Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 13 gennaio 2015, n. 1281
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FOTI Giacomo – Presidente
Dott. MASSAFRA Umberto – Consigliere
Dott. MARINELLI Felicetta – rel. Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2712/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del 07/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
La Corte di appello di Torino confermava la sentenza emessa dal giudice di prime cure e condannava l’imputato al pagamento delle spese del grado.
Avverso la predetta sentenza il (OMISSIS) personalmente proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.
Il ricorrente censurava l’impugnata sentenza per i seguenti motivi:
l)violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) – mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione – con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato e cio’ sulla base delle dichiarazioni della teste (OMISSIS), la quale aveva affermato di avere solamente sentito il rumore, ma di non avere assistito all’urto, in difformita’ di quanto ritenuto dai giudici di primo e secondo grado.
2)Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’articolo42 commi 1 e 2 c.p. in combinato disposto con l’articolo 189 commi 1 e 6 C.d.S. con riferimento all’elemento soggettivo del reato. Secondo la difesa, atteso che l’urto tra l’autovettura del (OMISSIS) e il motociclo della persona offesa era risultato molto lieve, tale circostanza faceva si che non vi fosse certezza circa la sussistenza della prova del fatto che l’imputato si fosse reso conto di avere urtato contro il motociclo e che in seguito al predetto urto si poteva essere verificato un possibile danno alle persone e che vi potevano essere persone ferite.
3) Violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
4) Violazione di legge con riferimento alla negazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, atteso che i giudici di appello non avevano indicato le ragioni per cui avevano ritenuto di effettuare una prognosi sfavorevole in relazione alla commissione di ulteriori reati da parte dell’imputato che dal 2008 non aveva commesso piu’ alcun tipo di reato.
La difesa di (OMISSIS) presentava altresi’ tempestiva memoria difensiva per l’odierna udienza in cui chiedeva l’applicazione nei confronti del ricorrente dell’istituto della c.d. messa alla prova per adulti, introdotta con Legge 28 aprile 2014, n. 67.
Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Torino hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilita’ del (OMISSIS) in ordine al reato ascrittogli sia per quanto attiene alla sussistenza dell’elemento oggettivo, sia per quanto attiene alla sussistenza dell’elemento soggettivo. In particolare hanno evidenziato le dichiarazioni della persona offesa confermate da quelle rese dalla teste (OMISSIS) che aveva riferito di essere certa di avere visto l’autoveicolo, del quale aveva poi preso il numero di targa, urtare il motoscooter, fermo al passaggio a livello, sul lato sinistro, e poi sorpassare il passaggio a livello, mentre il motociclo era caduto a terra. La teste aveva poi precisato che la FIAT Strada aveva urtato il motociclo con la parte destra, senza peraltro ricordare se l’urto fosse avvenuto davanti o dietro. I giudici di appello avevano pertanto ritenuto, sulla base delle indicate emergenze istruttorie che fosse risultato provato altresi’ l’elemento psicologico del reato, posto che il (OMISSIS) aveva urtato il motociclo con la parte anteriore della sua autovettura e si era quindi pienamente reso conto di avere cagionato un incidente e, nonostante cio’, aveva deciso di darsi immediatamente alla fuga.
Nella sentenza impugnata sono state poi chiaramente indicate le ragioni per cui non sono stati concessi le attenuanti generiche e il beneficio della sospensione condizionale della pena. Quanto alle prime i giudici di appello hanno ritenuto elementi ostativi la gravita’ del fatto e i precedenti penali dell’imputato. Quanto al secondo invece e’ stata ritenuta ostativa la circostanza che, avendo il (OMISSIS) gia’ commesso tre reati alla guida della sua autovettura, non era possibile presumere una sua astensione nel futuro dal commetterne ancora.
Anche la richiesta applicazione dell’istituto della c.d. messa alla prova per adulti, introdotta con Legge 28 aprile 2014, n. 67, deve essere rigettata.
Su tale punto questo Collegio condivide e fa proprie le dettagliate argomentazioni in merito indicate nella sentenza n.19/2014 della sezione feriale di questa Corte del 31.07.2014 nel processo a carico di (OMISSIS).
Tanto premesso si osserva che il capo 2 della Legge 28 aprile 2014, n. 67, ha introdotto l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova anche per gli imputati maggiorenni.
L’articolo 4 modifica il codice di rito, disciplinando i tempi e i modi della richiesta nella fase del giudizio (articolo464 bis) e in quella delle indagini preliminari (articolo 464 ter c.p.p., e articolo 141 bis disp. att. c.p.p.), il contenuto del provvedimento del giudice e i suoi effetti (articolo 464 quater), i contenuti, modalita’ e possibili vicende afferenti l’esecuzione della pena (articoli 464 quinquies, 464 sexies, 464 octies, 464 novies e 141 ter disp. att.), gli esiti della messa alla prova (articolo 464 septies, in particolare con l’alternativa della sentenza che dichiara l’estinzione del reato e dell’ordinanza che dispone la ripresa del corso del processo).
Per quanto riguarda la fase del giudizio che qui rileva, la nuova disciplina costruisce l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova quale alternativa alla celebrazione di alcun giudizio, caratterizzato da peculiari e ripetuti apprezzamenti di merito.
L’istituto della messa alla prova previa sospensione del procedimento e’ stato quindi costruito dal legislatore come opportunita’ possibile esclusivamente in radicale alternativa alla celebrazione di ogni tipologia di giudizio di merito, gia’ dal primo grado.
Siamo quindi in presenza di procedura e opportunita’ assolutamente incompatibile con alcun giudizio di impugnazione.
L’attuale disciplina positiva, pertanto, esclude la possibilita’ che la sospensione del procedimento con messa alla prova possa trovare applicazione nel giudizio di legittimita’.
Pertanto, quando il processo e’ stato definito in primo e in secondo grado, o in entrambi i gradi di giudizio, non vi e’ alcuno spazio per dare ingrasso ad una procedura che e’ strutturalmente alternativa ad ogni tipo di giudizio su di una determinata imputazione.
Soltanto una disciplina transitoria che prevedesse espressamente l’applicazione retroattiva potrebbe nel procedimento di cui sopra permettere l’apertura di una fase incidentale che dia spazio alle peculiari vicende che possono condurre all’esito positivo di una messa alla prova, fatto che costituisce il presupposto dell’effetto estintivo del reato.
Pertanto, cosi’ come si legge nella sentenza della sezione feriale di questa Corte di cui sopra, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “La sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui alla Legge 28 aprile 2014, n. 67, articoli 3 e 4, non puo’ essere richiesta dall’imputato nel giudizio di cassazione, ne’ invocandone l’applicazione in detto giudizio, ne’ sollecitando l’annullamento con rinvio al giudice di merito. Infatti il beneficio della estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova, presuppone lo svolgimento di un iter procedurale, alternativo alla celebrazione del giudizio, introdotto da nuove disposizioni normative, per le quali, in mancanza di una specifica disciplina transitoria, vige il principio “tempus regit actum”. Ne’ alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.236 del 2011, e’ configurabile alcuna lesione del principio di retroattivita’ della lex mitior, che per se’ imponga l’applicazione dell’istituto a prescindere dalla assenza di una disciplina transitoria”.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
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