Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 novembre 2017, n. 26163 . Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici, l’azione giudiziaria può essere proposta – a pena di decadenza – entro 3 anni…

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4. Con un unico mezzo d’impugnazione l’Inps deduce violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47 nel testo sostituito dal Decreto Legge 19 settembre 1992, n. 384, articolo 4, comma 1, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, lamentando che il Giudice d’appello non si sia avveduto del fatto che all’accoglimento della domanda della lavoratrice ostava l’intervenuta decadenza sostanziale dall’azione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n.639 del 1970, articolo 47 essendo trascorso, tra la presentazione della domanda amministrativa (il 25 ottobre 2007) e la data di deposito del ricorso in giudizio (il 15 gennaio 2010), un termine superiore ad un anno e trecento giorni.
5. Il ricorso e’ manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Cass. 8 luglio 2014, n.15531 e successive conformi; fra le tante, v. Cass. 4 febbraio 2016, n. 2249, Cass. 3 maggio 2016, n.8671, Cass. 25896 del 2016; fra le piu’ recenti, v. Cass. 25 gennaio 2017, n.1877 e Cass. 18 aprile 2017, n.9158).
6. Il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 47 nel testo sostituito dal Decreto Legge 19 settembre 1992, n. 384, articolo 4, comma 1, convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438, operante ratione temporis ed anteriore alle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 98 del 2011, articolo 38 conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111, dispone quanto segue: “Esauriti i ricorsi in via amministrativa, puo’ essere proposta l’azione dinanzi all’autorita’ giudiziaria ai sensi dell’articolo 459 c.p.c. e segg.. Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza di termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione. Per le controversie in materia di prestazioni della Gestione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, articolo 24, l’azione giudiziaria puo’ essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di un anno dalle date in cui al precedente comma. Dalla data della reiezione della domanda di prestazione decorrono, a favore del ricorrente o dei suoi aventi causa, gli interessi legali sulle somme che risultino agli stessi dovute. L’Istituto nazionale della previdenza sociale e’ tenuto ad indicare ai richiedenti le prestazioni o ai loro aventi causa, nel comunicare il provvedimento adottato sulla domanda di prestazione, i gravami che possono esser proposti, a quali organi debbono essere presentati ed entro quali termini. E’ tenuto, altresi’, a precisare i presupposti ed i termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria”.
7. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 19992 del 2009, hanno chiarito che la decadenza annuale dall’azione prevista dal disposto sopra riportato si applica anche alle prestazioni erogate dal Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, in quanto questo rientra nella “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” di cui alla L. n. 1989 del 1988, articolo 24, richiamato nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1970, articolo 47, comma 3.
8. L’Inps sostiene, correttamente, che tale decadenza nel caso si sia verificata, essendo ampiamente decorso il termine di un anno e trecento giorni corrispondente alla durata massima complessiva del procedimento amministrativo risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni previsto per la decisione della domanda dalla L. 11 agosto 1973, n. 533, articolo 7 e di centottanta giorni, previsto per la decisione del ricorso amministrativo dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, articolo 46, commi 5 e 6 – dalla presentazione delle domande amministrative all’Inps.
9. Neanche l’eventuale decisione tardiva dell’istituto sulla domanda amministrativa e la decisione del ricorso tardivamente proposto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, possono costituire circostanze idonee a far slittare la decorrenza della decadenza rispetto alle scadenze legislativamente previste, trattandosi di termini dettati da disposizioni di ordine pubblico, indisponibili dalle parti e sulle quali l’attivita’ delle stesse non puo’ incidere (v., Cass., Sez.U, nn. 12718 e 19992 del 2009).
10. Sempre in ragione del fatto che si tratta di una decadenza di ordine pubblico, con conseguente inderogabilita’ della relativa disciplina, irrinunciabilita’ e rilevabilita’ d’ufficio da parte del giudice, si e’ pure affermato che non rileva, al fine di far slittare tale dies a quo, la decisione intervenuta sul ricorso amministrativo tardivamente proposto, restando preclusa la possibilita’, per le parti, di derogare, attraverso propri atti o comportamenti, alla disciplina legale (v., fra le altre, Cass. n. 19225 del 2011 e Cass. n. 7148 del 2008) e lo stesso principio e’ stato applicato all’ipotesi di tardivo provvedimento di rigetto, nel merito, da parte dell’istituto previdenziale (v., ex multis, Cass. n. 3592 del 2006, n. 13276 del 2007; v., inoltre, Cass., Sez.U., 26019/2008, sulla natura di ordine pubblico della decadenza sostanziale dall’azione e sulla rilevabilita’, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, e proponibilita’, per la prima volta, anche in Cassazione).
11. Neanche si versa, nel ricorso all’esame, in ipotesi di giudicato interno sulla questione di decadenza.
12. In conclusione, all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia puo’ essere decisa nel merito, ex articolo 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda.
13. Quanto alle spese dell’intero processo, mentre si reputa equo compensare tra le parti quelle dei gradi di merito – tenuto conto dei tempi di consolidamento degli orientamenti della giurisprudenza, anche di legittimita’ – per quanto concerne, invece, le spese del giudizio di legittimita’ esse vanno poste a carico della parte controricorrente soccombente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e pone quelle del giudizio legittimita’ a carico della parte intimata, liquidate in Euro 900,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.

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