Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 23 novembre 2015, n. 46386
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere
Dott. MENICHETTI Carla – rel. Consigliere
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4233/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 18/02/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/10/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VIOLA Alfredo Pompeo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) che si riporta ai motivi.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Con sentenza 18.2.2015 la Corte d’Appello di Bologna confermava la sentenza del GUP del Tribunale di Parma in data 12.11.2013 di condanna di (OMISSIS) alla pena di mesi 8 di arresto ed euro 3.000,00 di ammenda perche’, quale conducente di eta’ inferiore a ventuno anni e titolare di patente di guida da meno di tre anni, aveva guidato un’autovettura in stato di ebbrezza alcolica (tasso pari a 1,55 g/L accertato presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di (OMISSIS)) provocando un incidente stradale con feriti.
2. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, per errata applicazione di norme di legge, mancata e contraddittoria motivazione della sentenza ex articolo 606 c.p.c., lettera b) ed e), inosservanza ed erronea applicazione degli articoli 354 e 356 c.p.p.. Argomenta il ricorrente che nell’atto di appello era stata dedotta la violazione di legge in ordine al referto ospedaliero sotto due distinti profili: perche’ il prelievo ematico, costituente trattamento sanitario invasivo, era stato effettuato a specifica richiesta della polizia giudiziaria e non quale ordinario accertamento secondo protocollo medico ex articolo 354 c.p.p., senza richiedere il consenso del paziente e senza l’autorizzazione del P.M., ed in secondo luogo, sempre dovendosi qualificare l’atto come accertamento urgente di P.G., per l’omesso e dovuto avviso della facolta’ di farsi assistere dal difensore. La Corte territoriale – nel respingere l’appello – sarebbe incorsa in un errore interpretativo laddove afferma (richiamando giurisprudenza di questa Suprema Corte) che i risultati del prelievo ematico, effettuati durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato, restando irrilevante la mancanza di consenso dell’interessato, e ritiene che il prelievo ematico compiuto autonomamente dai sanitari in esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso, non rientra tra gli atti di polizia giudiziaria ex articolo 356 c.p.p. e dunque non sussiste alcun obbligo di avviso all’indagato della facolta’ di farsi assistere da un difensore di fiducia. Contrariamente a quanto argomentato nella impugnata sentenza si tratterebbe poi di una nullita’ a regime intermedio verificatasi prima del giudizio e deducibile fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 29.1.2015 n. 5396.
3. Per tali ragioni ha chiesto l’annullamento della sentenza. Alla odierna udienza il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Due sono gli aspetti censurati dal ricorrente.
Il primo attiene alla effettuazione del prelievo ematico ospedaliero, a specifica richiesta della polizia giudiziaria, senza il consenso del paziente.
Il motivo e’ infondato.
Piu’ volte questa Corte, pronunciandosi sul punto, ha affermato che i risultati del prelievo ematico per terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinate a fini di prova della responsabilita’ penale sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi la “mancanza di consenso” dell’interessato, mentre per il suo carattere invasivo, il conducente puo’ opporre un rifiuto al prelievo ematico richiesto dalla P.G. e finalizzato esclusivamente alla presenza di alcol nel sangue, rilevando in tal caso il suo “dissenso espresso” (cosi’ Sez. 4, 7.3.2013, n. 10605; 11.2.2013, n. 6755; 14.1.2014, n. 1522).
Giova premettere che nel caso in cui il conducente, presumibilmente in stato di ebbrezza, abbia provocato o sia rimasto comunque coinvolto in un incidente stradale e venga condotto presso una struttura sanitaria, gli organi della Polizia Giudiziaria possono chiedere l’accertamento del tasso alcolemico ed ottenere la relativa certificazione, estesa alla prognosi di eventuali lesioni, per verificare se vi sia il superamento del limite soglia ai fini della configurabilita’ del reato di cui all’articolo 186 C.d.S., comma 6.
Ne deriva che, in presenza di tali due presupposti di fatto – ossia il coinvolgimento del conducente in un incidente stradale e la sua sottoposizione a cure mediche da parte della struttura sanitaria – l’accertamento del tasso alcolemico, in tal modo effettuato, e’ utilizzabile ai fini dell’affermazione di responsabilita’ dell’interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato.
A questo punto pero’ possono darsi due evenienze differenti a seconda che il prelievo ematico venga eseguito nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso, anche ai fini della valutazione della necessita’ di adeguate cure farmacologiche, ovvero a mera richiesta della P.G. qualora i sanitari abbiano ritenuto invece di non sottoporre il conducente a cure mediche ed a prelievo ematico.
Ricorrendo la prima situazione, poiche’ l’acquisizione del risultato dell’accertamento ematico e’ previsto espressamente dalla legge, non e’ affatto necessario, a tutela del diritto di difesa, che l’interessato venga avvertito della facolta’ di nominarsi un difensore ed un suo eventuale rifiuto al prelievo ematico potrebbe condurre, se informato previamente della finalita’ del prelievo medesimo, alla configurazione dell’ipotesi di reato di cui al citato articolo 186, comma 7.
Diversamente nella seconda ipotesi – se i sanitari cioe’ abbiano ritenuto di non sottoporre il conducente a cure mediche e a prelievo ematico – la richiesta degli organi di P.G. di effettuare l’analisi del tasso alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, e’ illegittima e, quindi, l’eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo ematico da parte dei sanitari, e’ inutilizzabile ai fini dell’affermazione di responsabilita’ per una delle ipotesi di reato previste dall’articolo 186 C.d.S., comma 2 (sul punto, Sez. 4, 16.5.2012, n. 26108), laddove la “mancanza di dissenso espresso” equivale ad un atteggiamento positivo dell’interessato rispetto al prelievo, anche se verbalmente non manifestato.
Nel caso di specie, in base all’ipotesi accusatoria esplicitata nel capo di imputazione, il (OMISSIS) aveva provocato un sinistro stradale ed era stato condotto presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di (OMISSIS) ove gli organi accertatori avevano chiesto la verifica del tasso alcolemico: mancando il dissenso espresso dell’interessato il prelievo ben poteva essere eseguito e dunque, sotto questo profilo, il motivo e’ infondato.
2. Si e’ detto che, in caso di prelievo ematico effettuato nell’ambito di un protocollo sanitario per terapie di pronto soccorso, oltre ad essere irrilevante il consenso dell’interessato, non puo’ parlarsi di atto urgente di P.G. che necessita dell’avviso al difensore in base al combinato disposto degli articoli 354 e 356 c.p.p..
Nel caso di specie, trattandosi di prelievo effettuato solo per la verifica del tasso alcolemico e non nell’ambito di un protocollo sanitario, pur se non necessario il consenso, andava fatto avviso all’indagato della facolta’ di farsi assistere dal difensore di fiducie e dunque, sotto tale secondo profilo di inutilizzabilita’, il motivo di ricorso va condiviso.
Quanto al momento in cui andava sollevata la relativa eccezione, la Corte d’Appello di Bologna ritiene sanata la nullita’, poiche’ rientrando nel novero di quelle a regime intermedio, doveva essere dedotta nel primo atto difensivo (nella specie quanto meno nell’opposizione al decreto penale di condanna, che invece non conteneva il rilievo).
Questo Collegio, uniformandosi alla piu’ recente giurisprudenza delle Sezioni Unite (sent. 5.2.2015, n. 5396) – posto che l’avvertimento del diritto all’assistenza difensiva, di cui all’articolo 114 disp. att. c.p.p., che per il tramite dell’articolo 356 c.p.p., richiama “gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone”, di cui all’articolo 354 c.p.p., e’ riferibile anche agli accertamenti eseguiti dalla P.G. sul tasso alcolemico del conducente di un veicolo ai fini della verifica dell’eventuale stato di ebbrezza – rileva come nel momento in cui tali verifiche vennero effettuate, dovessero ritenersi gia’ emersi a carico del conducente indizi di reita’ per una fattispecie di guida in stato di ebbrezza, tanto che, prima di procedere a tale accertamento indifferibile e urgente, al medesimo avrebbe dovuto essere dato avvertimento della facolta’ di farsi assistere da un difensore di fiducia. Quanto poi al momento utile per sollevare la relativa eccezione, prosegue la Suprema Corte a Sezioni Unite affermando che le nullita’ a regime intermedio verificatesi prima del giudizio non possono essere piu’ dedotte “dopo la deliberazione della sentenza di primo grado”, alla stregua di quanto previsto dall’articolo 180 c.p.p., richiamato dall’articolo 182 c.p.p., comma 2, secondo periodo, con cio’ superando e ritenendo non piu’ condivisibili le affermazioni giurisprudenziali secondo cui la nullita’ in parola sarebbe sanata e non piu’ deducibile se non dedotta dall’interessato all’accertamento prima ovvero immediatamente dopo il compimento dell’atto “non ricorrendo facolta’ processuali comportanti cognizioni tecniche professionali proprie del difensore”. Deve invece escludersi, in base a tale recente pronuncia, che una qualsiasi nullita’ debba essere personalmente eccepita, a pena di decadenza, dal soggetto indagato o imputato, non solo nell’immediatezza dell’atto nullo ma anche successivamente, poiche’ tale soggetto non ha, o si presume per postulato legale che non abbia, le conoscenze tecniche indispensabili per apprezzare che l’atto o il mancato atto sia non rispettoso delle regole processuali, e per di piu’ che egli debba attivarsi per eccepire cio’, entro certi termini, a pena di decadenza: trova allora applicazione il disposto dell’articolo 182, comma 2, secondo periodo, che indica come limite temporale alla proposizione tempestiva dell’eccezione di nullita’ la deliberazione della sentenza di primo grado, a norma dell’articolo 180 c.p.p..
Il difensore del (OMISSIS) aveva in effetti sollevato tempestivamente tale eccezione, da ritenersi fondata per quanto sin qui esposto, nell’udienza celebrata in primo grado con rito abbreviato.
Ne deriva che, non essendovi altre prove dello stato di ebbrezza e non potendo essere utilizzato a tale fine l’accertamento ematico, la sentenza impugnata va annullata e l’imputato assolto perche’ il fatto non sussiste.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.
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