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che, invero, la L. 12 giugno 1984, n. 222 sull’assegno ordinario di invalidita’, dopo aver previsto all’articolo 1, comma 1, che si considera invalido, ai fini del conseguimento del diritto all’assegno l’assicurato la cui capacita’ di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermita’ o difetto fisico o mentale a meno di un terzo, stabilisce al comma 2 dello stesso articolo che sussiste diritto ad assegno anche nei casi in cui la riduzione della capacita’ lavorativa, oltre i limiti stabiliti dal comma precedente, preesista al rapporto assicurativo, purche’ vi sia stato successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermita’;
che nella fattispecie, con giudizio di fatto adeguatamente motivato ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, come tale incensurabile in sede di legittimita’, la Corte territoriale ha posto bene in evidenza che, all’esito della consulenza medico – legale eseguita d’ufficio in primo grado, era emerso che il (OMISSIS) era affetto da oligrofenia di grado medio, con personalita’ abnorme ipoevoluta con espressione sindromica di stile fobico e ossessivo – compulsivo, sin dall’infanzia e che il medesimo era stato impiegato esclusivamente nell’azienda agricola paterna in situazione protetta e con mansioni di carattere estremamente elementare, sotto la costante sorveglianza e direzione dei genitori;
che, nell’interpretare correttamente la normativa di riferimento, la Corte di merito e’ pervenuta al convincimento, adeguatamente motivato, che era da escludere la sussistenza del requisito dell’inserimento del (OMISSIS) nel mondo lavorativo con operativita’ attiva, cosi’ come previsto dalla L. n. 222 del 1984 e come ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’ ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidita’;
che, infatti, questa Corte (Cass. sez. lav. n. 11371 dell’8.5.2008) ha avuto modo di ribadire che “alla luce della sentenza n. 163 del 1983 della Corte costituzionale, puo’ essere riconosciuta la pensione d’invalidita’ anche all’assicurato, la cui capacita’ di lavoro sia gia’ ridotta a meno di un terzo precedentemente alla costituzione del rapporto assicurativo (ipotesi del cosiddetto rischio precostituito), purche’ l’assicurato stesso si sia poi inserito nel mondo del lavoro e successivamente si sia determinata una successiva ulteriore riduzione della sua capacita’ di lavoro. In tal caso, l’esclusione della preesistenza di una totale assenza della capacita’ puo’ essere desunta anche dallo svolgimento dell’attivita’ lavorativa poi cessata (principio applicato con riferimento al socio lavoratore di societa’ cooperativa)” (conf. a Cass. sez. lav. n. 3854 del 15.3.2003); che, pertanto, le censure finiscono per tradursi in una mera rivisitazione del giudizio di merito adeguatamente espresso dalla Corte d’appello con giudizio insindacabile in sede di legittimita’;
che in definitiva il ricorso va rigettato; che il soccombente non va condannato alle spese in quanto ricorrono nella fattispecie le condizioni di esenzione di cui all’articolo 152 disp. att. c.p.c., cosi’ come novellato a seguito della entrata in vigore del Decreto Legge n. 30 settembre 2003, n. 269, articolo 42, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
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