Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 11 luglio 2013, n. 29889
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce ha parzialmente riformato quella pronunciata dal Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Campi Salentino, con la quale D.F.U. era stato condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale di Euro 50.000 disposta in favore delle costituite parti civili, ed altresì condannato al risarcimento dei danni in favore delle menzionate parti civili.
Il giudice di secondo grado riconosceva all’imputato le attenuanti generiche e riduceva la pena inflitta ad un anno di reclusione, eliminando le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dalla professione medica, ed altresì indicando nel 30 giugno 2011 il termine entro il quale operare il pagamento della provvisionale al quale era stata subordinata la sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la sentenza appellata.
2. All’esito del giudizio di merito, l’imputato è stato giudicato responsabile del decesso di M.S., per aver omesso, in qualità di medico di turno presso il Pronto soccorso dell’ospedale di (omissis) , di diagnosticare l’infarto acuto al miocardio in atto quando questi si presentò presso il Pronto soccorso, e di conseguenza per aver omesso di richiedere la visita specialistica cardiologica e/o l’immediato trasferimento del paziente presso l’unità di terapia intensiva coronarica al fine di consentire una tempestiva adozione delle opzioni terapeutiche.
In particolare, per il giudice di secondo grado, sulla scorta delle dichiarazioni rese dal consulente tecnico del pubblico ministero dottor D.G. , cardiologo, risulta accertato che il paziente al momento del suo accesso al Pronto soccorso aveva un infarto del miocardio in atto. Infarto desumibile dal tracciato elettrocardiografico eseguito in quel frangente e che presentava chiaramente i segni della patologia, con ogni probabilità a carico del ramo intraventricolare anteriore. Tale condizione non venne riconosciuta dal sanitario, tant’è che il paziente venne dimesso; e morì circa trenta minuti più tardi, non appena giunto a casa.
La Corte distrettuale ha precisato che quand’anche si volesse ritenere che il sanitario del Pronto soccorso, in generale, non sia in grado di leggere compiutamente il tracciato elettrocardiografico, ciò non potrebbe valere per il caso che occupa, essendo il D.F. sanitario di lunga e comprovata esperienza; in ogni caso la strumentazione con la quale si era effettuato l’elettrocardiogramma aveva formulato automaticamente un responso di infarto; dal che veniva una sollecitazione al medico a sottoporre il paziente con l’urgenza del caso alla visita dello specialista.
Pertanto l’imputato avrebbe dovuto inviare il paziente presso un reparto di cardiologia attrezzato, sia perché evidente la sussistenza di un’anomalia dell’apparato cardiorespiratorio, sia in ragione della non particolare esperienza in materia.
Così identificata la condotta colposa del medico, la Corte territoriale ha anche valutato la sua incidenza causale, ritenendo incontestabile e non contestata la risolutività sia dell’eventuale intervento di angioplastica sia della possibile somministrazione immediata di terapia trombolitica; di talché, con affermazione fondata ancora su quanto evidenziato dal consulente tecnico del pubblico ministero, il Collegio distrettuale ha concluso che l’evento non si sarebbe verificato, per lo meno nell’immediato, ove fossero state percorse tali vie.
Infatti, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il tempo a disposizione del sanitario per il trasferimento del paziente all’ospedale di XXXXX sarebbe stato sufficiente quanto meno ad allontanare significativamente nel tempo la morte del M. . A fronte del rilievo difensivo, per il quale il decesso era intervenuto in un arco temporale di circa 30 minuti dalla dimissione dall’ospedale, la Corte territoriale ha rideterminato i termini temporali di riferimento. Mentre la difesa aveva stimato il tempo utile per un intervento salvifico a partire dal momento in cui era stato acquisito il risultato dell’esame volto alla ricerca dei valori dei markers (enzimi), ad avviso del giudice di secondo grado il momento dal quale il sanitario avrebbe potuto e dovuto inviare il paziente presso il nosocomio del capoluogo salentino era da identificarsi in quello immediatamente successivo all’effettuazione del primo elettrocardiogramma; ovvero due ore o comunque almeno un ora e mezza prima del decesso del paziente. Infatti, ha ricordato il Collegio territoriale, la ricerca degli enzimi si effettua quando la situazione risulti equivoca per l’apparente normalità del tracciato elettrocardiografico e quindi vi sia un quadro clinico poco significativo; mentre nel caso di specie non si sarebbe dovuto procedere a tale ricerca poiché l’infarto era già in atto e vi era una diagnosi elettrocardiografica chiara in tal senso.
Un periodo di un’ora e mezza era per la Corte salentina assolutamente sufficiente a far giungere il paziente presso l’unità di emodinamica dell’ospedale del capoluogo. Quanto alla terapia trombolitica, essa poteva essere effettuata presso lo stesso ospedale di (…) e richiedeva limitatissimi tempi di esecuzione, consistendo nella inoculazione in circolo di un farmaco idoneo sciogliere l’eventuale formazione di trombi.
Per ciò che concerne, poi, la censura relativa alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento di una provvisionale in un termine anteriore al passaggio in giudicato della sentenza, essa veniva respinta richiamando l’orientamento giurisprudenziale di legittimità che ritiene ammissibile l’apposizione di una simile condizione, facendo richiamo alla natura immediatamente esecutiva della condanna al pagamento della provvisionale. La Corte di Appello confermava quindi la decisione di primo grado relativamente a tale statuizione e disponeva che il termine per il pagamento fosse prolungato al 30 giugno 2011.
3. Ricorre per cassazione nell’interesse dell’imputato il difensore di fiducia avv. Angelo Pallara.
3.1. Con un primo motivo deduce nullità della sentenza per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 539 e 40 cod. pen., nonché vizio motivazionale. Ad avviso dell’esponente non ricorre alcuna condotta colposa del sanitario, atteso che l’esito dell’elettrocardiogramma, unitamente al risultato negativo degli esami enzimatici e alla circostanza per la quale gli episodi algici del paziente erano regrediti dopo pochi minuti, davano conferma della fondatezza delle conclusioni del medico, il quale escluse proprio per tali ragioni l’esistenza di un infarto in corso. Tali argomentazioni non sarebbero state prese in considerazione dalla sentenza impugnata, che invece ha ritenuto di aderire, inspiegabilmente ed in maniera del tutto immotivata ed illogica, alla rappresentazione dei fatti fornita dalla dottoressa Me. , ancorché la ricostruzione dei fatti offerta da questa fosse stata smentita da altro teste. Sotto diverso profilo si lamenta che la conferma della responsabilità del D.F. sia stata fatta senza esplicitare il percorso logico seguito per escludere l’interferenza di fattori alternativi che potevano aver influito sulla determinazione dell’evento. Ancora, in relazione alla impossibilità di eseguire nel breve tempo disponibile gli interventi terapeutici, da un canto si contesta che il termine iniziale potesse essere anticipato come fatto dalla Corte di Appello, dall’altro si evidenzia che la mancanza di dati certi in ordine alla situazione esistente presso l’ospedale del capoluogo (posti letto disponibili, presenza di urgenze in reparto) e l’assenza di valutazioni tecniche circa l’effettiva tempistica per il successivo intervento chirurgico, non consentono di affermare che anche il lasso temporale di circa due ore potesse, con alto grado di probabilità logica vicino alla certezza, garantire la tempestiva esecuzione di un intervento risolutivo.
Ancora sotto il profilo del nesso di causalità il ricorrente rileva come sarebbe stato necessario valutare se il decesso poteva essere considerato conseguenza dell’omesso trasferimento del paziente presso l’ospedale di (…) o della mancata esecuzione di intervento terapeutico e tale giudizio non poteva non essere ancorato alla risposta da offrire al quesito circa la concreta possibilità che, in meno di due ore, il paziente fosse trasferito e sottoposto ad intervento. I consulenti tecnici nel corso dell’istruttoria dibattimentale non hanno dato indicazioni al riguardo. Sicché l’affermazione della Corte di Appello viene ritenuta priva di fondamento sul piano fattuale.
3.2. Con un secondo motivo si deduce ancora violazione di legge in relazione all’art. 165, commi 1 e 4 cod. pen., e vizio di motivazione, in relazione alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento delle provvisionali assegnata alle parti civili. Dato conto dell’esistenza di precedenti giurisprudenziali di segno opposto a quello evocato dalla Corte di Appello, si osserva che la sospensione condizionale della pena non può che operare dopo il formarsi del giudicato; sicché sarebbe una contraddizione in termini subordinare la stessa al verificarsi di una condizione temporalmente anteriore alla sua operatività. Lo strumento per apprestare tutela alle ragioni patrimoniali del danneggiato da reato è rinvenibile nell’articolo 540 cod. proc. pen., il quale consente al giudice e solo su richiesta della parte civile, a condizione che ricorrano giustificati motivi, di dichiarare provvisoriamente esecutiva la condanna alla restituzione e al risarcimento del danno e prevede al secondo comma l’immediata esecutività della condanna al pagamento di una provvisionale. Inoltre, se fosse possibile subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, non avrebbero ragion d’essere le previsioni di cui all’articolo 600, commi 2 e 3 cod. proc. pen., che contemplano l’istituto della sospensione dell’esecutività della condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno nonché della provvisionale. Peraltro, nel caso di specie l’erroneità della statuizione è resa manifesta dal fatto che la sentenza di secondo grado è stata pronunciata il 4 aprile 2011 e la motivazione è stata depositata il 15 novembre 2011; quindi ben oltre la scadenza del termine del 30 giugno previsto dalla stessa sentenza. In ogni caso la decisione impugnata non chiarisce le ragioni per le quali la sospensione della pena dovrebbe essere subordinata al pagamento di una provvisionale, tanto più che questa è stata posta a carico anche del responsabile civile e non poteva quindi sorgere alcuna preoccupazione in ordine all’effettivo ristoro del pregiudizio economico subito dal danneggiato dal reato, nel caso in cui l’imputato non dovesse essere definitivamente assolto.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è in parte fondato, nei sensi di seguito precisati.
4.1. Nonostante si evochi anche il vizio di violazione di legge, il primo motivo di ricorso tende in verità a vedere affermata una ricostruzione del fatto alternativa a quella fatta propria dai giudici di merito ed in particolare da quello di seconde cure. Si assume, infatti, che il tracciato dell’elettrocardiogramma al quale era stato sottoposto il M. non dava segni di sofferenza cardiaca e comunque che gli episodi algici del paziente erano regrediti dopo pochi minuti, essendo stato inoltre negativo il risultato degli esami enzimatici.
Si tratta di assunti che la Corte di Appello ha motivatamente ritenuto infondati, facendo – richiamo al tenore testuale del responso che, in via automatica, l’apparecchiatura emise: “ritmo sinusale; moderata deviazione assiale sinistra (asse QRS <-20); lesione epicardiaca anterosettale (marcato sopraslivellamento di st con anomalie dell’onda T in V1-V4); eco anormale; report non confermato”. Un responso che, ha ricordato la Corte distrettuale, il ct. dr. D.G. aveva spiegato essere chiaramente esplicativo di una sofferenza cardiaca in atto e che permetteva anche al medico del Pronto soccorso di effettuare agevolmente la corretta diagnosi.
La motivazione con la quale si è affermata la sussistenza della condotta colposa dell’imputato è quindi tutt’altro che manifestamente illogica e a questa Corte non è consentito un intervento in sovrapposizione ricostruttiva.
4.2. Proprio perché la condotta colposa è stata accertata dalla Corte territoriale alla luce del tracciato elettrocardiografico, della sintomatologia presentata dal M. allorquando giunse presso il Pronto soccorso, della non decisività delle analisi relative ai valori enzimatici, oltre che dalle deposizioni della dr.ssa Cristina Me. e dell’infermiere S..I. , non coglie il segno la censura concernente il giudizio di attendibilità della teste Me. – che ha riferito di aver rilevato dalla lettura del tracciato l’esistenza in atto di un infarto -, la cui deposizione trova ampio riscontro nelle conclusioni del ct.
4.3. Per quanto attiene alla motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta rimproverabile al D.F. e la morte del M. , non è ravvisatale in essa alcun vizio.
Il punto nodale, debitamente evidenziato anche dal ricorrente, è quello della valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito. Su tale specifico aspetto la Corte di Appello ha affermato la decisività causale della erronea diagnosi, facendo perno sulle conclusioni espresse dal ct., secondo il quale un tempestivo intervento terapeutico avrebbe avuto un’elevata probabilità risolutiva. Si può anche aggiungere, in ragione della integrabilità delle decisioni di merito, che il primo giudice ha anche ricordato che il Dr. G. ha affermato che, ove eseguito correttamente l’intervento terapeutico, il M. avrebbe potuto contare su una sopravvivenza di circa due o tre anni.
In un caso analogo a quello oggi in esame si è affermato, dal giudice di legittimità, che non può escludersi la responsabilità del medico il quale non si attivi e non disponga il ricovero del paziente, che accusi un forte dolore toracico, nel reparto specialistico ove è attuabile un monitoraggio continuo, seguito dall’eventuale trasferimento in reparto di terapia intensiva, laddove nel giudizio controfattuale l’adozione di questa cautela avrebbe, con l’alta credibilità razionale o probabilità logica richieste ai fini della certezza penale, evitato il decesso (Sez. 5, n. 11969 del 16/02/2005 – dep. 25/03/2005, Caruso, Rv. 231717).
Come già esposto nella parte narrativa della presente decisione, la Corte di Appello ha ricostruito con cura il succedersi degli accadimenti, esplicato i motivi per i quali ha individuato il momento dal quale doveva essere calcolato il tempo utile ad un eventuale intervento salvifico, dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto che questo avrebbe avuto valenza impeditiva rispetto all’evento luttuoso.
Né può convenirsi con il ricorrente circa la necessità che il giudizio controfattuale tenga conto (e quindi motivi a riguardo) delle evenienze che avrebbero potuto proporsi con effetti ulteriormente impeditivi dell’approntamento di cure tempestive, quali la ipotetica (in)disponibilità di posti letto presso il nosocomio di XXXXX et similia.
Il giudizio in ordine alla valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito, infatti, deve essere condotto alla stregua degli elementi acquisiti al giudizio, i quali solo possono evitare di formulare mere congetture in ordine alla evoluzione degli accadimenti. In tema di parametri implicati dal giudizio controfattuale può utilmente richiamarsi l’arresto di questa Corte per il quale esso può non essere fondato su una legge scientifica di spiegazione di natura universale o meramente statistica – per l’assenza di una rilevazione di frequenza dei casi esaminati -, risultando quindi debitore di generalizzate massime di esperienza e del senso comune. In tal caso il giudizio deve risultare attendibile secondo criteri di elevata credibilità razionale, in quanto fondato sulla verifica, anche empirica, ma scientificamente condotta, di tutti gli elementi di giudizio disponibili, criticamente esaminati (Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002 – dep. 13/02/2003, Loi e altri, Rv. 223749).
Tra gli elementi di giudizio disponibili alla Corte di Appello non vi erano quelli che il ricorrente evoca in via meramente ipotetica ed, appunto, congetturale.
Gli elementi disponibili, per contro, hanno fatto concludere la Corte di Appello per l’evitabilità del decesso, perché la terapia trombolitica era praticabile già presso l’ospedale di (OMISSIS) e in tempi assolutamente prossimi all’evidenziazione della patologia derivante dal tracciato ecocardiografico, mentre un intervento di angioplastica sarebbe potuto intervenire ancora in tempo utile.
Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica – alla quale peraltro il ricorrente oppone critiche meramente assertive -, non censurabile quindi in sede di sindacato di legittimità.
5. Il secondo motivo di ricorso è, per contro, fondato.
5.1. La giurisprudenza di legittimità è divisa tra i fautori della tesi fatta propria dalla sentenza qui impugnata ed i suoi oppositori.
Il primo orientamento, espresso da Sez. 3, n. 126 del 19/11/2008, D’Angelo, Rv. 242260; Sez. 4, n. 36769 del 09/06/2004, Cricchi ed altri, Rv. 229691 (nonché da Sez. 1, n. 357 del 21/1/2004, Sorgentone; Sez. 2, n. 870 del 13/11/1997, Fascini; Sez. 6, n. 10022, del 3/10/1996, Neri; n. 8392 del 14/5/1996, Dal Cason; n. 14084 del 31/5/1989, Aimerito) fa perno sulla immediata esecutività della disposta provvisionale, espressamente prevista dall’art. 540 comma 2 cod. proc. pen..
Si osserva, quindi, che l’imputato condannato è tenuto, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ad effettuare il pagamento della provvisionale, salva la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione al giudice dell’impugnazione (artt. 600 co. 3 e 612 cod. proc. pen.).
L’art. 165, co. 4, cod. pen., dal canto suo, attribuisce al giudice il potere di stabilire il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti, senza però indicare se questo termine possa decorrere da epoca anteriore alla formazione del giudicato. Il nodo interpretativo viene quindi sciolto a partire dalle finalità della disciplina: si spiega che l’art. 165 ha come scopo dichiarato quello di eliminare, o limitare, le conseguenze dannose o pericolose (ma soprattutto le prime) del reato. Il sistema prescelto è quello di incentivare tutte le attività che l’imputato può porre in essere per giungere a questo risultato al fine di pervenire, anche con questo mezzo, ad un rapido soddisfacimento dei diritti della persona danneggiata dal reato. Sicché non appare illogico ritenere che, quanto meno per le statuizioni che abbiano efficacia già prima della sentenza di condanna definitiva, possa richiedersi all’imputato di provvedere all’adempimento di un’obbligazione, che ha già natura esecutiva, al fine di poter godere del beneficio concessogli.
Quanto all’obiezione per la quale in tal modo si rende irreversibile la statuizione concernente la provvisionale anteriormente al passaggio in giudicato delle pronunzia di condanna, e quindi si conferisce efficacia esecutiva immediata alla decisione su un capo penale, in quanto relativo all’attuazione della sanzione, si replica che l’efficacia immediata si riferisce invece esclusivamente alla sanzione civile mentre, ai fini dell’esecuzione della pena, dovrà attendersi il passaggio in giudicato della sentenza di condanna anche se l’esecuzione della clausola farà necessario riferimento ad una condotta ad esso anteriore.
5.2. Le tesi sin qui esposte non sono, ad avviso di questa Corte, risolutive dei rilievi critici mosse da un diverso filone interpretativo. I principali argomenti di quest’ultimo sono già emersi nel ripercorrere la giurisprudenza alla quale ha Inteso aderire la Corte di Appello di Lecce. Ad essi deve aggiungersi un ulteriore ragione, posta in evidenza da ultimo dalla decisione della sesta sezione di questa Corte, in causa Frino (Sez. 6, sent. n. 5914 del 31/01/2012, Frino e altri, Rv. 251789).
Rileva la pronuncia come la statuizione che assegna la provvisionale abbia tra le proprie caratteristiche quelle della precarietà (essendo destinata ad essere travolta o assorbita dalla decisione conclusiva del processo e quindi insuscettibile di passare in giudicato: per tutte Sez. 5, sent. 5001/2007; Sez. 2, sent. 6727/1995); della discrezionalità nella determinazione dell’ammontare senza obbligo di specifica motivazione (per tutte Sez. 5, sent. 32899/2011; Sez. 4, sent. 10098/1991); della non impugnabilità con il ricorso per cassazione (per tutte SU sent. 2246/1991; Sez. 4, sent. 34791/2010).
Detto altrimenti, la caratteristica del provvedimento può essere individuata nella sua sostanziale insindacabilità. Tale connotato comporta, già sul piano strutturale/sistematico dei principi penalistici, l’incompatibilità della astratta possibilità di influire in modo irrevocabile, e con efficacia vincolante, addirittura sulla stessa concedibilità della sospensione condizionale della pena a prescindere dal giudicato. Si osserva, inoltre, che le implicazioni che discendono dalla tesi avversata risultano del tutto anomale. Essa comporta che, nel momento in cui si disponga la sospensione dell’esecuzione, ai sensi degli artt. 600 e 612 cod. proc. pen., una condizione vincolante ed irreversibile viene sospesa o revocata, “ma implicitamente, salvo poi, forse, a rivivere dopo la sentenza d’appello, ove ritenuta in qualche modo sussumibile nel principio generale della sua esecutività ai fini civili, posto dall’art. 605 co. 2 cod. proc. pen.”. Incertezze che costituiscono ulteriore indice dell’anomalia sistematica che caratterizza insuperabilmente l’anticipazione temporale.
Si aggiunga, come rilievo pur secondario, che perché vi sia la deliberazione di una provvisionale è necessaria la presenza nel processo di una parte civile, con il ministero indefettibile di un difensore tecnico.
Vi è quindi una situazione (una parte che si è già attivata giudizialmente ed è assistita in modo professionale) che rende del tutto immediatamente praticabile, e fisiologico, il ricorso agli usuali rimedi processualcivilistici per dare efficace coercizione ad eventuali inottemperanze; il che – si conclude – esclude che possa ritenersi immanente la natura debole della parte in cui favore la provvisionale è disposta.
5.3. Agli argomenti sin qui ricordati, che già da soli convincono della fondatezza della tesi avanzata dal ricorrente, deve aggiungersene uno ulteriore, che non appare sin qui debitamente evidenziato dalla riflessione giurisprudenziale.
La sospensione condizionale della pena è un istituto che, attraverso la “messa alla prova” del condannato tende a indirizzarne il comportamento verso l’adesione alla legalità (sulla funzione educativa della sospensione condizionale della pena cfr. Sez. 1, n. 44602 del 11/11/2008, Stefanelli, Rv. 241912; delle funzioni di “individualizzazione della pena e… sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato” parla Sez. 6, n. 8676 del 02/06/1999, Pando Juares Edda Milagros, Rv. 214201).
Esso riposa sul significato che, per la collettività e per ciascun consociato, assume il definitivo accertamento della responsabilità e la conseguente condanna. In presenza di un giudicato la collettività si attende che il consociato tragga da quello motivo per orientare i propri futuri comportamenti alle indicazioni valoriali espresse dall’affermazione di responsabilità e dalla commisurazione della pena. Ove l’aspettativa venga soddisfatta (la “messa alla prova” abbia esito positivo), non vi è più ragione di dare corso all’esecuzione della condanna, avendo mostrato il condannato di aver ricostituito il proprio rapporto con i valori espressi dall’ordinamento. L’apposizione di una condizione, secondo la previsione dell’art. 165 cod. pen., non può certo modificare strutturalmente l’Istituto della sospensione condizionale della pena ed anzi non può che avere lo scopo di rafforzarne le funzioni, secondo le particolarità del caso. Al più può riconoscersi la possibilità che la condizione assolva a ulteriori e contestuali necessità: accanto a quella di dare dimostrazione del conseguimento dell’obiettivo rieducativo della minaccia dell’esecuzione della pena, quella di soddisfare più celermente le ragioni della persona offesa o del danneggiato; giammai però gli scopi accessori possono contraddire la funzione essenziale dell’istituto.
Pretendere quindi che l’imputato, non ancora condannato in via definitiva, sia valutato per quanto fatto prima ancora della condanna contraddice il ruolo che assume la definitività dell’accertamento giudiziario nell’ambito dell’istituto del quale ci si occupa. Non c’è bisogno di aggiungere che il comportamento ante delictum non è privo di valore, ma viene in considerazione nelle forme previste da diversi ed ulteriori istituti (ad esempio le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen.).
6. Prima di concludere sul punto va ancora considerato che sussiste l’interesse del ricorrente alla decisione del motivo, nonostante l’odierno passaggio in giudicato della sentenza con le implicazioni conseguenti sulle statuizioni civili. Ciò che infatti – per quanto finora argomentato – rileva è la possibilità per l’imputato di usufruire della sospensione condizionale della pena, concessagli, nel caso di mancata precedente ottemperanza alla condizione apposta.
Poiché il Giudice d’appello ha indicato una data specifica e non un termine parametrato alla data della sentenza (il che avrebbe permesso di spostare la data iniziale al momento del passaggio in giudicato, ex art. 620 c.p.p.: Sez. 6 sent. 2347/1998 cit.) la clausola va necessariamente solo revocata.
7. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla statuizione relativa alla apposizione di condizione alla concessa sospensione condizionale della pena; tale condizione va eliminata.
Il ricorso va rigettato nel resto, con la conferma delle statuizioni civili.
Ne consegue, la condanna del ricorrente alla sola rifusione delle spese del procedimento in favore della parte civile; spese che si liquidano, in ragione della solo parziale soccombenza, in Euro 3500,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla subordinazione della concessa sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale entro il 30 giugno 2011. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili, che liquida in Euro 3500,00, oltre accessori come per legge.
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