cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 18 febbraio 2015, n. 3236

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16690-2008 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12 ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti e (OMISSIS) giusta procura speciale in atti depositata il 9/10/14;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1133/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 14/12/2007 r.g.n. 1494/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/10/2014 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto che ha concluso per: in via principale rimessione alle SS.UU. in subordine rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Vigevano, (OMISSIS) chiedeva accertarsi lo stato di invalidita’ civile quale cieco totale e, in subordine, quale cieco con residuo visivo. In ulteriore subordine chiedeva che la invalidita’ fosse dichiarata per riduzione della capacita’ lavorativa oltre il 74%.

2.- Accolta la domanda proposta in primo subordine ed accertata la cecita’ con residuo visivo non superiore ad un ventesimo a decorrere dal 29.04.04, proponeva appello il Ministero dell’Economia e Finanza sostenendo che nella specie era inammissibile la domanda di mero accertamento della percentuale di invalidita’.

3.- Con sentenza del 14.12.07 la Corte d’appello di Milano rigettava l’impugnazione, rilevando che il ricorso era stato promosso sotto il vigore del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269 (conv. dalla Legge 24 dicembre 2003, n. 326) e che, avendo avuto l’accertamento compiuto in sede amministrativa esito negativo, in sede giurisdizionale nei confronti del Ministero poteva essere espletata la domanda di mero accertamento dello stato invalidante.

4.- Avverso questa sentenza il Ministero propone ricorso. Risponde (OMISSIS) con controricorso e memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

5.- Con unico motivo e’ dedotta violazione dell’articolo 100 c.p.c. e del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 130 nonche’ del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42 conv. dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326. Sostiene l’Amministrazione che nei procedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto l’invalidita’ civile o, come nel caso di specie, la riduzione della capacita’ lavorativa, il legittimato passivo non puo’ essere identificato esclusivamente nel Ministero dell’Economia e delle Finanze, in quanto a partire dal Decreto Legislativo n. 112 del 1998, sono stati devoluti alla Regione gli accertamenti in sede amministrativa ed e’ stato individuato nell’INPS il soggetto obbligato alle prestazioni, con esclusione del Ministero dall’accertamento sanitario.

Il Decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698 consentiva il mero accertamento delle condizioni sanitarie dell’attore, ma con le disposizioni del Decreto Legislativo n. 112 del 1998, articolo 130 il legislatore ha ritenuto inammissibile la domanda di sentenza dichiarativa delle condizioni sanitarie ed ha ammesso solo la domanda di accertamento del credito previdenziale e di condanna al pagamento della prestazione. Conseguentemente, solo in presenza di tali domande il richiedente puo’ far valere l’interesse giuridicamente tutelato dall’articolo 100 c.p.c..

6.- Il controricorrente ha dichiarato di aver ottenuto il riconoscimento della prestazione assistenziale richiesta, essendo stato successivamente accertato in sede diversa a quella giudiziale il suo stato di cecita’ totale, ed ha sostenuto che per questa ragione il Ministero avrebbe perso ogni interesse ad impugnare la sentenza di appello, con conseguente inammissibilita’ del ricorso ora in esame.

L’eccezione di inammissibilita’ deve essere rigettata in quanto, pur in presenza del denunziato evento, il Ministero conserva immutato l’interesse a rimuovere la pronunzia impugnata, che, ove non rimossa, anticiperebbe il diritto alla prestazione ad un momento anteriore a quello ora dedotto dalla parte controricorrente.

1- L’esame del motivo di ricorso, tutto incentrato sull’individuazione dei limiti dell’azione oggi espletata, sul piano contenutistico e soggettivo, deve essere preceduto dalla ricostruzione dei vari passaggi della normativa in tema di accertamento dello stato di invalidita’, rilevante nel caso di specie.

7.1.- La Legge 24 dicembre 1993, n. 537 (finanziaria 1994) statui’ che con regolamento, da emanare ai sensi della Legge 23 agosto 1988, n. 400, articolo 17, comma 2, si procedesse al riordino dei procedimenti in materia di invalidita’ civile, cecita’ civile e sordomutismo, sulla base di criteri di semplificazione dei procedimenti e della distinzione del procedimento di accertamento sanitario dal procedimento per la concessione delle prestazioni (articolo 11, comma 1, lettera a-b).

Il regolamento, emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698, statui’ a sua volta che le istanze per l’accertamento sanitario dell’invalidita’ civile fossero presentate presso le commissioni mediche delle unita’ sanitarie locali competenti per territorio. Con la medesima istanza l’interessato doveva chiedere alla Prefettura la concessione delle provvidenze economiche spettanti in relazione allo stato di invalidita’ e alla minorazione riconosciuta (articolo 1). Contro il provvedimento prefettizio di reiezione dell’istanza (o di revoca del beneficio gia’ concesso) era consentito il ricorso gerarchico al Ministro dell’Interno o, in alternativa, ricorso in sede giurisdizionale. In tali casi legittimato passivo era il Ministero dell’Interno (articolo 2).

7.2.- Il Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo 1 della Legge 15 marzo 1997, n. 59, opero’ un radicale trasferimento di competenze. L’articolo 130 del decreto, infatti, trasferi’ ad un apposito fondo di gestione istituito presso l’INPS la funzione di erogazione di pensioni, assegni e indennita’ agli invalidi civili (comma 1), mentre trasferi’ alle regioni le funzioni di concessione agli stessi soggetti dei trattamenti economici conseguenti a benefici aggiuntivi a quelli determinati con legge dello Stato, prevedendo altresi’ che le regioni stesse provvedessero con risorse proprie (comma 2). In conseguenza, “fermo restando il principio della separazione tra la fase dell’accertamento sanitario e quella della concessione dei benefici economici di cui alla Legge 24 dicembre 1993, n. 537, articolo 11”, nei “procedimenti giurisdizionali ed esecutivi” la legittimazione passiva fu fissata in capo alle regioni per le provvidenze da loro concesse ed in capo all’inps negli altri casi (comma 3).

7.3.- Con la Legge 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 32 recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo (legge finanziaria 1999), nell’ambito di un generale riassetto della spesa pubblica, fu operata una revisione delle procedure di verifica della permanenza dei requisiti di godimento delle prestazioni di invalidita’ civile, assegnandosi al Ministero del Tesoro nuovi poteri nell’ambito delle procedure stesse, ivi compresa quella di sospendere i pagamenti o di procedere alla revoca del beneficio (commi 1 – 2). Piu’ specificamente, per quanto riguarda l’oggetto della presente controversia, l’articolo 37 in questione statui’ che “nei procedimenti giurisdizionali relativi ai verbali di visita emessi dalle commissioni mediche di verifica, finalizzati all’accertamento degli stati di invalidita’ civile, cecita’ civile e sordomutismo, nonche’ ai provvedimenti di revoca emessi dal Ministero del tesoro … nella materia di cui al presente articolo la legittimazione passiva spetta al Ministero medesimo” (comma 5) e che “in caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, il Ministero del tesoro … dispone l’immediata sospensione dell’erogazione del beneficio in godimento e provvede, entro i novanta giorni successivi, alla revoca delle provvidenze economiche a decorrere dalla data della visita di verifica” (comma 8).

7.4.- Infine, con il Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42 conv. dalla Legge 24 dicembre 2003, n. 326, avente ad oggetto disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, nell’ambito di una politica di ulteriore controllo della spesa in materia dell’assistenza e previdenza, fu previsto che gli atti introduttivi dei giudizi in materia di invalidita’ civile cecita’ civile, sordomutismo, handicap e disabilita’ fossero notificati anche al Ministero dell’economia e delle finanze. In tali giudizi il Ministero dell’economia e delle finanze assumeva veste di “litisconsorte necessario ai sensi dell’102 c.p.c.” (comma 1).

Lo stesso articolo 42 ribadiva i poteri ministeriali di verifica della sussistenza dei requisiti, di sospensione dei pagamenti e di revoca della prestazione (comma 4).

8.- Questo complesso normativo – dopo alcune incertezze iniziali – e’ stato interpretato dalla Corte di cassazione nel senso che nei procedimenti giurisdizionali concernenti pensioni, assegni e indennita’ spettanti agli invalidi civili e posti a carico dell’apposito fondo di gestione istituito presso l’Inps, introdotti anteriormente all’entrata in vigore del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella Legge 24 novembre 2003, n. 326, la legittimazione passiva non spetta alle regioni, ancorche’ titolari delle competenze amministrative relative alla concessione dei benefici, ma unicamente all’INPS (fatta salva la legittimazione del Ministero dell’economia e delle finanze per le controversie di cui alla Legge n. 448 del 1998, articolo 37, commi 5 e 6), sia perle azioni di accertamento e condanna, sia per quelle di mero accertamento del diritto (di “concessione” del trattamento), e cio’ ai sensi delle disposizioni del Decreto Legislativo n. 112 del 1998, articolo 130, non modificate sul punto dalla successiva normativa statale, fatti salvi gli eventuali interventi legislativi delle regioni sulla materia dell’invalidita’ civile, nell’esercizio delle competenze attribuite dal nuovo testo dell’articolo 117 Cost..

In particolare, per quanto qui rileva, la stessa giurisprudenza ha posto in evidenza che la legittimazione passiva appartiene al Ministero dell’Economia e delle Finanze (che ha preso il posto del Ministero del Tesoro, menzionato nelle suddette fonti legislative) nel caso la domanda sia diretta a contestare l’esito delle verifiche o il provvedimento di revoca del beneficio ed in tale contesto si accerti lo stato di invalidita’ ed il diritto alla relativa prestazione assistenziale, mentre obbligato passivo all’erogazione della stessa rimane l’INPS (Cass. 7.01.09 n. 65, 22.03.07 n. 7062, 27.08.04 n. 17070 e 11.08.04 n. 15607).

9.- Con riferimento alla posizione del Ministero le disposizioni del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42 – nel prevedere che gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali concernenti l’invalidita’ civile, la cecita’ civile, il sordomutismo, l’handicap e la disabilita’ ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro, devono essere notificati anche al Ministero dell’Economia e delle Finanze – hanno definitivamente delimitato anche il campo di operativita’ della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, dell’articolo 37, comma 5.

In entrambi i casi (articolo 42 ed articolo 37 appena richiamati), infatti, la finalita’ del legislatore e’ quella di consentire che il Ministero possa interloquire nel giudizio in ragione della riferibilita’ allo stesso dei provvedimenti di sospensione cautelare e di revoca dei benefici assistenziali. Con l’articolo 42 la legittimazione passiva del Ministero e’ estesa anche a tutti “gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali concernenti l’invalidita’ civile, ecc. …”, al punto che, nei predetti giudizi il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e’ ritenuto dal detto articolo 42 “litisconsorte necessario ai sensi dell’articolo 102 c.p.c.”.

Tale legittimazione non esclude, tuttavia, che sia per l’azione di accertamento del diritto alla prestazione assistenziale che per quella di condanna la domanda debba essere necessariamente diretta nei confronti dell’INPS, quale soggetto obbligato al pagamento della prestazione stessa, nella sua qualita’ di soggetto gestore del fondo per l’erogazione di pensioni, assegni ed altre indennita’ determinate con legge dello Stato. La domanda va proposta nei confronti della Regione solo nel caso che vengano richiesti benefici di carattere assistenziali che essa abbia istituito con risorse proprie, in ragione della sua autonoma competenza in materia, derivante dall’articolo 117 Cost. (come modificato dalla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3).

10.- Tirando le conclusioni, deve rilevarsi che la Corte d’appello e’ incorsa in errore in quanto ha ritenuto che l’assicurato avesse impugnato un provvedimento di revoca del beneficio assistenziale emanato dal Ministero dell’Economia nell’ambito di un procedimento di verifica della permanenza delle condizioni per il godimento del trattamento di invalidita’ civile, ai sensi della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 37. L’assicurato aveva, invece, proposto autonoma domanda di accertamento dello stato di invalidita’, la quale, come piu’ volte rilevato, vede l’INPS come legittimato passivo.

In questi termini il ricorso va dunque accolto. Ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., comma 3, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, atteso che la causa non avrebbe potuto essere autonomamente proposta.

11.- Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, essendosi la giurisprudenza di legittimita’ consolidata solo successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, compensando le spese dell’intero giudizio

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