Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 1 settembre 2014, n. 36438
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZECCA Gaetanino – Presidente
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Consigliere
Dott. CIAMPI Francesco – rel. Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE in data 3 dicembre 2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
sentite le conclusioni del PG in persona del Dott. Vincenzo Geraci che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Per il ricorrente e’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di (OMISSIS) che chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
Il (OMISSIS) era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di lesioni colpose gravissime, aggravate dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro in danno del dipendente (OMISSIS).
2. Avverso tale decisione propone ricorso a mezzo del proprio difensore il (OMISSIS) deducendo la violazione di legge in relazione al principio di effettivita’ (Decreto Legislativo n. 242 del 1996, articolo 2, e Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 299) e la manifesta illogicita’ della motivazione.
Dagli atti emergeva che la macchina “pompa per mosti” era stata installata dai dipendenti (OMISSIS) e (OMISSIS) nel piazzale dell’azienda agricola sin dalla mattina per le operazioni di vendemmia e che il (OMISSIS), giunto in azienda intorno alle ore 16,00, aveva chiesto se vi fosse bisogno di aiuto per la vendemmia, iniziando subito dopo ad operare alla pompa, spingendo con le mani l’uva dallo scivolo di metallo verso la tramoggia.
Il giudice di primo grado, disattese le prospettazioni difensive relative alla mancata qualifica di “lavoratore” del (OMISSIS) ed alla delega di funzioni organizzative al (OMISSIS), dichiarava il (OMISSIS) colpevole del reato ascrittogli.
La Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilita’.
Il ricorso e’ infondato. Con il primo motivo di gravame il ricorrente reitera la tesi difensiva secondo cui il (OMISSIS) era stato assunto da soggetti diversi da esso (OMISSIS) e nella sua totale inconsapevolezza. Sul punto la Corte territoriale ha ritenuto che poiche’ nessuno dei lavoratori presenti risultava titolare di delega all’assunzione anche temporanea di lavoratori e tanto meno di autonomia di spesa al fine di erogare il dovuto corrispettivo, deve ritenersi che il (OMISSIS) non solo fosse a conoscenza della presenza del (OMISSIS), ma che ne avesse necessariamente autorizzato lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa. La tesi ribadita in ricorso attiene pertanto ad una mera quaestio facti, come tale non esaminabile in sede di legittimita’. Va peraltro osservato che secondo un consolidato orientamento di questa Corte di legittimita’, anche i terzi, quando si trovano esposti ai rischi di un’attivita’ lavorativa, devono ritenersi destinatari delle norme di prevenzione per cui non rileva che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a questi equiparato o, addirittura, una persona estranea all’ambito imprenditoriale, purche’ sia ravvisabile il nesso causale con l’accertata violazione. Infatti, “anche i terzi, quando si trovino esposti ai pericoli derivanti da un’attivita’ lavorativa da altri svolta nell’ambiente di lavoro, devono ritenersi destinatari delle misure di prevenzione. Sussiste, pertanto, un cosiddetto rischio aziendale connesso all’ambiente, che deve essere coperto da chi organizza il lavoro” (Cass. pen. Sez. 4 , n. 6686 del 4.5.1993 Rv. 195483).
Nello specifico, e’ stato accertato che la macchina utilizzata era priva della griglia di protezione e che, al fine di permetterne il funzionamento, venivano utilizzate delle chiavi supplementari atte ad escludere i dispositivi di sicurezza e che l’assenza di questo basilare presidio di sicurezza era stata determinante nella causazione dell’infortunio,. Sostiene poi il ricorrente che nulla gli era comunque addebitabile in quanto aveva affidato ai suoi dipendenti una macchina perfettamente funzionante e sicura e che non era a conoscenza che la macchina veniva fatta funzionare senza la cautela imposta.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
Va infatti osservato che per attribuire ad una condotta umana una efficacia causale, e’ necessario che l’agente abbia in capo a se’ la c.d. “posizione di garanzia” e che cioe’, in ragione della sua prossimita’ con il bene da tutelare, sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentono di attivarsi onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene giuridico la cui integrita’ egli deve garantire (articolo 40 c.p., comma 2: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”). La ratio della disposizione va ricercata nell’intenzione dell’ordinamento di assicurare a determinati beni una tutela rafforzata, attribuendo ad altri soggetti, diversi dall’interessato, l’obbligo di evitarne la lesione e cio’ perche’ il titolare non ha il completo dominio delle situazioni che potrebbero metterne a rischio l’integrita’. In sintesi, perche’ nasca una posizione di garanzia, e’ necessario che: vi sia un bene giuridico che necessiti di protezione e che da solo il titolare non e’ in grado di proteggere; che una fonte giuridica (anche negoziale) abbia la finalita’ della sua tutela; che tale obbligo gravi su una o piu’ specifiche persone; che queste ultime siano dotate di poteri impeditivi della lesione del bene che hanno “preso in carico”. Invero, i titolari della posizione di garanzia devono essere forniti dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. Il che non significa che dei poteri impeditivi debba essere direttamente fornito il garante, e’ sufficiente che gli siano riservati mezzi idonei a sollecitare gli interventi necessari per evitare che l’evento dannoso venga cagionato, per la operativita’ di altri elementi condizionanti di natura dinamica.
Nel caso di specie, non puo’ porsi in dubbio che il (OMISSIS), per il ruolo rivestito, avesse la posizione di garanzia (datore di lavoro) che gli imponeva di adottare, o controllare che fossero adottate, le cautele omesse e che hanno determinato l’evento. In un caso analogo questa Corte di legittimita’ ha statuito che “In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia del datore di lavoro, e’ inderogabile quanto ai doveri di vigilanza e controllo per la tutela della sicurezza, in conseguenza del principio di effettivita’, il quale rende riferibile l’inosservanza alle norme precauzionali a chi e’ munito dei poteri di gestione e di spesa” (Sez. 3 sent. 29229 del 3-8- 2005 Rv. 232307).
Sul punto la difesa dell’imputato ha rilevato – come gia’ ricordato – che tali poteri erano stati trasferiti ad altro soggetto, il (OMISSIS), avente la qualifica di preposto. Ma la attribuzione di tali poteri non ha determinato la assunzione da parte di tale soggetto della qualita’ di datore di lavoro, ne’ in capo ad esso sono stati trasferiti i relativi obblighi di sicurezza. A tal fine, infatti sarebbe stato necessario conferirgli una specifica “delega” che, nel caso di specie, non risulta provata. In tema questa Corte di legittimita’, gia’ prima della codificazione prevista nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 16 e 17, ha statuito che sebbene “in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro, tuttavia, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4 sent. 38425 dei 22-11-2006, Rv. 235184). Nel caso in questione nessuna inequivoca delega di funzioni antinfortunistiche risulta essere stata affidata; ne’ tale delega risulta essere stata conferita di fatto, non avendolo l’imputato efficacemente documentato (cfr. Cass. Sez. 4 sent. 37470 del 2-10- 2003, Rv. 226228). Ne consegue da quanto detto, che il (OMISSIS), quale datore di lavoro, aveva intatta la sua posizione di garanzia al momento dei fatti, ai sensi del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articoli 4 e 7, per cui era comunque tenuto a sorvegliare circa le attivita’ che si svolgevano presso il luogo di lavoro, quali quelle avvenute in occasione dell’incidente. E’ da considerare, inoltre, che le omissioni relative alle dotazioni di sicurezza attengono a manchevolezze attinenti a presidi da attuare in epoca precedente al giorno dell’infortunio e, quindi, rientranti nella sfera di controllo di quest’ultimo.
Quanto alle residue argomentazioni difensive, giova ricordare che se, per un verso, non e’ dato in questa sede di procedere a qualsivoglia ulteriore accertamento di merito, per altro verso, in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimita’ non e’ quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilita’ delle fonti di prova, bensi’ di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinare conclusioni a preferenza di altre (cosi’ Cass., Sez. Un., 29.1.1996, n. 930): a tale compito deve riconoscersi abbia ampiamente assolto la sentenza impugnata.
4. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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