Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 29 settembre 2016, n. 40699

Non punibile per particolare tenuità del fatto l’omessa custodia del cane che morde una passante

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 29 settembre 2016, n. 40699

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente
Dott. CIAMPI Francesco – rel. Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere
Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
Avverso la sentenza del GIUDICE DI PACE DI POTENZA in data 18 giugno 2015;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CIAMPI FRANCESCO MARIA;
sentite le conclusioni del P.G. in persona della Dott.ssa FODARONI Maria Giuseppina che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza resa in data 18 giugno 2015 il Giudice di Pace di Potenza dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato ascrittogli e lo condannava alla pena di Euro 500,00 di multa. Il (OMISSIS) rispondeva del delitto di cui all’articolo 590 c.p. perche’, per colpa, non curando la custodia, con le dovute cautele, dei propri quattro cani ed omettendo adeguato controllo sugli stessi, totalmente liberi nel movimento, non impediva che potessero generare pericolo per l’incolumita’ delle persone, come infatti accaduto sulla pubblica via prospiciente la sua abitazione in pregiudizio di (OMISSIS), aggredita e morsa, talche’, nella circostanza, riportava lesioni personali giudicate guaribili in giorni quindici.
2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il (OMISSIS) deducendo sotto piu’ profili violazione di legge e vizio motivazionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Va dapprima esaminato il quarto motivo di ricorso (con cui il ricorrente invoca la declaratoria di non punibilita’ per lieve entita’ del fatto) che propone una questione pregiudiziale (cfr. SS.UU. n. 13681 del 2016) della causa di esclusione della punibilita’ introdotta dal Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, articolo 1, che ha inserito nel codice penale l’articolo 131 bis c.p..
Il testo della norma dispone quanto segue: “Esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto. Nei reati per i quali e’ prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilita’ e’ esclusa quando, per le modalita’ della condotta e per l’esiguita’ del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133 c.p., comma 1, l’offesa e’ di particolare tenuita’ e il comportamento risulta non abituale. L’offesa non puo’ essere ritenuta di particolare tenuita’, ai sensi del comma 1, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudelta’, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’eta’ della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Il comportamento e’ abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso piu’ reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuita’, nonche’ nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel comma 1 non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del comma 1 non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69. La disposizione del comma 1 si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuita’ del danno o del pericolo come circostanza attenuante”.
Alla luce di tali previsioni normative deve ritenersi l’applicabilita’ dell’istituto alla fattispecie in esame, trattandosi di reato punito con pena detentiva inferiore nel massimo a cinque anni, oltre alla pena pecuniaria; il comportamento addebitato all’imputato non risulta inoltre abituale, mentre la minima offensivita’ del fatto e’ stata sostanzialmente ritenuta dal giudice di primo grado, che ha applicato la sola pena pecuniaria nella misura di 500,00 Euro.
La norma e’ peraltro applicabile ai processi non definiti con sentenza passata in giudicato in quanto piu’ favorevole al reo, in base al principio di legalita’ penale enunciato dall’articolo 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), cosi’ come interpretato dalla giurisprudenza di Strasburgo, nella prospettiva della piu’ completa tutela dei diritti fondamentali della persona e cosi’ come affermato dalle SS.UU. (cfr. gia’ citata sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266593), secondo cui l’istituto della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, previsto dall’articolo 131-bis c.p., avendo natura sostanziale, e’ applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti davanti alla Corte di cassazione e per solo questi ultimi la relativa questione,in applicazione dell’articolo 2 c.p., comma 4, e articolo 129 c.p.p., e’ deducibile e rilevabile d’ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2, anche nel caso di ricorso inammissibile.
In alcuni precedenti di questa Corte (cfr. in particolare la sentenza n. 31920 del 2015) si e’ ritenuto invero inapplicabile il nuovo istituto in caso si discuta – come nella specie – di un reato di competenza del giudice di pace in quanto nel relativo procedimento avrebbe potuto trovare applicazione solo il diverso istituto di cui al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 34.
Nel processo davanti al giudice di pace, come e’ noto, viene attribuito al giudice il potere-dovere di chiudere il procedimento, sia prima che dopo l’esercizio dell’azione penale, quando il fatto incriminato risulti di particolare tenuita’, rispetto all’interesse tutelato, e tale per l’effetto da non giustificare l’esercizio o la prosecuzione dell’azione penale. L’apprezzamento della particolare tenuita’ deve essere operato avendo riguardo “congiuntamente” all’esiguita’ del danno o del pericolo che ne e’ derivato per l’interesse tutelato dalla norma, all'”occasionalita’” della condotta incriminata ed al grado della colpevolezza, dovendosi comunque considerare la posizione della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato, sotto il profilo del possibile pregiudizio che dall’ulteriore corso del procedimento gliene puo’ derivare, con specifico riguardo alle sue esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute.
La decisione citata richiama in particolare la circostanza che nel testo del parere approvato sullo schema di decreto legislativo il 3 febbraio 2015, dalla Commissione Giustizia, si invitava il Governo a valutare “l’opportunita’ di coordinare la disciplina della particolare tenuita’ del fatto prevista dal Decreto Legislativo 28 ottobre 2000, n. 274, articolo 34, in riferimento ai reati del giudice di pace, con la disciplina prevista dal provvedimento in esame”. Sollecitazione, tuttavia, respinta.
Va a riguardo osservato che tale determinazione fu tuttavia adottata per il solo fatto che fu ritenuta estranea alle indicazioni della legge delega, donde la necessita’ che la possibile interferenza tra diverse disposizioni deve essere risolta dall’interprete.
Va a riguardo in primo luogo precisato che la sentenza n. 31920 del 2015 e’ intervenuta prima della pronuncia delle SS.UU. gia’ piu’ volte richiamata che pur non affrontando ex professo tale problematica ha comunque sottolineato il carattere assolutamente generale dell’istituto. Nessuna indicazione normativa conforta peraltro la tesi negativa e proprio le differenze fra i due istituti (e la disciplina sostanzialmente di maggior favore prevista dall’articolo 131 bis c.p.), inducono a ritenere che quest’ultima sia applicabile – nel rispetto dei soli limiti espressamente indicati dalla norma – a tutti i reati ivi compresi quelli di competenza del giudice di pace. Del resto sarebbe altamente irrazionale e contrario ai principi generali che la disciplina sulla tenuita’ del fatto che trova la sua ispirazione proprio nel procedimento penale avanti al giudice di pace, sia inapplicabile per i reati attribuiti alla competenza di quel giudice, ove invece dovrebbe farsi unicamente riferimento a quella specifica e piu’ stringente di cui all’articolo 34 citato.
4. Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perche’ il fatto non e’ punibile ai sensi dell’articolo 131 bis c.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non e’ punibile ai sensi dell’articolo 131 bis c.p..

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