Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 2 settembre 2013, n. 35841
Ritenuto in fatto
-1- N.F. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, del 27 giugno 2011, che ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Latina, del 7 marzo 2007, che lo ha ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 73 del d.p.r. n. 309/90 e, riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dello stesso art. 73 nonché le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente del rito, lo ha condannato alla pena di dieci mesi di reclusione e 2.000,00 Euro di multa.
-2- Deduce il ricorrente:
a) Nullità della sentenza impugnata per omessa notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio d’appello. Detto decreto sarebbe stato notificato al difensore di fiducia, ex art. 161 cod. proc. pen., essendo stato ritenuto lo stesso imputato “sconosciuto” al domicilio dichiarato, laddove la notifica risultata omessa era stata effettuata in (omissis) , invece che in (omissis) , ove l’imputato era domiciliato;
b) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, sotto il profilo della illogicità della stessa, in punto di affermazione della responsabilità.
Considerato in diritto
-1- Quanto al primo dei motivi proposti, occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto indicato nell’intestazione della sentenza impugnata, nel decreto di citazione in appello, del quale la Corte ha ritenuto necessario prendere visione per verificare la fondatezza della dedotta doglianza, risulta correttamente indicato il domicilio eletto dall’imputato in (omissis) , ove non è stato possibile effettuare la notifica, poi legittimamente e correttamente eseguita presso lo studio del difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 161 co. 4 cod. proc. pen..
La censura proposta è, quindi, chiaramente infondata.
Tale infondatezza, peraltro, emerge sotto un ulteriore profilo.
In realtà, ove anche si volesse ipotizzare una nullità della notifica del decreto di citazione, si verterebbe, certamente, in un caso di nullità di ordine generale, tuttavia a regime intermedio, e dunque sanabile se tempestivamente dedotta. Ciò alla stregua dei principi affermati, anche a Sezioni Unite, da questa Corte, secondo cui, in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 c.p.p. ricorre solo “nel caso in cui la notificazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità, non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue l’applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen.” (Cass. S.U., n. 119 del 27/10/2004 Rv. 229539).
Nel caso di specie, la notifica del decreto di citazione non è stata certamente omessa, ma è stata solo eseguita con modalità diverse da quelle previste, essendo stata la stessa eseguita presso lo studio del difensore di fiducia; di guisa che, tenuto conto del rapporto fiduciario che intercorre tra lo stesso difensore e l’imputato, deve ritenersi che essa sia stata in concreto idonea a determinare la conoscenza piena ed effettiva dell’atto da parte dell’imputato. Nello stesso ricorso, d’altra parte, viene solo rilevato che la notifica dell’atto in questione è stata eseguita con modalità diverse da quelle prescritte, cioè presso il difensore di fiducia invece che al domicilio eletto, ma non si sostiene che l’imputato non ne abbia avuto notizia né, tanto meno, si indicano le ragioni di tale mancata conoscenza, di guisa che possa ritenersi che la notifica non ha conseguito lo scopo di informare l’interessato della presenza dell’atto stesso.
Avendo avuto, quindi, il N. tale notizia, era onere dell’imputato eccepire l’omessa notifica tempestivamente e chiederne la rinnovazione, non potendosi egli limitare alla denuncia del presunto vizio nella sede di legittimità. Tale mancata tempestiva eccezione ha determinato la sanatoria di cui al citato art. 184 cod. proc. pen..
-2- Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
In realtà, la corte territoriale ha legittimamente ritenuto, con motivazione del tutto coerente sul piano logico, che, non solo il dato ponderale della droga in sequestro, ma anche la condotta tenuta dall’imputato alla vista degli agenti e la disponibilità di una notevole somma di denaro, tale ritenuta specie in rapporto alle condizioni economiche dell’imputato, autorizzavano a ritenere pienamente coinvolto l’odierno ricorrente nel traffico, in concorso con il coimputato M.S. .
Il ricorso, d’altra parte, presenta chiari profili di genericità, laddove si limita a contestare le argomentazioni della corte territoriale, senza tuttavia indicare le ragioni per le quali l’argomentare della stessa, specifico, seppur particolarmente sintetico, sarebbe illogico.
-3- Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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