Autombulanza

Suprema Corte di Cassazione

Sezione IV

Sentenza 13 gennaio 2014, n. 976

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 15 maggio 2012 la Corte d’appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Massa in data 2 dicembre 2010, appellata da S.G. . Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena di giustizia per rispondere del reato di cui all’art. 589 1 e 2 comma c.p. perché, con violazione delle norme sulla circolazione stradale, cagionava per colpa la morte di B.G. ; in particolare quale conducente dell’autolettiga FIAT DUCATO tg (omissis) della Misericordia (omissis) , immettendosi in viale (…), in prossimità del civico 35 con svolta a sinistra in direzione mare ed impegnando così la carreggiata (precisamente la corsia in direzione monti), entrava in collisione con l’autocarro CITROEN BERLINGO tg (omissis) condotto da B.G. che stava percorrendo il predetto viale (…) con direzione di marcia (omissis) , così agendo per colpa generica, dovuta a negligenza, imprudenza ed imperizia (l’autocarro che stava sopraggiungendo era chiaramente visibile in ragione della strada rettilinea) e colpa specifica consistita nella violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale e precisamente degli artt. 145 comma 6 e 154 del C.d.S. in quanto:

– provenendo da luogo privato (area di parcheggio della Misericordia (omissis) ) aveva l’obbligo di arrestarsi e dare la precedenza all’autocarro che circolava sulla strada;

– dovendosi immettere nel flusso della circolazione non si assicurava di poter effettuare la manovra senza creare pericolo per gli altri utenti della strada. B.G. decedeva durante il tragitto verso l’Ospedale di (…) ove giungeva cadavere a seguito delle conseguenze lesive del grave politrauma patito in occasione del menzionato sinistro stradale.

2. Avverso tale decisione ricorre il S. deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p. lett. b) in relazione all’art. 177 comma 2 C.d.S.; la violazione dell’art. 606 c.p.p. lett. e) per carenza di motivazione in ordine alla prova.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

Con il primo motivo di gravame il ricorrente sostiene che l’art. 177 comma 2 del Codice della Strada esonererebbe il conducente dei mezzi di soccorso dall’osservanza delle norme sulla circolazione stradale e che di contro la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto del comportamento di guida del B. . Sul punto la Corte territoriale ha richiamato la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 4, 3 febbraio 2005, n. 19797, Rv.231543), secondo cui anche nei casi di veicoli impegnati in servizi urgenti di istituto, l’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada), pur autorizzando il conducente di detto mezzo – qualora usi congiuntamente il dispositivo acustico supplementare di allarme e quello di segnalazione visiva a luce lampeggiante blu, a violare le regole sulla circolazione stradale – non lo esonera dall’osservanza delle regole di comune prudenza e diligenza. In altri termini, tale conducente non è tenuto ad osservare gli obblighi, i divieti e le limitazioni relativi alla circolazione stradale, di guisa che non potrà essere sanzionato per le relative violazioni; ma da questa disciplina derogativa non può trarsi la conseguenza che egli sia anche autorizzato a creare ingiustificate

situazioni di rischio per altre persone o che non debba tener conto di particolari situazioni della strada o del traffico o di altre particolari circostanze adeguando ad esse la sua condotta di guida (esemplificando e con riferimento al caso di specie: il conducente in servizio urgente di istituto ben può tenere una velocità superiore al consentito, ma, allorché giunga in prossimità di un incrocio percorso da altri veicoli con diritto di precedenza, deve verificare, prima di immettersi nell’incrocio medesimo, che i conducenti abbiano avvertito la situazione di pericolo e abbiano posto in essere le opportune manovre per concedere la precedenza al veicolo favorito, v. in tal senso anche Sezione 4, 19 settembre 2002, ric. parte civile Stea in proc. Cassano). Tali principi applicabili nella fattispecie in esame, comportano l’infondatezza della avanzata doglianza.

Quanto al comportamento di guida del B. ed in particolare alla circostanza che questi non aveva decelerato nonostante la presenza dell’autoambulanza la Corte territoriale ha posto in rilievo con motivazione che appare logica e congruamente articolata come il S. non impegnava un incrocio nel quale la presenza di un mezzo favorito è di norma avvertibile dagli altri utenti con poco sforzo, ma proveniva da uno sbocco privato e come detto sbocco non era comunque facilmente visibile in quanto il punto di provenienza non era sede viaria, ma un luogo chiuso con accesso su un marciapiede alberato in cui, sebbene la distanza fra gli alberi non fosse tale da ostruire la visuale, si schiudeva comunque per il veicolo in transito sulla pubblica via una profondità di sguardo ben più limitata.

Va in proposito ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.

La lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure di illogicità articolate dal ricorrente, giacché ricostruisce con motivazione corretta le modalità dell’incidente stradale in termini coerenti con l’addebito di colpa generica e specifica formulato nei confronti del S. . E ciò fa attraverso la dettagliata descrizione della dinamica del sinistro come ricavata dalle deposizioni testimoniali e dalle conclusioni della perizia d’ufficio.

Con riferimento alle ulteriori doglianze è sufficiente in proposito ricordare che non e fondata la denuncia di carenza della motivazione della sentenza argomentata sul a mancanza di un’esplicita pronuncia su una qualsiasi deduzione difensiva giacche la regola della “concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione e fondata”, enunciata dall’art. 546, comma 1, lettera e), del C.p.p., rende non configurabile il vizio allorquando nella motivazione il giudice abbia dato conto soltanto delle ragioni in fatto e in diritto che sorreggono il suo convincimento in quanto quelle contrarie devono considerarsi implicitamente disattese perche del tutto incompatibili con la ricostruzione del fatto recepita e con le valutazioni giuridiche sviluppate. In altri termini, nella motivazione della sentenza il giudice di merito non e tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle part. e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni, difensive che, anche se non espressamente

confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. In particolare, il giudice d’appello non ha l’obbligo di procedere ad un riesame degli argomenti del primo giudice che ritenga convincenti ed esatti, purché dimostri, anche succintamente, di avere tenuto presenti le doglianze dell’appellante e di averle ritenute prive di fondamento. In tal caso, le motivazioni della sentenza di primo grado e di quella d appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso far riferimento per giudicare della congruità della motivazione (v. Sezione 6 – 24 ottobre 2003 Gervasi ed altro). Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione da parte del ricorrente di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenuta più adeguata (Cass., Sez. un., 2 luglio 1997, Dessimone) (da ultimo, Cass., Sez. 17 febbraio 2003, parte civile Spinelli in proc. Vilella ed altro); questo valendo, in particolare, relativamente alla valutazione sull’attendibilità e valenza dei mezzi di prova posti a fondamento della decisione.

4. Il ricorso va pertanto rigettato. Ne consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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