Legittimo il licenziamento del dipendente che non abbia applicato la dovuta diligenza nell’esaminare la documentazione in merito a cinque pratiche di visto
Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 24 gennaio 2017, n. 1749
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACIOCE Luigi – Presidente
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13726-2015 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– controricorrente sostanzialmente incidentale all’Avvocatura Generale dello Stato –
avverso la sentenza n. 8384/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2014 R.G.N. 6515/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti del Ministero degli Esteri, volto alla declaratoria di illegittimita’ del licenziamento intimato in data 12.4.2011 ed alla pronuncia dei provvedimenti reintegratori, economici e reali.
2. La Corte territoriale, per quanto ancora oggi rileva, ha ritenuto provata la condotta addebitata (avere ricevuto in relazione a cinque pratiche di visto, domande al di fuori della lista ordinarla degli appuntamenti, non avere verificato con la dovuta diligenza la documentazione allegata a corredo della domanda, avere garantito la personale conoscenza ed il rientro in patria, per tal via condizionando l’operato del back office competente al rilascio del visto), la sua sussumtilita’ entro la fattispecie, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 164 e 166 della “ripetuta e grave negligenza di inosservanza dei doveri di ufficio”; ha qualificato detta condotta di gravita’ tale da legittimare il recesso, avuto riguardo alla delicatezza dei compiti affidati al lavoratore nella materia particolarmente “sensibile” dell’immigrazione dalla Tunisia all’Italia, compiti richiedenti massima attenzione per fronteggiare il notorio fenomeno dell’immigrazione clandestina.
3. Avverso detta sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 12 motivi, al quale il Ministero degli Affari Esteri ha resistito con controricorso, depositato oltre il termine di cui all’articolo 370 c.p.c., comma 1.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sintesi dei motivi.
4. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 113 c.p.c., in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 164 e 166 degli articoli 1362 e 1365 c.c. in relazione agli articoli 14 (sanzioni disciplinari) e 15 (risoluzione del contratto) del contratto di impiego di esso ricorrente, per avere la Corte territoriale formulato il giudizio di gravita’ alla luce delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 164 e 166 nel testo non piu’ applicabile ratione temporis, senza tenere conto delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 103 del 2000.
5. Sostiene che le nuove disposizioni consentono il licenziamento nelle sole ipotesi di condotte estremamente gravi connotate dall’elemento del dolo.
6. Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 5 e articolo 2119 c.c., in relazione all’articolo 2697 c.c., commi 1 e 2, e dell’articolo 416 c.p.c. (secondo motivo), nullita’ della sentenza e del procedimento in relazione all’articolo 116 c.p.c. (terzo motivo), nullita’ della sentenza e del procedimento in relazione all’articolo 437 c.p.c. (quarto motivo).
7. Assume che la Corte territoriale avrebbe fondato la sua decisione omettendo di esaminare la documentazione relativa alle pratiche dei visti oggetto di contestazione, che il Ministero non aveva prodotto in giudizio (secondo e terzo motivo), e senza acquisirla in via officiosa (quarto motivo).
8. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 166 e violazione dell’articolo 15 del contratto individuale di lavoro, in relazione all’articolo 43 c.p. e articoli 1218, 1225 e 2013 c.c., per avere la Corte territoriale ricondotto il dolo alla mera consapevolezza della condotta, prescindendo dall’elemento della intenzionalita’ e per avere trascurato la valutazione del suo curriculum professionale e delle note di encomio, l’assenza di provvedimento disciplinari, l’esame delle linee guida per il rilascio dei visti. Lamenta, inoltre, la mancata considerazione della avvenuta archiviazione del procedimento penale che aveva avuto ad oggetto i medesimi fatti oggetto degli addebiti disciplinari, e delle testimonianze scritte dal Capo Ufficio visti (OMISSIS) e dai funzionari (OMISSIS) e (OMISSIS).
9. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e articolo 116 c.p.c., comma 1, in relazione agli articoli 2727, 2728, 2729 c.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe fatto ricorso, quanto al dolo, alla prova presuntiva, in assenza dei requisiti della gravita’, precisione e concordanza.
10. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 164 e 166 per avere la Corte territoriale ritenuto legittima la sanzione espulsiva, a fronte della disposizione contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 164, comma 2 che commina la sanzione conservativa della riduzione della retribuzione in misura non superiore ad un quinto e per non piu’ di sei mesi nei casi di ripetuta o piu’ grave negligenza, di inosservanza dei doveri di ufficio.
11. Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia nullita’ della sentenza per contraddittorieta’ ovvero per violazione dell’articolo 113 c.p.c., per avere la Corte territoriale affermato la dolosita’ della condotta posta a base del licenziamento, pur avendola riferita alla grave negligenza e alla inosservanza dei doveri di ufficio.
12. Con il nono motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 5 e articolo 2119 c.c., in relazione all’articolo 2729 c.c., lamentando che la Corte territoriale avrebbe addossato ad esso ricorrente l’onere di provare il mancato rientro in Tunisia di quattro dei cinque soggetti che avevano presentato domanda per il visto.
13. Con il decimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1375 e 1366 c.c. in relazione all’articolo 2697 c.c., per avere la Corte territoriale posto a carico di esso ricorrente l’onere di attivarsi per il reperimento della documentazione delle persone che avevano ottenuto il visto.
14. Con l’undicesimo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 5 e articolo 2119 c.c., in relazione all’articolo 2697 c.c., commi 1 e 2 ed all’articolo 115 c.p.c., dolendosi del fatto che la Corte territoriale avrebbe ritenuto provati i fatti dedotti dal datore nonostante l’assenza di prova e avrebbe ritenuto non provati i fatti dedotti da esso lavoratore.
15. Con il dodicesimo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo gia’ discusso tra le parti in relazione alla L. n. 604 del 1966, articolo 5 e articolo 2119 c.c. ed alla mancanza di documenti comprovanti l’asserito illegittimo comportamento di esso ricorrente.
Esame dei motivi.
16. Il primo, il settimo e l’ottavo motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati nella parte in cui denunciano vizio di violazione di legge.
17. L’ applicazione del vecchio testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 164 e 166 in luogo di quello modificato dal Decreto Legislativo n. 103 del 2000, articolo 1, comma 1 dedotta come erronea, nel primo motivo, e’ priva di rilievo in quanto la valutazione della condotta del ricorrente formulata nella sentenza impugnata si attaglia pienamente alla disposizione contenuta nell’articolo 166, lettera d) nuovo testo, che punisce con il licenziamento senza preavviso la “commissione in genere di atti o fatti dolosi di gravita’ tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro”.
18. Va, al riguardo, rilevato che la Corte territoriale ha fondato il giudizio di gravita’ della condotta addebitata sulla circostanza che, con riferimento a cinque pratiche, l’odierno ricorrente: ne aveva consapevolmente (in tal senso doveva essere inteso il riferimento alla “dolosita’ degli atti contenuto nella contestazione disciplinare) consentito la loro ammissione, in violazione delle modalita’ prescritte dalla normativa interna; non aveva effettuato i controlli della documentazione, a fronte della presenza di dati anomali ed incongruenti evincibili dai documenti stessi; aveva dato seguito alle pratiche senza segnalare le anomalie al back-office; aveva garantito la personale conoscenza dei richiedenti il visto ed addirittura il rientro in patria.
19. La tenuta della sentenza resiste anche alle censure formulate nel settimo e nell’ottavo motivo, posto che la Corte territoriale ha qualificato come particolarmente grave, e tale da legittimare l’applicazione della sanzione risolutiva, la condotta compendiatasi nella ripetuta e grave negligenza e nell’inosservanza dei doveri di ufficio, valutando sia la consapevolezza della condotta (intenzionalita’) sia la delicatezza dei compiti affidati all’odierno ricorrente nel settore, particolarmente delicato, della immigrazione dalla Tunisia all’Italia e al particolare impegno richiesto nell’espletamento di siffatti compiti in ragione della necessita’ di ostacolare il fenomeno dell’immigrazione clandestina. Vanno richiamate le considerazioni svolte nel punto 17 di questa sentenza.
20. Sono inammissibili nella parte in cui (ottavo motivo) addebitano alla sentenza vizi motivazionali. La sentenza impugnata e’ stata pubblicata il 19.11.2014, trova, dunque applicazione, il nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 2, n. 5, come sostituito dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, nella nozione datane dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053 del 2014.
21. Il secondo il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati in quanto non risulta che il ricorrente in sede di appello si sia doluto del fatto che il Ministero non avesse prodotto i documenti relativi alle pratiche dei visti e nemmeno che abbia sollecitato, nel corso dei giudizi di merito, l’esercizio di poteri istruttori officiosi, sul rilievo della indispensabilita’ della acquisizione di detti documenti.
22. Il quinto ed il sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.
23. Le argomentazioni spese a corredo dei motivi in esame non consentono di cogliere appieno il senso delle censure che, pur prospettando violazione di norme di legge, non mettono in discussione la correttezza del giudizio valoriale di gravita’ formulato dalla Corte territoriale. Esse, piuttosto, sembrano mirare alla rivalutazione degli elementi probatori utilizzati dalla Corte territoriale per ricostruire l’elemento soggettivo della condotta addebitata disciplinarmente, attraverso la implicita, ed inammissibile (punto 20 di questa sentenza), denuncia di omesso esame di circostanze di fatto (valutazione del curriculum professionale, note di encomio, l’assenza di provvedimento disciplinari, l’esame delle linee guida per il rilascio dei visti, archiviazione del procedimento penale, testimonianze “scritte”), circostanze queste che rilevano nell’ambito del giudizio di gravita’ della condotta disciplinare ma non ai fini della ricostruzione dell’elemento della intenzionalita’.
24. Il nono, il decimo, l’undicesimo ed il dodicesimo motivo sono infondati atteso che la Corte territoriale non ha assolutamente invertito l’onere della prova ma ha accertato che l’Ambasciata aveva fornito la prova del mancato ritorno in patria di alcuni richiedenti il visto e che, a fronte di detta prova, l’odierno ricorrente non aveva fornito elementi probatori di segno opposto. Ne’ la Corte territoriale ha posto a carico del ricorrente l’onere di allegare la documentazione concernente i fatti contestati in sede disciplinare.
25. Il dodicesimo motivo e’ inammissibile nella parte in cui denuncia violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (punto 20 di questa sentenza).
26. Non occorre pronunciare sulle spese del presente giudizio avuto riguardo alla tardivita’ del controricorso ed alla mancata partecipazione del Ministero alla odierna udienza di discussione.
27. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis
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