Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 18 luglio 2014, n. 16487

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 602-2013 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 229/2012 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 18/07/2012 r.g.n. 179/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/04/2014 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ai Pretore di Udine, (OMISSIS) affermava di aver stipulato in data 9.1.89 un contratto di agenzia con la (OMISSIS) s.a.s., risoltosi nel corso del sesto anno (13.7.94), formulando nei confronti della mandante varie domande, tra le quali il pagamento di lire 45.745.000 per indennita’ sostitutiva del preavviso.
Costituendosi in giudizio la societa’ (OMISSIS) resisteva al ricorso, proponendo domanda riconvenzionale circa la risoluzione del contratto per fatto e colpa esclusivi del (OMISSIS) che, dopo un lungo periodo di malattia, non si era piu’ presentato al lavoro, chiedendo la sua condanna al pagamento dell’indennita’ sostitutiva del preavviso. Il Tribunale di Udine accoglieva parzialmente la domanda principale (quanto al credito dell’ex agente per provvigioni non pagate; per residuo credito f.i.r.r.), nonche’ la riconvenzionale (inerente l’indennita’ sostitutiva del preavviso), quantificata in euro 21.536,79; procedeva alla compensazione dei rispettivi crediti, condannando la societa’ al pagamento della somma di euro 142.557,07 in favore del (OMISSIS).
Quanto al termine di preavviso, il Tribunale lo riteneva pari a cinque mesi, giusta la direttiva n. 86/653 CEE e l’articolo 1750 c.c., come modificato dal Decreto Legislativo n. 303 del 1991, che ad avviso del primo giudice consentiva di fissare un termine di preavviso inferiore ad un mese per ciascun anno di rapporto, a partire dal quarto anno. La societa’ (OMISSIS) proponeva appello, dolendosi che il preavviso doveva nella specie calcolarsi in sei mesi e non cinque, con conseguente suo diritto di ricevere dall’ex agente l’ulteriore somma di euro 4.307,36, oltre accessori di legge.
Resisteva il (OMISSIS), proponendo appello incidentale con cui chiedeva, in totale riforma della sentenza di prime cure, l’accoglimento integrale delle originarie domande proposte.
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza depositata il 18 luglio 2012, rigettava l’appello principale, ed in parziale accoglimento di quello incidentale, condannava la societa’ (OMISSIS) al pagamento, in favore del (OMISSIS), della maggior somma di euro 6.689,63, per ulteriori crediti di lavoro, oltre accessori di legge. Per la cassazione propone ricorso la societa’ (OMISSIS), affidato ad unico motivo, poi illustrato con memoria.
Resiste il (OMISSIS) con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Deve pregiudizialmente respingersi l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per mancanza dei motivi di cui all’articolo 360 c.p.c., ed inoltre per contrasto con l’art 360 bis c.p.c., per non essere indicata, a tale ultimo riguardo, alcuna pronuncia di legittimita’ a sostegno delle censure svolte. Ed invero deve evidenziarsi, quanto alla prima questione, la non decisivita’ della formulazione della censura ex articolo 360 c.p.c. che non determina “ex se” l’inammissibilita’ del motivo ove la Corte possa agevolmente procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente (Cass. n. 14026/12, Cass. n. 7981 del 2007), non essendo necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle ipotesi di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, (Cass. sez.un. n. 17931/13, Cass. n. 24553/13). Quanto alla presunta violazione dell’articolo 360 bis c.p.c., deve rilevarsi che la norma, esattamente all’opposto di quanto ritenuto dal controricorrente, sanziona con l’inammissibilita’ i ricorsi per cassazione allorquando la sentenza impugnata abbia deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’, laddove, come affermato dallo stesso controricorrente, in materia non risultano precedenti di questa Corte.
Venendo pertanto al merito, si osserva.
2. – La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1750 cod. civ..
Lamenta l’erroneita’ della sentenza impugnata laddove ritenne, in contrasto con l’indicata norma codicistica, cosi’ come modificata dal Decreto Legislativo n. 303 del 1991 (di attuazione della direttiva comunitaria 86/653), di determinare l’indennita’ di preavviso, per gli anni dal quarto in poi, in modo differente rispetto ai primi tre anni, ed in particolare ritenendo che dal quarto anno in poi il preavviso fosse pari ad una mensilita’ solo per ogni anno compiuto o esaurito, giungendo in tal modo a disciplinare in modo diverso situazioni equivalenti, oltre a violare il tenore letterale dell’articolo 1750 c.c. e della direttiva comunitaria 86/653.
3.- Il motivo e’ fondato.
L’articolo 1750 cod. civ., cosi’ come sostituito dal Decreto Legislativo 10 settembre 1991, n. 303, articolo 3 (di attuazione della direttiva comunitaria 86/653), applicabile nella presente fattispecie, stabilisce, per quanto qui interessa: “Se il contratto di agenzia e’ a tempo indeterminato, ciascuna delle parti puo’ recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito (comma 2). “Il termine di preavviso non puo’ comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto, a due mesi per il secondo anno iniziato, a tre mesi per il terzo anno iniziato, a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi (comma 3).
“Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non puo’ osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente” (comma 4). Ad avviso della Corte e’ evidente che, in assenza di diversi accordi tra le parti, e definitivamente accertato l’obbligo del (OMISSIS) di corrispondere alla societa’ (OMISSIS) l’indennita’ sostitutiva, il preavviso nel caso di specie doveva essere pari a sei mesi, essendo il rapporto di agenzia cessato a meta’ del sesto anno. La maggiore tutela, secondo i giudici di merito accordata all’agente per i primi tre anni di rapporto, ed evincibile dalla locuzione “anno iniziato” per il secondo ed il terzo anno, non puo’ contrastare col tenore letterale della norma (articolo 1750 c.c., comma 3, nel testo modificato dal Decreto Legislativo n. 303 del 1991), secondo cui il termine di preavviso “non puo’ comunque essere inferiore… a quattro mesi per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi”. La durata dei preavviso pari a sei mesi “per” il sesto anno, (e non “scaduto o compiuto il sesto anno” o locuzioni similari) non puo’ che significare “a partire dal” o “durante” il sesto anno, alla stessa stregua, del resto, di quanto stabilito per il primo anno (“Il termine di preavviso non puo’ comunque essere inferiore ad un mese per il primo anno di durata del contratto”). Tale soluzione risulta poi obbligata alla luce dell’articolo 15 della direttiva comunitaria 86/653, secondo cui (comma 2): “Il termine di preavviso e’ di un mese per il primo anno del contratto di agenzia, di due mesi per il secondo anno iniziato, di tre mesi per il terzo anno iniziato e per gli anni successivi. Le parti non possono concordare termini piu’ brevi”; al comma 3 e’ poi stabilito che: “Gli Stati membri possono fissare a quattro mesi il termine di preavviso per il quarto anno, a cinque mesi per il quinto anno e a sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi. Essi possono stabilire che le parti non possono concordare termini piu’ brevi”. In base alla direttiva, dunque, la maggior tutela accordata all’agente per i primi tre anni consisteva nel fatto che i termini di preavviso relativi a tali anni sono pari ad un mese per ogni anno di rapporto sino ad un massimo di tre mesi anche per gli anni successivi e non possono in alcun modo essere derogati dalle parti, mentre per gli anni successivi era solo consentito agli Stati membri di prevedere termini crescenti di quattro, cinque e sei mesi (rispettivamente per il quarto, il quinto, il sesto ed i successivi anni), derogabili dalle parti salva la facolta’ degli Stati di escludere tale deroga individuale.
Il legislatore italiano ha ritenuto di determinare il termine di preavviso in quattro, cinque e sei mesi per gli anni dal quarto al sesto, e per i successivi, senza accordare alle parti la facolta’ di determinare termini piu’ brevi.
La disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 303 del 1991 risulta assolutamente rispettosa della direttiva comunitaria, stabilendo anche per gli anni dal quarto in poi i piu’ elevati termini di preavviso pari ad un mese per ogni anno di lavoro in piu’, sino al massimo di sei, senza possibilita’ di deroghe ad opera delle parti. Del resto, come rilevato dalla societa’, diversamente ragionando (ritenendo cioe’ che solo per i primi tre anni sarebbe sufficiente un giorno di lavoro nell’anno successivo per maturare un ulteriore mese di preavviso, mentre per gli anni successivi occorrerebbe lavorare per tutti i 365 giorni dell’anno per maturare l’ulteriore mese di preavviso) potrebbe determinarsi l’irragionevole conseguenza che l’agente che abbia lavorato per due anni ed un giorno avrebbe diritto al medesimo periodo di preavviso (tre mesi) dell’agente che abbia lavorato per quattro anni meno un giorno.
2. – Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi, con rinvio, per l’ulteriore esame della controversia, ad altro giudice, in dispositivo indicato, il quale provvedera’ anche alla regolamentazione delle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Brescia.

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