuale o aquiliana ex articolo 2043 c.c., in tema di “neminem ledere”. Assume, invocando la pronuncia di questa Corte n. 398 del 1994 che la qualificazione giuridica del rapporto sul quale la domanda e’ fondata e’ esclusivo compito del giudice, il quale ha “l’obbligo di definire il rapporto prescindendo dalla denominazione con il solo limite di non alterare il “petitum” e la “causa petendi”.
9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2, comma 1, del T.U n. 81 del 2008 per non avere la Corte territoriale ricompreso la figura del funzionario onorario ovvero del magistrato onorario nell’ambito della definizione “lavoratore” e per avere escluso che detta norma sia in contrasto con gli articoli 2, 3, 4, 32 e 35 Cost., “per evidente disparita’ di trattamento”.
10. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 1 e 4, e Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 5, per erronea valutazione della eccezione di illegittimita’ costituzionale, formulata con riguardo agli articoli 2, 3, 4, 32 e 35 Cost., nella parte in cui le disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, e nel Decreto Legislativo n. 38 del 2000, non prevedono tra le persone che debbano godere della assicurazione Inail la figura del funzionario onorario nonostante la indiscutibile figura di lavoratore che assume il magistrato onorario. Ripropone, poi, la questione di legittimita’ costituzionale.
11. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio per avere la Corte territoriale omesso di pronunciare sulla domanda di nullita’ e/o di rinnovazione della CTU, dedotta quale motivo di appello da esso ricorrente e di avere, poi, nondimeno condannato esso ricorrente al pagamento delle spese della CTU espletata nel giudizio di primo grado in accoglimento dell’appello incidentale proposto dall’Inail.
12. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 134 c.p.c., e articolo 111 Cost., per avere omesso la Corte territoriale omesso di pronunciare sulle istanze istruttorie formulate nell’atto di appello.
Esame dei motivi .
13. Il primo motivo e’ infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha, da tempo, chiarito che nei confronti dei giudici di pace si instaura un rapporto di servizio non coincidente con quello di pubblico impiego.
14. In particolare, e’ stato osservato che la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte il giudice di pace (cfr. al riguardo, la Legge Istitutrice 21 novembre 1991, n. 374, articolo 1, comma 2, che parla di “magistrato onorario”) ricorre quando esiste un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi che caratterizzano l’impiego pubblico (cfr. per l’enunciazione di tali concetti e come espressione di un indirizzo risalente nel tempo, Cass. Sez. Un. 27/1975, 5129/1982, 2033/1985, 363/1992, 1556/1994) e i due rapporti si distinguono (Cass. SSUU 11272/1998), in base ai seguenti elementi: 1) la scelta del funzionario, che nell’impiego pubblico viene effettuata mediante procedure concorsuali ed e’, quindi, di carattere tecnico-amministrativo, mentre per le funzioni onorarie e’ di natura politico-discrezionale; 2) l’inserimento nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione, che e’ strutturale e professionale per il pubblico impiegato e meramente funzionale per il funzionario onorario; 3) lo svolgimento del rapporto, che nel pubblico impiego e’ regolato da un apposito statuto, mentre nell’esercizio di funzioni onorarie e’ privo di una specifica disciplina, quest’ultima potendo essere individuata unicamente nell’atto di conferimento dell’incarico e nella natura di tale incarico; 4) il compenso, che consiste in una vera e propria retribuzione, inerente al rapporto sinallagmatico costituito fra le parti, con riferimento al pubblico impiegato e che invece, riguardo al funzionario onorario, ha carattere meramente indennitario e, in senso lato, di ristoro degli oneri sostenuti; 5) la durata del rapporto che, di norma, e’ a tempo indeterminato nel pubblico impiego e a termine (anche se vi e’ la possibilita’ del rinnovo dell’incarico) quanto al funzionario onorario.

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