Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 ottobre 2017, n. 23051. L’esonero dei contributi dovuti all’Inpgi

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1. Col primo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e della L. n. 153 del 1969, articolo 12, dolendosi del fatto che la Corte d’appello non avrebbe considerato la genericita’ e superficialita’ delle rilevazioni contenute nel verbale di accertamento redatto dall’INPGI, avrebbe erroneamente valutato la documentazione comprovante la natura degli aggiornamenti professionali che avevano dato luogo ai rimborsi spesa oggetto di causa ed avrebbe erroneamente interpretato la L. n. 153 del 1969, articolo 12 e l’articolo 45 del CCNL giornalisti. Invero, secondo parte ricorrente, gli aggiornamenti erano afferenti ai corsi di lingua straniera, ai seminari ed alle iniziative culturali attinenti a specifiche competenze (sport), alle visite ad altre redazioni o realta’ sportive italiane ed estere, come comprovato dalle ricevute di pagamento oggetto di causa. Inoltre la citata norma collettiva di cui all’articolo 45 non dettava alcuno specifico contenuto di tale aggiornamento professionale, per cui la societa’ era libera di autodeterminarsi.
2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, la ricorrente societa’, nel contestare la decisione nella parte in cui e’ stato escluso il piu’ favorevole regime sanzionatorio di cui alla L. n. 388 del 2000, articolo 116, lamenta che la Corte d’appello e’ incorsa in errore nel non ritenere l’INPGI obbligato all’applicazione di quest’ultima norma relativamente alle misure per favorire l’emersione del lavoro irregolare ed alla concessione di sconti sulle sanzioni che le aziende devono pagare agli istituti previdenziali per il ritardato pagamento dei contributi e dei premi.
3. Osserva la Corte che entrambi i motivi sono infondati.
Orbene, con riferimento al primo motivo di censura, si rileva che la L. n. 153 del 1969, articolo 12, stabilisce che debba essere assoggettato a contribuzione “tutto cio’ che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro”, per cui tale norma da’ luogo ad una presunzione generale di assoggettamento che puo’ essere vinta solo dalla dimostrazione che l’erogazione appartenga ad una delle categorie espressamente escluse da contributo dal medesimo articolo 12, comma 2 (v. da ult. Cass. sez. lav. n. 8382/2016, nonche’ Cass. n. 461 del 2011).
4. Pertanto, nel caso di specie, bene ha fatto la Corte di merito a basare la propria decisione sul fatto che fosse necessaria la prova della effettivita’ degli aggiornamenti professionali contrattualmente previsti ai fini della dimostrazione del diritto all’esenzione dal generale obbligo contributivo, onere, questo, che competeva alla societa’ appellante che intendeva avvalersene e che, invece, la Corte di merito ha ritenuto non assolto sulla base degli atti di causa.
Infatti, per quanto possa essere interesse dell’azienda il miglioramento del capitale umano dei propri dipendenti, l’articolo 45 CCNLG confina la rilevanza giuridica di codesto interesse nell’ambito delle attivita’ “attinenti le loro specifiche competenze”, onde l’esonero contributivo puo’ essere legittimamente rivendicato solo previa dimostrazione della correlazione tra le attivita’ di aggiornamento professionale e le competenze del giornalista che ne beneficia, rientrando diversamente nella presunzione generale di cui alla citata L. n. 153 del 1969, articolo 12.
5. Quanto alla questione del regime sanzionatorio, nel ribadirsi l’infondatezza della relativa censura, si osserva che questa Corte ha gia’ avuto modo di pronunziarsi in siffatta materia affermando (Cass. sez. lav. n. 838 del 19.1.2016) che “in caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), privatizzato ai sensi del Decreto Legislativo n. 509 del 1994, la disciplina sanzionatoria prevista dalla L. n. 388 del 2000, articolo 116, non si applica automaticamente poiche’ l’Istituto, per assicurare l’equilibrio del proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni, soggette ad approvazione ministeriale, fermo l’obbligo, a norma della L. n. 388 del 2000, articolo 76, di coordinare l’esercizio di tale potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria, sicche’ il nuovo regime sanzionatorio e’ inapplicabile alle obbligazioni contributive riferite a periodi antecedenti al recepimento della disciplina da parte dell’istituto.”(conf. a Cass. sez. lav. n. 12208 del 6.6.2011).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della societa’ ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 5700,00, di cui Euro 5500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

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