Il testo integrale[1]

 

Per la Cassazione allorquando l’amministrazione fa valere ragioni intrinseche di responsabilità disciplinare e non di responsabilità dirigenziale, anche per i dirigenti non può che trovare applicazione la disciplina generale di cui all’art. 55 del Dlgs n. 165 del 2001 (nel testo all’epoca vigente) e non anche quella di cui all’art. 21 dello stesso Dlgs.

Per cui tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale è anche l’organo competente all’irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura, con la conseguenza che il procedimento instaurato da un soggetto diverso al predetto ufficio è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità, restando altresì escluso l’intervento nel procedimento del comitato dei garanti, che è previsto per il diverso caso della responsabilità dirigenziale.

Infatti, la ratio sottesa al citato art. 55 va individuata nell’esigenza di assoggettare ai medesimi organi disciplinari l’esame della condotta di tutti coloro – e quindi anche dei dirigenti – cui vengono contestati addebiti che, in ragione della natura subordinata del loro rapporto lavorativo, configurano un inadempimento agli obblighi scaturenti da detti rapporti, con esclusione quindi di quelle condotte che necessitano invece di giudizi che richiedono differenti criteri valutativi per avere ad oggetto non la configurabilità della responsabilità disciplinare dei dirigenti ma la responsabilità scaturente da un esercizio dei loro poteri del tutto inadeguato rispetto alla rilevanza delle funzioni ad essi attribuite.

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