Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 28 agosto 2014, n. 18425


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente
Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16501/2008 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), gia’ elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti e da ultimo presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.C.A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 256/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/06/2007 r.g.n. 1304/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – premesso di essere dipendenti della (OMISSIS) Soc. coop. a r.l., delegate sindacali; di avere fruito di permessi sindacali retribuiti nelle giornate del 4 novembre 1996 e del 2 giugno 1997, coincidenti con festivita’ soppresse dalla Legge n. 54 del 1977, e di avere ricevuto la retribuzione, ma non anche la maggiorazione per il lavoro festivo, previsto dall’articolo 86 del CCNL di settore – hanno chiesto, con ricorso, depositato il 24 aprile 2003, al Tribunale del lavoro di Bologna la condanna della societa’ datrice di lavoro al pagamento delle somme a ciascuna di loro spettante per i due suddetti giorni, con accertamento del relativo diritto non solo in rapporto al 4 novembre 1996 e 2 giugno 1997, ma anche “per tutte le festivita’ soppresse coincidenti con la domenica non retribuita con la maggiorazione maturata successivamente alle predette date” e con conseguente condanna della medesima societa’ al pagamento “delle ulteriori somme ai medesimi titoli illegittimamente non retribuite in misura maggiorata, maturate successivamente al 2 giugno 1997”.
A sostegno della domanda, le ricorrenti hanno sostenuto la piena equiparazione dell’assenza dall’azienda, per godimento di permesso sindacale, con l’effettiva prestazione di lavoro.
Si radicava il contraddittorio con la societa’ convenuta, che resisteva alle domande chiedendone il rigetto.
Con sentenza del 31 maggio 2004 il Tribunale adito ha accolto parzialmente il ricorso, condannando la (OMISSIS) a corrispondere alle ricorrenti la maggiorazione dalle stesse richiesta per le giornate del 4 novembre 1996 e del 2 giugno 1997.
2. Avverso questa pronuncia la (OMISSIS) Soc. coop. a r.l. ha proposto appello, affidato a due motivi.
Si sono costituite le lavoratrici ed hanno resistito all’impugnazione.
Con sentenza del 3 aprile del 2007 – 11 giugno 2007 la Corte d’appello di Bologna ha accolto l’impugnazione e riformando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda compensando le spese tra le parti.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione le lavoratrici con un unico motivo.
Resiste con controricorso la parte intimata che ha anche depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso le ricorrenti denunciano violazione falsa applicazione dell’articolo 86 C.C.N.L. settore turismo ora riportato nell’articolo 108 C.C.N.L. settore turismo del 22 gennaio 1999 in rapporto alla Legge n. 300 del 1970, articolo 23, e all’articolo 1362 c.c. e ss.. Pongono il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se, ai sensi dell’articolo 86 trasfuso senza modificazioni dell’articolo 108 C.C.N.L. settore turismo del 22 gennaio 1999, in rapporto alla Legge n. 300 del 1970, articolo 23, e all’articolo 1362 c.c. e ss., ai lavoratori in godimento di permesso sindacale nelle giornate coincidenti con le ex festivita’ soppresse di cui alla Legge 5 marzo 1977, n. 74, articolo 1, spetti oltre al trattamento economico mensile, la retribuzione per le ore di fruizione dei permessi sindacali, ritenuta la piena equiparazione tra fruizione di permessi sindacali ai sensi della Legge 20 maggio 1970, n. 300, articolo 23, e prestazione lavorativa.
2. Il ricorso e’ infondato.
Con riferimento alla questione dibattuta tra le parti questa Corte ha affermato – e qui ribadisce – che non trova applicazione il principio dell’onnicomprensivita’ della retribuzione. Cfr., Cass., sez. lav., 15 dicembre 1989. n. 5647, che ha chiarito che nel trattamento economico spettante al lavoratore subordinato nei periodi di assenza per permessi sindacali (nonche’ per ferie), non deve essere incluso un’indennita’ contrattuale quale il contributo-pasto, ancorche’ configuri un’erogazione del datore di lavoro di natura retribuiva, ove dai patti della contrattazione collettiva od individuale emerga la volonta’ delle parti di limitare detta erogazione alle sole giornate in cui vi sia stata effettiva presenza al lavoro, atteso che il cosiddetto principio dell’omnicomprensivita’ della retribuzione – che consiste nell’inclusione di ogni compenso avente carattere di continuita’, obbligatorieta’ e determinatezza e che e’ adottato dal legislatore con riferimento a specifici istituti – non ha valore di regola generale nell’ordinamento, limitativa dell’autonomia privata, e non osta a che questa (nel rispetto del precetto fissato nell’articolo 36 Cost. in tema di giusta retribuzione) dopo aver previsto un compenso di natura retributiva, disponga di non includere tale elemento nel calcolo della retribuzione rilevante per altri istituti contrattuali, od anche legali, laddove manchi – come nel suddetto caso del trattamento per permessi sindacali – una norma che imponga di commisurarlo a tutti gli elementi della retribuzione, specificamente considerati. Cfr. anche Cass., sez. lav. 9 luglio 1990, n. 3818, che ha affermato che il principio di onnicomprensivita’ della retribuzione non ha valore di regola generale dell’ordinamento, limitativa dell’autonomia privata, la quale percio’, nel rispetto del limite costituito dal disposto dell’articolo 36 Cost. sulla proporzionalita’ e sufficienza della retribuzione, ben puo’, dopo aver previsto un compenso di natura retributiva, disporne l’esclusione dal calcolo della retribuzione per istituti indiretti, anche legali, laddove manchi una norma che imponga la commisurazione del relativo trattamento a tutti gli elementi della retribuzione. Pertanto, il problema se il contributo-pasto – che si configura come emolumento di carattere non risarcitorio ma retribuivo, in quanto corrispettivo delle normali modalita’ della prestazione lavorativa – sia o no da includere nel trattamento economico dovuto per permessi sindacali (oltre che per ferie) deve essere risolto alla stregua della disciplina legislativa propria di ciascuno dei detti istituti; ne deriva che l’esclusione del detto contributo dal computo delle voci retributive indirette, disposta dalla relativa disciplina contrattuale, mentre e’ legittima in particolare quanto ai permessi, per i quali la legge (Legge n. 300 del 1970, articolo 23) impone solo che le relative assenze dal lavoro siano retribuite.
Quanto alla normativa contrattuale il citato articolo 86 CCNL di settore dispone che “al lavoratore chiamato a prestare servizio in una delle predette festivita’ soppresse dalla Legge n. 54 del 1977, spetta oltre, oltre al trattamento economico mensile, la “retribuzione per le ore di servizio effettivamente prestate”. Quindi la norma contrattuale richiede l’effettiva prestazione del servizio perche’ sorga il diritto alla maggiorazione retributiva in questione.
4. Il ricorso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 100,00 (cento) per esborsi oltre euro 2.000,00 (duemila) per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge.

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