Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 novembre 2017, n. 26872. Pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità per le società per azioni a prevalente capitale pubblico

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Nella fattispecie in esame la mancata indicazione della data di notifica dell’accertamento da parte dell’Inps non consente di valutare l’operativita’ o meno del termine decadenziale di cui all’articolo 25 citato.
Deve, altresi’, rilevarsi, come costantemente affermato da questa Corte (cfr Cass n 3486/2016, 26395/2013),che un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine decadenziale, previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo, comporta soltanto l’impossibilita’, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito configurandosi, quella di cui al cit. D.lgs. n. 46 del 1999, articolo 25 quale decadenza processuale e non sostanziale.
2. Con il terzo motivo la soc. denuncia violazione della L. n 335 del 1995, articolo 3, comma 8. Rileva che i contributi si riferiscono al periodo 2001/2005 e che le cartelle erano state notificate il 26/3/2007 ed il 27/3/2007 e che dunque erano prescritti i contributi maturati sino al mese di maggio 2002.
Con il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 2948 c.c., articolo 416 c.p.c., articolo 345 c.p.c. avendo la Corte ritenute’ superata l’eccezione di prescrizione dalla mera enunciazione da parte dell’Inps di averla interrotta con l’invio di avvisi bonari che, tuttavia, l’Istituto non aveva mai prodotto neppure in appello. I due motivi, congiuntamente esaminati in quanto attinenti entrambi all’eccezione di prescrizione, sono infondati. Pur dovendosi rilevare che la motivazione sul punto della Corte d’appello risulti insufficiente, non sussistono i vizi denunciati, quali violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., n. 3, avendo la Corte manifestato di voler applicare il termine di prescrizione quinquennale di cui alla L. n 335 del 1995, come richiesto dalla societa’, e potendo l’interruzione della prescrizione essere dedotta per la prima volta in sede di appello e il giudice del gravame, chiamato a decidere sulla questione di prescrizione ritualmente introdotta dal convenuto, puo’ tener conto del fatto interruttivo, ancorche’ non dedotto formalmente dall’attore come controeccezione (cfr Cass. n. 25213/2009, n. 2420/2013).
3. Con il quinto motivo la soc. (OMISSIS) denuncia violazione del Decreto Legislativo Capo Provvisorio dello Stato n. 869 del 1947, articolo 3, comma 1, deducendo l’infondatezza della pretesa dell’Inps volta ad ottenere il pagamento dei contributi per CIG e CIGS.
Con il sesto motivo denuncia vizio di motivazione per non avere la Corte effettuato alcuna indagine sostanziale circa la natura pubblica o privata della societa’.
I due motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.
La questione qui riproposta e’ stata esaminata da plurime pronunce di questa Corte (v. da u(timo Cass. 22/3/2017 n. 7332 e Cass. 12/05/2016 n. 9816, ord. 10/5/2017 n. 15596, ed i numerosi precedenti conformi ivi richiamati) in cui si e’ ritenuto, con soluzione cui occorre dare continuita’, che le societa’ a capitale misto, ed in particolare le societa’ per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attivita’ industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilita’.
L’applicabilita’ dell’ esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici dal D.L.C.P.S. n. 869 del 1947, articolo 3, e’ stata, infatti, esclusa sul rilievo della natura essenzialmente privata delle societa’ partecipate, finalizzate all’erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l’amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria – da parte dell’ente pubblico.
E’ stato in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato e’ per l’ente locale la modalita’ di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall’ente stesso per la duttilita’ dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell’obiettivo pubblico e’ caratterizzato dall’accettazione delle regole del diritto privato e che la finalita’ perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali e’ specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all’obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio alle dipendenze di soggetto di diritto privato.
4. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. La regolamentazione delle spese processuali in favore del contro ricorrente INPS,costituitosi anche quale mandatario della Soc. di Cartolarizzazione dei Crediti Inps, liquidate come da dispositivo nei limiti della sola partecipazione all’udienza di decisione, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare all’Inps Euro 1.000,00 per compensi professionali ed Euro 100,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

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