Il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata, non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale (restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento); posto che il fondamento della norma è insito nell’esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda, il diritto all’attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo della separazione del luogo di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo e la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna; né la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro (e quindi di recuperarla al termine della giornata) incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto.
Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 16 gennaio 2017, n. 850
Svolgimento del processo
Con sentenza del 7 marzo 2012, la Corte d’Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da V.C. , C.C. , D.M. , E.M.R. , Va.Mo. e L.D.M. nei confronti di Azienda Napoletana Mobilità, avente ad oggetto il riconoscimento in loro favore, quali dipendenti con mansioni di autista, del diritto alla retribuzione per il tempo relativo allo spostamento presso la sede di lavoro, dal luogo, da quella diverso e denominato “posto di cambio”, ove il servizio, quale determinato nei relativi ordini consegnati presso la sede di lavoro ad inizio turno, veniva a cessare.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto inapplicabile alla fattispecie il disposto dell’art. 17, lett. c), Rdl n. 2328/1923 stante l’inconfigurabilità di un obbligo per gli autisti di presentarsi ad inizio turno o a ritornare una volta cessato il servzio alla sede di lavoro.
Per la cassazione di tale decisione ricorrono V.C. e E.M.R. , affidando l’impugnazione a due motivi. L’Azienda intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, i ricorrenti, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 lett. C) R.d.l. 2328/1923 in relazione all’art. 12 delle Preleggi e in una con il vizio di motivazione, lamentano l’erroneità dell’interpretazione che della disposizione di cui al citato art. 17 ha accolto la Corte territoriale, per risultare questa in contrasto con la formulazione letterale della norma, da ritenersi criterio ermeneutico fondamentale, implicante, a loro dire, la remunerazione pro quota del tempo ulteriore impiegato dal lavoratore con mansioni di autista per il rientro dal servizio in ogni caso in cui non vi sia coincidenza tra il luogo di inizio e quello di termine della prestazione.
Il secondo motivo è volto a denunciare la nullità della sentenza per aver la Corte territoriale omesso ogni pronunzia in ordine alla domanda subordinata relativa al risarcimento del danno per la maggiore onerosità della prestazione nell’ipotesi indicata.
Il primo motivo merita accoglimento alla stregua dell’orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte in controversie sostanzialmente analoghe che hanno visto parte la Società odierna resistente (vedi da ultimo Cass. 13.11.2013, n. 25527 e gli ulteriori precedenti ivi citati), orientamento al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata, non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale (restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento); posto che il fondamento della norma è insito nell’esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda, il diritto all’attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo della separazione del luogo di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo e la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna; né la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro (e quindi di recuperarla al termine della giornata) incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto.
Ne deriva, restando assorbito il secondo motivo, che il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione
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