Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 27 luglio 2016, n.32567

E’ configurabile il concorso colposo nel delitto doloso, a condizione che il reato sia previsto anche nella forma colposa e che la condotta del concorrente contenga tutti i requisiti della colpa

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

SENTENZA 27 luglio 2016, n.32567

RITENUTO IN FATTO

1. Il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Perugia, con sentenza in data 15 aprile 2015, dichiarava non luogo a procedere nei confronti di C.C.E. e T.M.L., imputati del delitto di concorso colposo in omicidio doloso in danno di P.M. e Cr.Da., commesso da Z.A. in data (OMISSIS).
Brevemente sintetizzando la vicenda alla luce degli atti disponibili, rilevano i fatti prodromici al pregresso evento omicidiario (seguito peraltro dal suicidio dello stesso autore dell’omicidio): nei confronti dello Z., in data 2 dicembre 2009, era stato emesso dalla Prefettura di Perugia il divieto d’urgenza di detenere armi e munizioni in relazione alla sottoposizione dello stesso Z., il 22 novembre dello stesso anno, a trattamento sanitario obbligatorio (t.s.o.); lo stesso Z., peraltro, risultava essere titolare di licenza di porto di fucile per tiro a volo dal (OMISSIS). Il 24 agosto 2012, lo Z. si presentava dal dott. P., medico della Polizia di Stato, segnalandogli di avere presentato istanza per il rinnovo della licenza di porto del fucile per tiro a volo ed esibendogli un certificato anamnestico del dott. S., dal quale non risultavano patologie psichiatriche o prescrizioni di psicofarmaci. In realtà, lo Z. presentava l’istanza di rinnovo del porto d’armi in Questura in un momento successivo, e precisamente il (OMISSIS); l’istruzione della pratica fu curata dal dipendente della questura C.C.E., e l’autorizzazione al rinnovo fu rilasciata dalla d.ssa T.M.L., sebbene nel corso dell’istruttoria fosse emerso, attraverso un’interrogazione in banca dati, che nei confronti dello Z. era stato emesso il divieto d’urgenza sopra indicato e datato (OMISSIS).
Il (OMISSIS) lo Z. acquistava presso un’armeria di (OMISSIS) una pistola semiautomatica Beretta cal. 9×21, un caricatore di scorta e 50 munizioni, esibendo il rinnovo della licenza di porto di fucile per tiro a volo. Il giorno dopo, egli si recò negli uffici della (OMISSIS) e qui, con l’arma appena acquistata, esplodeva numerosi colpi all’indirizzo di P.M. e Cr.Da., responsabili di un procedimento amministrativo riguardante un’associazione della famiglia Z. operante nel settore della moda. Le due donne morivano all’istante.
2. Il giudice perugino escludeva la responsabilità del C. e della T., da un lato, ritenendo non configurabile giuridicamente la fattispecie del concorso colposo nel delitto doloso (e in ciò discostandosi dall’orientamento espresso sul punto dalla giurisprudenza di legittimità), anche con riferimento all’impossibilità di configurare, in riferimento al detto istituto, la c.d. causalità della colpa in riferimento alle norme di cautela violate dagli imputati; oltre a ciò, il provvedimento rilasciato allo Z. riguardava esclusivamente la rinnovata possibilità del porto di un fucile per tiro a segno, ancorchè con tale provvedimento fosse consentito anche l’acquisto di una pistola del tipo di quella usata nel duplice omicidio. Infine, sempre secondo il giudice perugino, l’evento neppure era prevenibile, in quanto l’ideazione di rinnovare la licenza di porto del fucile sarebbe scaturita prima che lo Z. ideasse la realizzazione della condotta omicidiaria.
3. Avverso la prefata sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica di Perugia, deducendo due motivi di doglianza.
3.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, in riferimento all’esclusione dell’ipotizzabilità in astratto del concorso colposo nel delitto doloso.
Premesso, infatti, che l’omicidio commesso dallo Z. è delitto per il quale è prevista anche la forma colposa, e che nella condotta del C. e della T. sono ravvisabili gli estremi della colpa quanto meno generica, il Pubblico ministero ricorrente evidenzia che, ai fini di cui all’art. 7 della Convenzione E.D.U., la fattispecie contestata ai detti imputati è da tempo ritenuta configurabile dalla giurisprudenza di legittimità (citando a contrario la nota sentenza della Corte di Strasburgo Contrada c. Italia, nella quale viceversa il delitto di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, contestato all’imputato, non era stato ritenuto aderente ai principi di cui al citato art. 7 in quanto frutto di un’elaborazione giurisprudenziale successiva ai fatti a lui addebitati); sottolinea inoltre il P.M. ricorrente che il richiamo alla cooperazione colposa di cui all’art. 113 c.p., ritenuto inconferente dal Giudice per l’udienza preliminare, è invece applicabile al caso di specie, senza che ciò integri alcuna mutazione dell’editto imputativo.
3.2. Con il secondo motivo il P.M. ricorrente denuncia violazione di legge in riferimento all’esclusione del nesso causale tra le condotte contestate agli imputati e l’uccisione delle due vittime, in riferimento alla c.d. causalità della colpa. Deduce l’esponente che è lo stesso giudice a riconoscere che con la licenza rinnovata allo Z. era possibile l’acquisto dell’arma con cui egli, in seguito, uccise le due donne; oltre a ciò, proprio il fatto che nei confronti dell’omicida fosse stato emesso un divieto di detenere armi (per le già viste ragioni di carattere psichico) rende evidente che tale provvedimento mirava a prevenire atti lesivi in danno di terzi, e che la stessa procedura di rinnovo alla quale gli imputati erano assegnati nelle rispettive qualità e funzioni aveva come scopo quello di esercitare un controllo sui requisiti che consentono di rimuovere l’ostacolo all’esercizio di attività pericolose nell’ambito del c.d. rischio consentito. Perciò, la regola cautelare violata dagli imputati, in quanto titolari della corrispondente posizione di garanzia, era sottesa proprio ad evitare rischi del tipo di quello concretizzatosi, con conseguente sussistenza non solo della causalità materiale, ma anche di quella della colpa.
4. Con memoria depositata in cancelleria il 1 luglio 2016, il difensore di C.C.E., confutando ciascuno dei motivi di ricorso, ne ha chiesto il rigetto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in ambedue i motivi nei quali esso è articolato.
Deve premettersi che il controllo di legittimità sulla sentenza di non luogo a procedere ha ad oggetto la giustificazione adottata dal giudice nel valutare gli elementi disponibili e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal P.M. per escludere che l’accusa sia sostenibile in giudizio (Sez. 2, n. 5669 del 28/01/2014, Schiaffino e altri, Rv. 258211).
Nel caso di specie, il giudice era dunque chiamato a valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultassero insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito del materiale probatorio, nè formulare un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato, essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui gli elementi di prova acquisiti a carico di quest’ultimo si prestino a valutazioni alternative, aperte o, comunque, tali da poter essere diversamente valutati in dibattimento anche alla luce delle future acquisizioni probatorie (Sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016, I. ed altro, Rv. 266443).
2. Ciò posto, muovendo dalla prima doglianza, essa concerne la peculiare (e discussa) nozione di concorso colposo nel delitto doloso, che si colloca nell’ambito della problematica della responsabilità colposa in fattispecie plurisoggettive, ma con la peculiarità che il delitto è doloso, nel senso che con la condotta dolosa dell’agente concorre quella, colposa, di altro soggetto. Nell’impugnata sentenza il giudice dell’udienza preliminare ha fatto proprio l’orientamento dottrinario prevalente, che è nel senso dell’inammissibilità del concorso colposo nel delitto doloso. Viceversa, come del resto riconosciuto dal giudice procedente nella sentenza impugnata, la ormai pacifica giurisprudenza di legittimità ritiene ammissibile l’ipotesi di concorso colposo anche rispetto al delitto doloso, non ostandovi la previsione di cui all’art. 42 c.p., comma 2, che, riferendosi soltanto alla parte speciale del codice, non interessa le disposizioni di cui agli artt. 110 e 113 cod. pen.. Peraltro, secondo quanto chiarito dai più recenti arresti giurisprudenziali, le ipotesi in cui è ammissibile il concorso colposo nel delitto doloso vengono puntualmente circoscritte: è, infatti, comunque necessario che il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta dell’autore siano presenti gli elementi della colpa e, in particolare, la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo (da ultimo vds. Sez. 4, n. 22042 del 27/04/2015, Donatelli e altri, Rv. 263499).
La peculiarità dell’inclusione, nella fattispecie in esame, del duplice elemento soggettivo della colpa (da parte dell’agente) e del dolo (da parte del terzo) si giustifica con il fatto che il soggetto attivo risponde a titolo di colpa in relazione a un evento che viene posto a suo carico per l’intervento di un successivo fattore che si inserisce nella serie causale, non dissimilmente da quanto accade nel normale paradigma del delitto colposo, con la sola peculiarità che tale fattore è qui costituito dall’agire umano: non già, però, da un contributo causale colposo (come nel caso della cooperazione colposa o nel concorso di condotte colpose fra loro indipendenti), ma dal sopravvenire di un comportamento umano volontario, ossia caratterizzato da dolo (ancorchè, nel caso in esame, si possa ipotizzare la sussistenza, nel terzo agente, di un vizio di mente). Per potersi ricondurre la fattispecie in esame, in termini di interpretazione estensiva (e non già di analogia in malam partem), all’interno dell’imputazione colposa (ciò che è ovviamente possibile solo nel caso in cui il delitto sia, come nella specie, punito anche a titolo di colpa), è in definitiva necessario che sussistano, rapportati alla fattispecie concreta nelle sue peculiarità, tutti gli elementi tipici del delitto colposo. E, dunque, la violazione di regole cautelari a titolo di colpa generica o specifica, la prevedibilità e l’evitabilità dell’evento dannoso, la configurabilità e la praticabilità (oltrechè la doverosità) di un comportamento alternativo diligente, ovvero osservante di dette regole di cautela, da parte del soggetto attivo, e la dipendenza causale dell’evento dalla sua condotta inosservante, sia sotto il profilo della materialità condizionalistica, sia sotto il profilo del verificarsi dell’evento a causa della violazione di regole cautelari la cui funzione era quella di prevenire il rischio concretizzatosi.
La giurisprudenza di legittimità annovera, del resto, casi affatto similari a quello di cui trattasi, nei quali l’istituto in esame, sulla base dei principi fin qui enunciati, è stato applicato: ad esempio, la Corte regolatrice ha ritenuto configurabile il concorso colposo dei medici che avevano consentito il rilascio del porto d’armi ad un paziente affetto da gravi problemi di ordine psichico, nei delitti dolosi di omicidio e lesioni personali commessi dal paziente il quale, dopo aver conseguito il porto d’armi, aveva con un’arma da fuoco colpito quattro passanti, ucciso la propria convivente ed una condomina, ed infine si era suicidato (Sez. 4, n. 4107 del 12/11/2008 – dep. 2009, Calabrò e altro, Rv. 242830); ancor più calzante è il caso in cui è stato considerato responsabile dei reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose il funzionario della polizia di Stato che, nonostante la pericolosità del richiedente, evidenziata da numerosi atti del commissariato da lui diretto, aveva rilasciato la licenza di porto d’armi ad un soggetto resosi successivamente autore di una sparatoria che abbia provocato la morte di due persone e il ferimento di altre quattro (Sez. 4, n. 34748 del 04/05/2010, Vollono e altro, Rv. 248343).
3. Tornando al caso di specie, va da un lato evidenziato che la complessità della questione mal si prestava, eo ipso, a una valutazione giuridica unilaterale nel senso sopra richiamato, laddove al giudicante era richiesta unicamente una prognosi di sostenibilità dell’accusa in dibattimento; dall’altro, deve di contro constatarsi che, secondo il qui richiamato e condiviso orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità (dal quale invece il giudice perugino si è discostato), sono nella specie quanto meno ipotizzabili tutte le condizioni individuate ai fini della configurabilità della fattispecie in esame: oltre all’essere l’omicidio un delitto previsto anche nella forma colposa (art. 589 c.p.), risultano individuabili sia gli elementi di colposità evidenziati dal P.M. ricorrente, sia la configurabilità di una regola cautelare finalizzata alla prevenzione del rischio concretizzatosi, sia infine i profili di causalità (sia materiale che della colpa) evidenziati, in particolare, nel secondo motivo di ricorso.
4. Il controllo amministrativo cui il C. e la T., nelle loro rispettive qualità, erano preposti, che si colloca in una fase istruttoria tipica del procedimento teso all’emissione di un provvedimento ampliativo, era nella specie volto a verificare se vi fossero ostacoli al rilascio del rinnovo del porto d’armi: ostacoli che erano in realtà presenti, in quanto nel 2009 era stato disposto il divieto, a carico dello Z., di detenere armi o munizioni in relazione al suo stato di salute mentale. Tale evenienza era non solo conoscibile, ma aveva anzi formato oggetto di specifico accertamento nell’ambito del medesimo ufficio e durante la fase istruttoria (è la stessa sentenza impugnata a riferire di quanto accertato dall’a.c. V.T. il (OMISSIS)).
In base alla motivazione della sentenza impugnata, nonostante ciò configurasse, a quanto è dato desumere, un elemento ostativo al rilascio del rinnovo del porto d’armi (o quanto meno meritevole di verifica, se non altro in relazione alle ragioni che avevano determinato il provvedimento di divieto emesso nel 2009), detto rinnovo veniva alla fine rilasciato, sia pure “con prescrizioni”, non attinenti peraltro alla specificità del caso (ma solo alle modalità di custodia dell’arma). Eppure, l’osservanza delle cautele doverose doveva indurre il C. e la T. (quali titolari di altrettante posizioni di garanzia in relazione ai compiti loro assegnati) a verificare le ragioni che avevano indotto la Prefettura di Perugia a vietare la detenzione di armi o munizioni allo Z.: ciò avrebbe consentito loro di constatare che detto divieto si poneva in relazione con lo stato mentale dello stesso Z., che era stato destinatario di t.s.o. e che perciò, secondo un passo del provvedimento riportato nella sentenza impugnata, non offriva più garanzie circa un corretto uso delle armi in suo possesso. Tanto più che, come ammesso nella stessa sentenza impugnata, il rinnovo del porto di fucile per tiro a segno consentiva allo Z. di provvedersi anche di armi diverse, quale quella che egli effettivamente acquistò grazie a detto provvedimento e con la quale uccise le due vittime.
Di qui la ravvisabilità, nella condotta degli imputati, di profili di colpa, peraltro riconosciuti implicitamente dallo stesso giudice che emise la pronunzia impugnata; nonchè la ravvisabilità della violazione di regole cautelari insite nell’istruttoria loro affidata, che, come correttamente argomentato nel ricorso, presidiano il corretto uso delle armi e mirano a impedire che le stesse vengano impiegate in modo da (o addirittura al fine di) cagionare danni a terzi.
5. Sotto il profilo della causalità, è la stessa sentenza impugnata a riconoscere che il rinnovo del porto del fucile per uso sportivo consentì allo Z. di procurarsi la pistola semiautomatica con cui uccise poi le due vittime; e non può certo escludersi (specie nell’ambito del vaglio demandato al giudice dell’udienza preliminare) che detto evento costituisse, nella specie, condicio sine qua non dell’evento omicidiario sul solo rilievo che il provvedimento non consentiva allo Z. di portare con sè la suddetta pistola. Peraltro la sentenza non fornisce risposte logicamente spendibili a proposito dell’imprevedibilità o di un’ipotetica eccezionalità dell’evento: imprevedibilità ed eccezionalità che sembrano in realtà da escludere, proprio in relazione a quanto correttamente osservato dal ricorrente sotto il profilo della c.d. causalità della colpa, atteso che le regole cautelari sottese alla fase istruttoria erano volte a evitare che, attraverso il provvedimento finale, il destinatario del provvedimento stesso potesse procurarsi delle armi che di fatto gli consentissero di cagionare eventi dannosi a terzi; che innegabilmente concorrono motivi per ritenere che tali regole siano state disattese dal C. e dalla T.; e che, se essi avessero ottemperato a dette regole, opponendo un diniego all’istanza dello Z., con ogni probabilità l’evento omicidiario non si sarebbe verificato.
6. In definitiva, soprattutto se si considera che lo scrutinio demandato al giudice dell’udienza preliminare è unicamente rivolto ad accertare se l’accusa contenuta nell’imputazione sia o meno sostenibile in dibattimento, la decisione impugnata si traduce nell’apodittica esclusione del fondamento giuridico dell’accusa stessa, basata da un lato su un indirizzo interpretativo non condivisibile circa la configurabilità del concorso colposo nel delitto doloso e, dall’altro, su una valutazione non congrua in ordine alla rilevanza causale della condotta degli imputati rispetto al tragico evento successivamente verificatosi.
7. In relazione al complesso di considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Perugia, per nuovo esame, nel quale saranno tenuti presenti i principi come sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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