Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 1 febbraio 2017, n. 2634

Ministero Affari esteri, il dipendente che abbia partecipato a una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non è titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attività nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, ma vanta un interesse legittimo a che l’Amministrazione lo destini a una sede, estera o dell’amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto di livello corrispondente alla qualifica conseguita

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 1 febbraio 2017, n. 2634

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24862-2011 proposto da:

MINISTERO AFFARI ESTERI C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2456/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/06/2011, R.G. N. 3089/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO CARMELO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Roma, adita dal Ministero degli Affari Esteri, ha confermato la sentenza di primo grado che, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, aveva dichiarato il diritto di (OMISSIS) a svolgere le mansioni corrispondenti al livello C2 dal 1.2.2002, data di sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, al 9.12.2005 ed aveva condannato il Ministero a pagare la somma di Euro 36.800,00 a titolo di risarcimento del danno alla professionalita’ e di Euro 30.771,97 a titolo di differenze retributive relative alla indennita’ di servizio all’estero (ISE).

2. La Corte territoriale ha rilevato che, all’esito del superamento da parte del Piacere del corso – concorso per la promozione al livello C2, tra il primo ed il MAE era stato stipulato in data 1.2.2002 un contratto individuale di lavoro nel quale era stato precisato che il Piacere veniva inquadrato nella posizione economica C2-profilo professionale di funzionario economico finanziario e commerciale degli Uffici Centrali del Ministero e delle rappresentanze Diplomatiche e consolari, a decorrere, quanto ai fini giuridici dal 19.12.2001, e, quanto a quelli economici, dalla data di sottoscrizione del contratto; che, successivamente alla stipula di detto contratto, al Piacere non erano stati attribuiti ne’ il nuovo livello di inquadramento ne’ le corrispondenti mansioni; che il Piacere aveva continuato a ricoprire, presso la sede di (OMISSIS), il posto funzione di livello inferiore fino al 9.12.2005.

3. Ha ritenuto che l’Amministrazione era rimasta inadempiente all’obbligo, nascente dal contratto individuale, di assegnare il dipendente al posto funzione corrispondente alla qualifica rivestita; che tale inadempimento non poteva ritenersi giustificato dalle dedotte esigenze organizzative e dalla “scarsita’ di risorse finanziarie disponibili”, e nemmeno dalla mancata presentazione da parte del Piacere di domanda di trasferimento, in quanto il Ministero non aveva dedotto e provato che il lavoratore si fosse rifiutato di accettare un posto funzione proprio della categoria C2.

4. Ha affermato che l’inadempimento contrattuale non poteva ritenersi escluso dalla legislazione speciale invocata dal Ministero (e richiamata nel Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 45), atteso che questa si limitava a prevedere (Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 93) che il personale in servizio all’estero, una volto promosso, puo’ continuare ad occupare un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica solo per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio; che la disciplina speciale mira a garantire la continuita’ dell’azione amministrativa per un tempo limitato e per specifiche esigenze ma non a giustificare il demansionamento, quale quello dedotto in giudizio, protrattosi per anni.

5. La Corte territoriale ha, poi, condiviso i criteri seguiti dal giudice di primo grado in ordine alla quantificazione del danno alla professionalita’ e quanto alla indennita’ di servizio all’estero, ha affermato che dall’illegittimita’ del demansionamento conseguiva, ai sensi dell’articolo 1223 c.c., anche l’obbligo di ristoro del danno patrimoniale, essendo irrilevante al circostanza che determinate voci retributive avrebbero potuto subire variazioni anche in nelle ipotesi di illegittimo esercizio di ius variandi.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero degli Affari Esteri articolando quattro motivi.

7. Il Piacere resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Esame dei motivi di ricorso.

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 45, comma 5 e il Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 52, articoli 34 e 171, con riferimento alla specialita’ dell’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari Esteri.

9. Sostiene che la sentenza della Corte di Appello avrebbe errato nell’interpretare il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 52, prescindendo dalla disciplina speciale dettata per i dipendenti del Ministero degli affari Esteri dal Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.

10. Deduce che i “posti funzione” di cui all’articolo 171, comma 2, del citato Decreto del Presidente della Repubblica sarebbero diversi e distinti dalle posizioni economiche, che, relative all’inquadramento del personale non diplomatico dei ruoli dell’amministrazione, troverebbero disciplina nel contratto collettivo e, specificatamente, nell’articolo 13 del C.C.N.L. del comparto dei Ministeri per gli anni 1998-2001; che la necessita’ di rendere funzionale l’organizzazione degli uffici esteri della rete diplomatico-consolare giustificherebbe la predisposizione di una particolare organizzazione (finanziaria, strumentale e di dotazione organica) di” posti funzione” per ogni singola sede.

11. Nella prospettiva difensiva della ricorrente dalla descritta peculiarita’ normativa ed organizzativa conseguirebbe che il singolo dipendente e’ tenuto ad adattare la sua aspettativa di’ ricoprire un determinato “posto funzione” scegliendo sedi estere dove tali posti sono concretamente disponibili e assoggettandosi alle procedure di trasferimento e di copertura di detti posti secondo le regole dettate dal citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 34, e dall’Accordo siglato dalle Organizzazioni Sindacali e dall’Amministrazione il 5.2.2001. La ricorrente evidenzia che il rapporto di lavoro dei dipendenti del Ministero degli Affari Esteri e’ prestato, di regola, presso l’amministrazione centrale e che l’assegnazione all’estero e’ solo eventuale e, comunque, subordinata alla presentazione di una specifica domanda in relazione ai posti funzione disponibili.

12. In conclusione, secondo la ricorrente Amministrazione, essa non sarebbe tenuta a modificare l’organizzazione della sede di servizio del lavoratore riqualificato, ma solo ad assicurare nella pianta organica complessiva un numero di posti di livello superiore pari a quelli messi a concorso, da assegnare in base ad una graduatoria delle candidature espresse in esito alla pubblicizzazione dei posti, con lista ordinaria, suppletiva o straordinaria e sulla base di criteri predeterminati.

13. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la Corte territoriale, nell’escludere che l’inadempimento di essa Amministrazione potesse ritenersi giustificato dalle esigenze organizzative e dalla dedotta scarsita’ di risorse finanziarie, trascurato di considerare le deduzioni di essa ricorrente, la documentazione allegata e la disciplina applicabile alla vicenda dedotta in giudizio. In particolare, assume che la Corte territoriale non avrebbe considerato che essa Amministrazione aveva, come dovuto, informato il Piacere dell’inesistenza di un posto funzione C2 nella sede di (OMISSIS) e della possibilita’ di rientrare presso l’Amministrazione centrale per occupare un posto corrispondente ovvero di presentare domanda per altre sedi estere dove il posto era disponibile.

14. Richiama, all’uopo, il messaggio n. (OMISSIS) del 32.11.2001 (specificandone la sede di produzione, do. 11 allegato alla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado) e ne riporta il contenuto (pg. 16 ricorso per cassazione); asserisce che l’affermazione della Corte territoriale secondo cui era irrilevante la circostanza che il Piacere non avesse presentato domanda di trasferimento “mancando ogni deduzione e prova da parte del Ministero, circa il rifiuto dell’appellato di accettare un posto funzione da C2”, sarebbe contraddittoria e dimostrerebbe che la Corte territoriale non aveva tenuto conto della specifica disciplina di settore.

15. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo e controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale confermato acriticamente la sentenza di primo grado in punto di quantificazione della domanda risarcitoria azionata dal Piacere.

16. Richiamate le censure formulate nell’atto di appello, lamenta che la Corte territoriale avrebbe quantificato il danno secondo parametri non specificati, essendosi limitata a fare riferimento alla durata del demansionamento, alla perdita di specifiche indennita’ correlate al posto funzione, alla lesione della personalita’ morale e della dignita’ del lavoratore, per poi quantificare il danno in via equitativa, commisurandolo alla quota della retribuzione per 46 mesi e pur avendo accolto la domanda di condanna al pagamento di differenze retributive proprie del posto funzione C2.

17. Deduce che la motivazione sarebbe insufficiente ed illogica nella parte in cui la Corte territoriale aveva individuato in Euro 800,00 la quota di retribuzione parametro per la liquidazione del danno asserendo che la retribuzione compensa diversi elementi della prestazione lavorativa e che solo una sua quota (normalmente individuata dalla giurisprudenza nella misura del 20%) corrisponde alla professionalita’ del lavoratore e lamenta che la Corte territoriale avrebbe applicato la misura del 20% sull’intera retribuzione spettante per la qualifica C2 e non sul differenziale tra la retribuzione C2 e quella C1.

18. Assume che il giudice di appello non avrebbe tenuto conto del fatto che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 93, comma 4 nel testo antecedente la modifica apportata dalla L. 23 aprile 2003 n. 109, articolo 11 ratione temporis applicabile, consentiva ad essa Amministrazione di mantenere nella posizione gia’ ricoperta il personale, con mansioni di concetto ed ausiliarie in servizio all’estero, che, promosso occupi un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio.

19. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articoli 171 e 171 bis, del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 45, comma 5, della L. n. 724 del 1994, articolo 22, comma 32 e dell’articolo 1227 c.c.. Precisato di avere corrisposto al Piacere il trattamento proprio dei dipendenti in servizio all’estero proprio della posizione C2, sin dal momento della decorrenza economica della riqualificazione, asserisce che la Corte territoriale avrebbe errato, ai fini della determinazione del danno, nell’ includere il trattamento accessorio correlato all’esercizio effettivo di mansioni proprie del “posto funzione” avendo detto trattamento natura indennitaria. Si duole, infine, della mancata applicazione dell’articolo 1227 c.c., sostenendo che il Piacere con l’ordinaria diligenza (presentazione della domanda di rientro nella sede centrale per svolgere le mansioni di C2) avrebbe potuto evitare l’aggravamento del dedotto danno da demansionamento.

Esame dei motivi.

20. Il ricorso, diversamente da quanto prospettato nel controricorso, e’ ammissibile in quanto il ricorrente in conformita’ a quanto previsto dall’articolo 366 c.p.c., non si e’ limitato ad una mera riproposizione di prospettive difensionali ed argomenti gia spesi nel giudizio di merito, ma, come evidenziano i motivi riportati nella parte che precede, ha formulato critiche specifiche e puntuali, richiamando sia le disposizioni di fonte legale e contrattuale collettiva che assume violate o malamente applicate, sia individuando gli specifici fatti controversi e decisivi che addebita alla sentenza di non avere adeguatamente esaminato.

21. Il primo ed il secondo motivo da trattarsi congiuntamente sono fondati.

22. E’ utile precisare che e’ pacifico ed incontestato tra le parti che il Piacere, assegnato alla sede di (OMISSIS) su una posizione C1, in esito ad una procedura di riqualificazione consegui’ la qualifica C2 e che sottoscrisse in data 1.2.2002 un contratto individuale di lavoro con il quale fu inquadrato nella posizione economica C2, con decorrenza giuridica dal 19.12. 2001 ed economica dalla data di sottoscrizione del contratto individuale di lavoro, continuando ad occupare il posto funzione occupato prima della sottoscrizione di detto contratto.

23. A norma del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 45, comma 5 “le funzioni ed i trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonche’ dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri.”.

24. Il Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, articolo 34 disciplina, poi, le destinazioni e gli accreditamenti del personale presso le sedi estere e statuisce che “I movimenti del personale sono disposti per esigenze di servizio. Salvo quanto previsto dall’articolo 36 per la nomina dei capi delle rappresentanze diplomatiche, la destinazione all’estero, il trasferimento da sede a sede e il richiamo al Ministero del personale sono disposti con decreto del Ministro. (…)”.

25. L’articolo 93 del citato D.P.R., nel testo antecedente la modifica introdotta con la L. 23 aprile 2003, n. 109, e “ratione temporis” applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, nel disciplinare (comma 1) le carriere, i ruoli e le qualifiche speciali del personale del Ministero degli affari esteri, classificate in diplomatica, direttiva amministrativa, del personale di cancelleria, degli assistenti commerciali, esecutiva, ausiliaria e ausiliaria tecnica, individuando altresi’ (comma 2) i ruoli e le qualifiche speciali, dispone (comma 3) che il personale “presta servizio presso l’Amministrazione centrale, salvo incarichi speciali che rendano necessario il temporaneo invio in missione all’estero” ed ” (…) esercita le funzioni inerenti al grado o alla qualifica rivestiti e alla carriera o ruolo cui appartiene”, stabilisce, poi che “Fermo restando quanto stabilito per i funzionali della carriera diplomatica dall’articolo 101, il personale puo’, per esigenze di servizio, essere incaricato temporaneamente di mansioni di altro grado o qualifica della stessa carriera o ruolo” e che “Il personale di concetto, esecutivo e ausiliario in servizio all’estero che, promosso, si trovi ad occupare un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica puo’ continuare ad occupare il posto stesso per il tempo richiesto dalle esigenze di servizio. (…)”.

26. In sostanza la disciplina dettata per il personale assegnato alle sedi estere prevede che la distribuzione dei posti in organico nelle singole sedi diplomatiche sia rapportata specificatamente alle funzioni che ivi devono essere svolte (posti-funzione) e che l’istituzione e la soppressione dei posti di organico siano modulate sulla base delle esigenze di servizio dell’ufficio (articoli 32 e 33 citato D.P.R.).

27. Questo essendo il quadro fattuale e normativo di riferimento la decisione impugnata non e’ corretta.

28. Questo Collegio, in adesione al condivisibile orientamento giurisprudenziale espresso nella decisione n. (OMISSIS) resa in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame, ritiene che il dipendente del Ministero degli Affari Esteri, che abbia partecipato, come il Piacere, ad una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non e’ titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attivita’ nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, ma vanta un interesse legittimo a che l’Amministrazione lo destini ad una sede, estera o dell’Amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto funzione di livello corrispondente alla qualifica conseguita.

29. Sulla base del quadro normativo innanzi richiamato deve ribadirsi il principio secondo il quale all’Amministrazione e’ richiesto, in coincidenza con le procedure di riqualificazione del personale, di assicurare nella pianta organica complessiva un numero di posti pari a quelli messi a concorso e, quindi, sulla base di una graduatoria delle candidature espresse in esito alla pubblicizzazione dei posti, con lista ordinaria, suppletiva o straordinaria e sulla base di criteri predeterminati, e’ tenuta a disporre l’assegnazione degli aspiranti ai posti funzione disponibili.

30. La peculiarita’ del rapporto di servizio del personale del Ministero degli affari esteri, che si puo’ svolgere per periodi determinati anche in territorio straniero, nell’interesse proprio dell’Amministrazione ma con l’adesione del dipendente, giustifica, infatti, l’attribuzione della facolta’ di mantenere il dipendente nella sede gia’ occupata e nelle mansioni pregresse (Decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, articolo 93 cit.).

31. Va al riguardo rilevato, che come gia’ affermato nella richiamata pronuncia di questa Corte, nel bilanciamento degli interessi reciproci, ed in coincidenza di eventi straordinari, quali debbono essere classificati i procedimenti di riqualificazione del personale, idonei a determinare profondi cambiamenti nell’organizzazione degli uffici, risponde a principi di corretta amministrazione graduare le nuove assegnazioni tenendo conto delle preferenze espresse dai singoli aspiranti ed avvalendosi, in relazione ad accertate esigenze di servizio (e per un tempo che e’ ragionevolmente da individuare nella durata della pur sempre temporanea assegnazione all’estero) della facolta’ riconosciuta dalla legge di conservare il dipendente anche in un posto non corrispondente a quello previsto per la nuova qualifica.

32. Tanto vale, a maggior ragione ove lo stesso dipendente, ritualmente interpellato, non abbia espresso la volonta’ di essere assegnato ad altra sede con posto – funzione vacante della qualifica conseguita.

33. Tanto premesso, la Corte territoriale ha errato nel ritenere che la sola sottoscrizione del contratto individuale in data 1.2.2002 attribuisse il diritto del Piacere a ricoprire presso la sede di (OMISSIS) il posto funzione C2, indipendente dalla esistenza di un posto di tal qualificazione e nel ritenere, quindi, irrilevanti sia la particolare organizzazione dell’Amministrazione sia la circostanza che il Piacere non avesse presentato domanda di trasferimento, circostanza che ha ritenuto, comunque, non provata da parte dell’Amministrazione.

34. In tal modo la Corte territoriale ha trascurato di esaminare il contenuto ed il significato del “messaggio” n. (OMISSIS) del 23.11.2001, che accompagnava il contratto relativo alla attribuzione del profilo professionale C2, e di accertare se l’Amministrazione, nel trasmettere alla sede estera il contratto per la nuova qualifica, fece presente al dipendente che nella sede di servizio mancava il posto funzione relativo alla qualifica conseguita, che al medesimo era consentito di presentare domanda per l’assegnazione ad altra sede, ove vi era una vacanza di posti di C2 nel rispetto delle procedure per i tramutamenti di personale stabilite con Accordo del 5.2.2001, o, comunque, di chiedere il rientro presso la sede centrale e se, in presenza di una comunicazione di tal fatta, il Piacere rimase inerte. Circostanze queste decisive, sulla scorta di quanto innanzi osservato, per configurare in capo all’odierno ricorrente inadempimento contrattuale.

35. In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono essere accolti e, assorbiti gli altri, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma che, in diversa composizione, fara’ applicazione del presente principio di diritto “Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonche’ dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri, il dipendente che abbia partecipato, come il Piacere, ad una procedura per il conseguimento di una qualifica superiore non e’ titolare di un diritto a continuare a prestare la sua attivita’ nella nuova qualifica conseguita nella sede di servizio in precedenza assegnata, ma vanta un interesse legittimo a che l’Amministrazione lo destini ad una sede, estera o dell’Amministrazione centrale, dove sia disponibile un posto funzione di livello corrispondente alla qualifica conseguita. Ove lo stesso dipendente, ritualmente interpellato, non abbia espresso la volonta’ di essere assegnato ad altra sede con posto – funzione vacante della qualifica conseguita non e’ configurabile alcun inadempimento in capo alla Amministrazione datrice di lavoro”. La Corte di Appello dovra’ anche provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’

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