Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 3 gennaio 2018, n. 24. Per le sanzioni lavorative legate al mancato rispetto dell’orario giornaliero e quindi contro lo sfruttamento dei prestatori si deve applicare la disciplina prevista dal regio decreto legge n. 692/1923 e non quella disposta dall’articolo 18-bis del Dlgs 66/2003

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7. Sul contesto normativo cosi’ ricostruito, interveniva, quindi, la Corte costituzionale con la sentenza n. 153 del 2014 che dichiarava l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 18 bis, commi 3 e 4, (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE,concernenti la regolamentazione dell’orario di lavoro). Tale statuizione, scaturita a seguito di scrutinio avente ad oggetto la violazione dei principi della legge delega derivante dalla previsione, nel Decreto Legislativo n. 66 del 2003, articolo 18 bis, di sanzioni amministrative piu’ elevate rispetto a quelle del sistema previgente, ed in particolare, il quesito concernente le sanzioni introdotte con il citato articolo 18 bis, e se le stesse potessero essere considerate diverse, ed in tal caso, maggiori, rispetto “a quelle eventualmente gia’ comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensivita’”, e’ stata articolata dalla Corte Costituzionale sulla base delle seguenti argomentazioni:
a) La sussistenza del rapporto di omogeneita’ tra le due normative sopra citate, costituisce, evidentemente, un aspetto decisivo, perche’ il riconoscimento dell’eventuale non omogeneita’ delle nuove sanzioni rispetto alle precedenti escluderebbe la sussistenza della violazione della legge delega;
b) costituisce giurisprudenza pacifica della Corte Costituzionale, il principio secondo il quale, ove sia necessario verificare la conformita’ della norma delegata alla norma delegante, risulta necessario svolgere un duplice processo ermeneutico, da condurre in parallelo: l’uno, concernente la norma che determina l’oggetto, i principi e i criteri direttivi della delega, l’altro, relativo alla norma delegata, da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi;
c) nel determinare il contenuto della delega si deve tener conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega e i relativi principi e criteri direttivi, nonche’ delle finalita’ che la ispirano, che rappresentano non solo la base ed il limite delle norme delegate, ma anche lo strumento esegetico per la loro interpretazione;
d) tra i due sistemi normativi, quello di cui al R.Decreto Legge n. 692 del 1923 e quello introdotto con il Decreto Legislativo n. 66 del 2003, intercorre una sostanziale coincidenza nella logica di fondo che ispira i due diversi sistemi: entrambi sanzionano l’eccesso di lavoro e lo sfruttamento del lavoratore che ne consegue, ponendo limiti all’orario di lavoro giornaliero e settimanale ed imponendo periodi di necessario riposo;
e) il sistema delineato dal Decreto Legislativo n. 66 del 2003, pur in parte diverso da quello passato, presenta una definizione dei limiti di lavoro e delle relative violazioni omogenea rispetto a quella precedente;
8. Dall’esame combinato della motivazione e del dispositivo della citata pronuncia del Giudice delle leggi, emerge, inequivocabilmente; la sua natura abrogativa, con la conseguente necessita’, in relazione al presente giudizio di dover asseverare gli effetti dalla stessa determinati. Su tale tematica (effetti della sentenza della Corte costituzionale su una disposizione di legge abrogativa di altra legge precedente), occorre dare continuita’ ad un principio di diritto affermato da questa Corte in tempi, peraltro, non recenti (Cass. n. 3284 del 1979), secondo il quale, a seguito della dichiarazione di illegittimita’ costituzionale di una disposizione di legge abrogativa di altra legge precedente, ridiventa operante la norma abrogata dalla disposizione dichiarata illegittima, in quanto con la perdita fin dall’origine dell’efficacia della norma, vengono travolti anche gli effetti abrogativi che essa produceva, a differenza dell’abrogazione legislativa che opera soltanto dall’entrata in vigore del provvedimento che la contiene e che, quindi, salvo che sia espressamente disposto, non ha effetto ripristinatorio delle norme precedenti, che erano state a loro volta da esso abrogate.

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