Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 febbraio 2018, n. 4069. In tema di lavoro a tempo parziale verticale, nel regime di cui al d.lgs. n. 61 del 2000, nel bilanciamento fra il diritto del lavoratore all’integrale fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, della l. n. 104 del 1992

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La Corte ha riferito che dall’1/1/2009 era divenuto l’Inps l’istituto deputato al riconoscimento dei permessi e che Poste, in base a quanto precisato dall’Istituto con circolare 133/2000, aveva ridotto il numero dei permessi a due.

Secondo la Corte correttamente il Tribunale, in mancanza di una norma espressa, aveva fatto ricorso al principio di non discriminazione di cui al Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 4, che, alla lettera b), faceva riferimento al riproporzionamento solo con riferimento al trattamento economico del lavoratore a tempo parziale in relazione alla retribuzione feriale, ai trattamenti economici per malattia, infortuni sul lavoro, malattia professionale e maternita’ e che alla lettera a), comma 2, prevedeva la modulazione della durata del periodo di prova e di conservazione del posto in caso di malattia per il contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.

La Corte ha poi osservato che la mancata previsione di detti permessi nell’elenco di cui alla comma 2, lettera a), non era dirimente atteso che tale norma era costituita da due parti di cui la prima enunciava il principio di equiparazione dei diritti e la seconda parte conteneva un elenco non tassativo.

Con riferimento all’appello incidentale di (OMISSIS), la Corte ha rilevato che la sentenza del Tribunale di Trento del 2007, riguardando il medesimo rapporto ora in esame, aveva efficacia di giudicato anche dal 2009 nei confronti di (OMISSIS).

Avverso la sentenza propongono ricorso l’INPS, con un motivo, e (OMISSIS) con due motivi. (OMISSIS) e’ rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

Con un unico motivo l’Inps denuncia violazione del combinato disposto del L. n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, e Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 4, commi 2 e 3. Censura l’affermazione della Corte secondo cui in assenza di una espressa normativa del part-time volta a prevedere il riproporzionamento nella fattispecie in esame” non era consentito concedere i permessi in misura inferiore a tre.

Osserva che non era significativo che l’articolo 4, citato non prevedesse il riproporzionamento in quanto, utilizzando tale parametro; non poteva non rilevarsi che la norma neppure affermava che tali permessi andavano riconosciuti in caso di part-time. Rileva che, come non costituiva un elenco tassativo quello della lettera a), tale non era neppure quello della lettera b); che il carattere non tassativo dell’elenco di cui alla lettera b) si ricavava anche dall’espressione “in particolare per quanto riguarda”.

Deduce che il riproporzionamento era espressione del generale principio di proporzionalita’ vigente per i lavoratori part-time e non costituiva discriminazione, ma evitava una discriminazione rispetto ai lavoratori a tempo pieno.

(OMISSIS) censura con un primo motivo la violazione dell’articolo 2909 c.c., e vizio di motivazione. Rileva che la sentenza del Tribunale di Trento, passata in giudicato, che aveva riconosciuto il diritto a 3 giorni, non costituiva giudicato, come erroneamente affermato dal Tribunale, tenuto conto del nuovo contesto normativo intervenuto che aveva attribuito all’Inps l’erogazione della prestazione e considerato che con circolare l’Inps aveva affermato la necessita’ del riproporzionamento. Osserva, ancora, che non poteva costituire giudicato anche in quanto la precedente sentenza si riferiva al periodo 2002/2007.

Con il secondo motivo denuncia violazione del L. n. 104 del 1992, articolo 33, commi 3 e 7 bis, Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 4, del Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 42, commi 2 e 5 bis, e articolo 60, dell’articolo 23, punto X, del CCNL per i dipendenti postali dell’11/7/2007 e dell’articolo 23, punto XI, del CCNL dell’11/7/2003, nonche’ vizio di motivazione.

Censura che erroneamente la Corte, in mancanza di una norma espressa, aveva ritenuto di dover far ricorso al principio di non discriminazione;che nel nostro ordinamento non sussisteva un principio generale che, in caso di part-time verticale, non consentisse in assoluto di ridimensionare la misura di ogni singolo istituto tenuto conto che la norma autorizzava i CCNL a modulare la durata del periodo di prova o di conservazione del posto per malattia.

Entrambi i ricorsi sono infondati.

Ritiene il Collegio di dover confermare l’interpretazione gia’ accolta da questa Corte nella recente sentenza n. 22925/2017.

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