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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 3 luglio 2013, n. 16598

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Costina – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) (Studio legale (OMISSIS)), unitamente all’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS) (Studio legale (OMISSIS)), unitamente all’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso;

_- controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, n. 7/07, pubblicata il 17 aprile 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19 marzo 2013 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. (OMISSIS) per la controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Il Tribunale di Tarante, dopo aver pronunciato con sentenza non definitiva del 13 luglio 2001 la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da (OMISSIS) con (OMISSIS), con sentenza definitiva del 17 giugno 2005 pose a carico del primo l’obbligo di corrispondere un assegno mensile di lire 550.000, da rivalutarsi annualmente secondo l’indice Istat.

2. – Il gravame proposto dal (OMISSIS) e’ stato rigettato dalla Corte d’Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 17 aprile 2007.

Premesso che l’appellata aveva cessato di svolgere l’attivita’ di bracciante agricola, in quanto incompatibile con la sua eta’ e le sue condizioni di salute, la Corte ha ritenuto che le sue condizioni economiche non avessero subito mutamenti, essendo la (OMISSIS) titolare di pensione INPS, avente natura assistenziale, e non essendo in grado di svolgere attivita’ lavorativa, a causa delle patologie documentate. Ha ritenuto inoltre ininfluente il godimento da parte dell’appellata di un modesto appartamento concessole gratuitamente dal Comune, in quanto l’importo dell’assegno risultava appena sufficiente per il pagamento delle utenze.

3. – Avverso la predetta sentenza il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. La (OMISSIS) resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5, osservando che, ai fini del riconoscimento dell’assegno, la Corte d’Appello si e’ limitata a prendere in esame le condizioni economiche della richiedente, omettendo di porle a confronto con quelle di esso ricorrente, e quindi trascurando che egli e’ titolare esclusivamente della pensione di vecchiaia, con la quale deve provvedere ad ogni suo bisogno, ivi compreso il costo dell’abitazione.

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omessa e/o insufficiente motivazione in ordine all’inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione della (OMISSIS), sostenendo che la Corte d’Appello non ha tenuto conto del mutamento intervenuto nelle condizioni economiche dei coniugi, ed in particolare in quelle della (OMISSIS), rispetto all’epoca della separazione, avendo trascurato che la richiedente e’ divenuta titolare di un reddito da pensione pari a quello di esso ricorrente.

3. – Il ricorso e’ fondato.

Ai sensi della Legge n. 898 del 1970, articolo 5, l’accertamento del diritto all’assegno divorzile dev’essere effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, mentre la liquidazione in concreto dell’assegno, ove sia riconosciuto tale diritto per non essere il coniuge richiedente in grado di mantenere con i propri mezzi detto tenore di vita, va compiuta tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonche’ del reddito di entrambi, valutandosi tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 15 maggio 2013, n. 11686; 12 luglio 2007, n. 15611).

Nell’ambito di questo duplice apprezzamento, occorre avere riguardo non soltanto ai redditi ed alle sostanze del richiedente, ma anche a quelli dell’obbligato, i quali assumono rilievo determinante sia ai fini dell’accertamento del livello economico-sociale del nucleo familiare, sia ai fini del necessario riscontro in ordine all’effettivo deterioramento della situazione economica del richiedente in conseguenza dello scioglimento del vincolo. Per poter determinare lo standard di vita mantenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio, occorre infatti conoscerne con ragionevole approssimazione le condizioni economiche, dipendenti dal complesso delle risorse reddituali e patrimoniali di cui ciascuno dei coniugi poteva disporre e di quelle da entrambi effettivamente destinate al soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, mentre per poter valutare la misura in cui il venir meno dell’unita’ familiare ha inciso sulla posizione del richiedente e’ necessario porre a confronto le rispettive potenzialita’ economiche, intese non solo come disponibilita’ attuali di beni ed introiti, ma anche come attitudini a procurarsene in grado ulteriore (cfr. Cass., Sez. 1, 12 luglio 2007, n. 15610; 28 febbraio 2007, n. 4764).Nella specie, invece, la sentenza impugnata ha riconosciuto il diritto all’assegno all’esito di una valutazione incentrata unicamente sull’analisi della situazione economica della richiedente, ritenuta di per se’ sufficiente a giustificare l’imposizione di un contributo a carico del ricorrente, indipendentemente da qualsiasi raffronto con lo standard di vita mantenuto dai coniugi in costanza di matrimonio.

La Corte si e’ infatti limitata a descrivere le attuali precarie condizioni economiche della (OMISSIS), osservando che nessun mutamento e’ intervenuto rispetto all’epoca della cessazione della convivenza, ma astenendosi da qualsiasi accertamento in ordine alla situazione economica pregressa ed a quella attuale del (OMISSIS), con la conseguenza che nulla e’ dato sapere relativamente alle risorse reddituali e patrimoniali di cui godeva complessivamente il nucleo familiare prima della sua dissoluzione, ne’ a quelle di cui il ricorrente sarebbe ora in grado di disporre per far fronte all’obbligo posto a suo carico.

4. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese processuali.

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